L'autore del saggio "Il capitalismo e il sacro" lancia un grido di allarme: la cultura dominante del profitto e del consumismo è ormai diventata una forma di idolatria
di Luigino Bruni
pubblicato su Agorà di Avvenire il 20/11/2019
Anticipiamo una parte del capitolo iniziale di Il capitalismo e il sacro di Luigino Bruni (pagine 128,euro 13,00, in libreria dal 21 novembre), nuovo volume della collana “Pagine prime”, realizzata da Vita e Pensiero in collaborazione con “Avvenire”. In questo pamphlet Bruni – professore di Economia politica alla Lumsa di Roma e opinionista fra i più seguiti del nostro quotidiano – propone un’analisi originale e provocatoria sulle origini della mentalità attuale. Attingendo al pensiero di autori quali Benjamin, Florenskij, Nietzsche, Marx, Agamben e Boltanski, Il capitalismo e il sacro invita a contrastare la pretesa idolatrica della prassi economica contemporanea, in nome di una rinnovata prospettiva di condivisione.
Pochi anni dopo Marx, nel 1905 Max Weber pubblica i suoi lavori sull’etica protestante e lo spirito del capitalismo, dove una idea chiave è la de-sacralizzazione del mondo occidentale. Passano pochi anni e il 1921 diventa un anno decisivo per la cosiddetta “teologia economica”. Il filosofo tedesco Walter Benjamin scrive un breve e densissimo testo, oggi noto come Il Capitalismo come religione, e contemporaneamente il teologo e filosofo russo Pavel Florenskij, in un contesto culturale molto diverso, tiene tra l’agosto e l’ottobre del 1921 un corso di lezioni all’Accademia Teologica di Mosca sulla dimensione sacra del capitalismo.
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