Cosa sta avvenendo nel mondo delle banche italiane? L’aggregarsi da banche nazionali ad europee è non solo inevitabile, ma auspicabile se esistono regolamenti di governi e Banca centrale europea in grado di evitare ingiusti profitti
di Alberto Ferrucci
pubblicato su Città Nuova il 03/12/2024
L’Unicredit, il secondo istituto bancario italiano, già presente in varie nazioni europee, ha rivelato in un primo tempo il suo progetto di acquisire Commerzbank, la seconda banca tedesca, e successivamente l’intento di acquisire anche la Banca Popolare di Milano BPM, creando così il primo gruppo bancario della Unione Europea.
Negli ultimi anni gli utili particolarmente consistenti degli istituti bancari hanno risanato i conti delle piccole banche e soprattutto riempito le casseforti di quelle più grandi: così gli amministratori di quest’ultime, dopo aver distribuito generosi dividendi, si trovano a disporre di ulteriori risorse da utilizzare.
Il modo più semplice è riacquistare azioni proprie: togliendole dal mercato si aumenta il valore di quelle rimanenti ed i premi per gli amministratori: una via più coraggiosa è utilizzarle per aprire nuovi settori o mercati, effettuando acquisizioni e fondendosi con aziende valide che in essi operano.
Questi eventi ricordano quelle illustrazioni che descrivono il capitalismo come seguace della legge di natura: il pesce piccolo sta per essere ingoiato da un pesce più grande, che a sua volta sta per essere ingoiato da un pesce ancora più grande, e così via; eppure, si tratta di normali operazioni di mercato tra istituti soggetti alle regole ed alla sorveglianza della Banca Centrale Europea in Paesi che utilizzano la stessa moneta.
Operazioni che non richiedono l’assenso dei governi: le azioni di Commerzbank sono state vendute ad Unicredit dal governo tedesco, che doveva uscirne dopo averla risanata: eppure l’iniziativa crea perplessità, i tedeschi forse temono di essere in futuro portati a dover sanare una azienda che possiede una grande quantità di titoli del debito pubblico italiano, qui visti con sospetto.
Parimenti, vari esponenti del governo italiano sembrano non gradire l’interesse di Unicredit per la Banca Popolare di Milano (BPM), che attualmente sta togliendo le castagne dal fuoco al Ministero del Tesoro, acquisendo con i privati Del Vecchio (Delfin) e Caltagirone, il controllo del Monte dei Paschi di Siena (MPS), e così creando, dopo Banca Intesa e Unicredit, il Terzo Polo bancario italiano.
L’MPS, la più antica banca del mondo in esercizio, era entrata in profonda crisi dopo la acquisizione nel 2007 di Banca Antonveneta e le successive spericolate operazioni finanziarie: è stata salvata nel 2017 dal Ministero del Tesoro, ed adesso deve essere restituita al mercato: meglio se a soci più graditi rispetto ad Unipol, posseduta dalla Federazione delle Cooperative di Bologna.
Naturalmente le acquisizioni non sono ben viste da chi le amministra perché la loro azienda esce dal mercato azionario ed essi perdono di libertà di iniziativa: non sono ben viste dai sindacati dei lavoratori, dato che i risparmi che ne derivano originano dalla riduzione di personale: in particolare nel mondo bancario del presente, in cui il diffondersi delle operazioni per via telematica già spinge ad una drastica riduzione delle filiali delle banche nel territorio.
Che dire di queste fusioni? A mio parere meglio andare per gradi, lasciando nascere il terzo polo bancario italiano, in attesa che Unicredit, intanto, realizzi con Commerzbank, se non il primo, il terzo polo bancario europeo: quello che sarà lo dirà il mercato e la BCE.
Per chi crede all’Europa ed alla sua missione positiva nel mondo di oggi e domani, l’aggregarsi da banche nazionali ad europee è non solo inevitabile, ma auspicabile: più importante sarebbe conoscere, piuttosto che la nazionalità di chi questi istituti finanziari gestisce, gli obiettivi e gli orientamenti dei loro amministratori.
Il nostro governo e la BCE dovrebbero invece esprimere regolamenti utili ad evitare profitti ingiusti delle banche legati al variare dei tassi di interesse indotti dall’inflazione. Le risorse che le banche accumulano in questi frangenti non nascono dal nulla: sono risorse sottratte alla comunità ed a persone che dopo aver affidato loro i pochi sudati risparmi non hanno le armi per difenderli.