I superprofitti delle banche esistono: lo stato deve sanarne a monte la origine, rendendo obbligatorio un tasso attivo minimo sui conti correnti e rendere così illegale il trarre iniquo profitto dal risparmio dei cittadini
di Alberto Ferrucci
pubblicato su Città Nuova il 10/12/2024
Ultimamente si assiste a movimenti rilevanti nel mercato finanziario italiano, la Banca Popolare di Milano progetta di acquisire il Monte dei Paschi di Siena, l’Unicredit di acquisire la tedesca Commerzbank, e addirittura, per scalare la vetta delle banche europee, di acquisire la stessa Banca Popolare di Milano: movimenti motivati da forzieri resi ricolmi dagli utili conseguiti negli ultimi anni.
Movimenti di mercato certamente utili, ma rimane l’interrogativo del come le banche abbiano accumulato profitti così ingenti negli anni difficili per guerre e pandemia che hanno portato per la prima volta in 60 anni, mentre proponeva una finanziaria lacrime e sangue, alla caduta del governo francese.
In difficoltà anche il governo italiano, che per varare una finanziaria che rispetti il deficit di bilancio concordato in Europa, condizionato dall’handicap dei bonus edilizi concessi in passato, si vede obbligato, dimenticando le promesse elettorali, a tagliare la ricerca e gli aiuti all’industria ed a recuperare solo in parte le svalutazioni delle pensioni e della spesa sanitaria conseguenti all’inflazione.
Alla ricerca disperata di risorse, il governo italiano ha tentato di ricuperarne dai super profitti delle banche, ottenendo solamente che esse anticipassero alcune imposte già dovute: in uno stato di diritto sulle imposte non si possono fare figli e figliastri.
Comunque, i superprofitti delle banche esistono: lo stato deve sanarne a monte la origine, rendendo obbligatorio un tasso attivo minimo sui conti correnti e rendere così illegale il trarre iniquo profitto dal risparmio dei cittadini.
Una volta le monete preziose venivano custodite al riparo dai ladri nei forzieri dei banchieri, una custodia che poteva avere un costo: oggi il denaro versato nei conti correnti diventa subito liquidità, che una banca italiana non custodisce, ma mette subito a frutto in prestiti per clienti o altre banche, ottenendone un ricavo; avendo come ultimo rifugio la BCE, pronta a ricevere e anche a fornire liquidità immediata al tasso di sconto, attualmente del 3.4%.
La legge 108 del 7-3-96 già prevede tassi massimi applicabili alle operazioni bancarie, definiti “tassi usurari”, se si superano i quali si commette il crimine di “usura”: essi sono definiti in funzione dei tassi medi, aumentati di un quarto, più quattro punti percentuali. Se la Banca d’Italia certifica che il tasso medio per mutui ipotecari è il 5%, il tasso usurario sarà il 10,25%, se invece per anticipi fatture il tasso medio è l’8%, l’usurario sarà il 14%.
Quando i conti correnti dei risparmiatori vanno in rosso, facilmente viene applicato un tasso vicino a quello usurario, che è generoso per le banche, per quel quarto in più prima di aggiungere del 4%: invece, tutt’altro che generoso, anzi iniquo, è il fatto che la legge non preveda un “tasso minimo usurario” sui conti correnti.
A che livello? Quando ad una banca servono risorse, essa le ottiene dalle consorelle ad un valore prossimo all’Euribor, il tasso interbancario, oggi pari al 3 %; l’interbancario è utilizzato nei contratti di mutuo ipotecario, per anticipi fatture e prestiti personali, aumentato di due, tre o più punti, in funzione della rischiosità della operazione.
In banca, giustamente, niente è gratuito, eppure dai correntisti spesso ottiene denaro senza costi. Al Ministero del Tesoro, per sanare una ingiustizia e pensando anche alle propria cassa, converrebbe proporre al Parlamento una nuova legge, per istituire, analogamente alla vigente legge del ‘96 che regolamenta il tasso massimo usurario, un “tasso minimo usurario” di remunerazione dei depositi di ogni conto corrente, pari al tasso Euribor meno lo 0.5%.
Attualmente il tasso da applicare sarebbe del 2,5%: un valore più che accettabile, se oggi le grandi banche offrono per denaro fresco un tasso del 5% e, secondo Report, ai parlamentari è offerto un tasso del 5.6%.
Si ridurrebbero così le attività finanziarie degli italiani? Certamente no, per chi tiene in conto una quantità limitata di denaro: per invogliare i risparmiatori ad effettuare investimenti, oltre una certa soglia di deposito, ad esempio 20.000 euro, si potrebbe ridurre il tasso minimo applicabile.
Le famiglie italiane lasciano nei loro 75 milioni di conti correnti 1.114 miliardi di euro: con la legge ipotizzata le banche dovrebbero accreditare interessi pari a 27,85 miliardi di euro all’anno: di questi 20.6 miliardi andrebbero ai risparmiatori, almeno compensando le spese bancarie; allo Stato Italiano, grazie all’imposta del 26% sui tassi, oltre ai 2,5 miliardi oggi ottiene dal bollo sui conti correnti, si aggiungerebbero altri, benedetti, 7.25 miliardi/anno da spendere in sanità e istruzione.
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