Radici di futuro

Radici di futuro/2 - Il consumismo tradisce anche la civiltà meridiana della roba

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenireil 10/09/2022

La novella di Verga “La roba” ci offre intuizioni sul sistema economico del nostro tempo e sul suo triste epilogo, se non saremo capaci di invertire la rotta.

L’accumulo di cose e beni si realizza “negli occhi degli altri” e fa crescere in chi lo persegue e nelle società in cui si realizza l’invidia dei giovani.

«Qui di chi è? – sentiva rispondersi: – Di Mazzarò. – E passando vicino a una fattoria grande quanto un paese: – E qui? – Di Mazzarò... Poi vedeva un uliveto come fosse un bosco. Erano gli ulivi di Mazzarò. Tutta roba di Mazzarò».
La roba è una delle novelle più belle di Giovanni Verga e della letteratura italiana. Scritta nel 1880 mentre stava ultimando il suo capolavoro, I Malavoglia. Il capitalismo non c’era ancora, specialmente nella campagna siciliana, forse se ne vedevano alcuni primissimi tenui bagliori; ma Verga, dall’alta torre della sua poesia, in qualche mattina limpidissima riuscì a intravvedere il nostro mezzodì.

Radici di futuro/9 - Nei libri immensi il personaggio se ne va e fa cose mai pensate dall’autore.

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 30/10/2022

“Pinocchio” è un libro sulla essenziale libertà dei ragazzi e sugli adulti che cercano di negarla. E ricorda che faticare non ci garantisce di uscire dalla miseria

I ragazzi non si mettono i babbi sulle spalle; le spalle dei loro babbi sono invece il loro luogo preferito da dove guardare il grande mondo e per star lontani da denaro e lavoro

Nei pochi romanzi davvero grandissimi, i personaggi sfuggono di mano al loro autore e iniziano a vivere una esistenza libera. Nei libri medi e piccoli l’autore è il dio delle sue creature, è l’artigiano delle sue marionette che, inerti, eseguono perfettamente i comandi delle dita. Questi personaggi-burattini non insegnano nulla al loro scrittore e quindi insegnano poco anche a noi, perché le conclusioni del racconto sono già inscritte nelle sue intenzioni. Nei libri immensi, invece, il personaggio una volta messo al mondo esce dal libro, lascia la sua casa, inizia a correre libero e fa cose che il suo autore né voleva né pensava. Qui l’autore presta la penna a un daimon, e le sue creature diverse continuano a vivere, crescono, muoiono e risorgono molte volte, e fanno risorgere anche il loro autore, richiamato alla vita dal grido: “Vieni fuori!”. 

Radici di futuro/7 - Il mestiere difficile è trovare la vita e Dio dove la vita e Dio non ci sono

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 16/10/2022

Bambina mia,
per te avrei dato tutti i giardini
del mio regno se fossi stata regina,
fino all’ultima rosa, fino all’ultima piuma.
Tutto il regno per te.
Ti lascio invece baracche e spine …
Noi siamo solo confusi, credi.
Ma sentiamo. Sentiamo ancora.
Siamo ancora capaci di amare qualcosa.
Ancora proviamo pietà.
C’è splendore
in ogni cosa. Io l’ho visto.
Io ora lo vedo di più.
C’è splendore. Non avere paura.
Mariangela Gualtieri

Il libro Cuore è un libro che, in alcune pagine ci parla ancora. Ci ricorda cos’è, veramente, la scuola (e anche la sanità). Esercizio necessario per capire quali virtù di ieri sono da custodire anche oggi.

Ogni generazione deve decidere quali virtù di ieri vuole custodire e quali dimenticare. Pochissime virtù sono virtù sempre e ovunque; tutte le altre sono virtù qui ed ora, e alcune virtù col tempo si trasformano in vizi (e viceversa). Le virtù militari sono state grandi virtù nelle passate civiltà. Venivano trasmesse nelle famiglie, nelle religioni, nella scuola, narrate dalle fiabe e dai romanzi. Quei racconti guerrieri e patriottici qualche volta ci fanno ancora commuovere. Ma noi decidiamo di non indugiare, e distogliamo lo sguardo. Perché la storia delle guerre ci insegna che l’albero della democrazia nasce, cresce, porta buoni frutti quando si coltivano virtù altre: la mitezza, il dialogo, la reciprocità, la compassione, la tolleranza, la non-violenza. E così, parole come “il nemico”, sono uscite dal territorio delle virtù per entrare in quello delle parole da riporre nella madia di ieri. 

Radici di futuro/10 - Il denaro è merce delicata, cattiva per i ragazzi. Collodi ce lo ricorda.

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 06/11/2022

Il denaro è merce delicate, in genere cattiva per i ragazzi. Collodi lo sa, e ce lo ricorda nelle splendide ed eterne pagine economiche di Pinocchio.

Il denaro e i ragazzi vivono in mondi diversi. I contatti tra di loro sono sempre rischiosi, spesso dannosi. La sola buona borsa valori dei ragazzi è la borsa della mamma e del papà. La loro legge (nomos) della casa (oikos) è il dono, non il contratto né tantomeno l’incentivo. Quando hanno bisogno di denaro lo chiedono ai genitori, ed è dentro questo rapporto non-economico dove si impara l’abbecedario dell’economia. La dipendenza economica dai genitori è ottima, perché il denaro conosciuto all’inizio come luogo di gratuità amorosa crea le premesse etiche per dare domani il giusto valore ai contratti e al lavoro. Dentro casa imparano che il denaro nasce dal lavoro dei genitori, che stanno molto tempo fuori per guadagnare quel denaro con cui vivere bene.

Radici di futuro/5 - Shakespeare tra ingiusti prestiti a usura e giusti profitti da commerci

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 01/10/2022

«Il Mercante di Venezia» è un'opera fondamentale per comprendere la nascita dello spirito del capitalismo. Contiene però idee e un messaggio che possono sorprendere. Nel dialogo-lotta di Shyloch e Bassanio ci sono molte basi della modernità. Soprattutto il seme del "vangelo della prosperità" oggi di nuovo di moda.

Per cogliere l’essenziale di una civiltà, la sua arte è sempre strada maestra. Il Mercante di Venezia di William Shakespeare, da solo dice quasi tutto sulla nascita dello spirito del capitalismo. Siamo alla fine del Cinquecento, a Londra. Shakespeare è nella sua maturità artistica. Viene in contatto, ancora una volta, con materiali narrativi italiani. In particolare con la novella "Il pecorone", di Ser Giovanni Fiorentino, composta attorno agli anni ottanta del Trecento, dove ci sono tutti gli elementi del Mercante di Venezia, incluso il centro narrativo della tragedia: la penale di carne prevista dal contratto tra il ricco mercante di Venezia (Ansaldo) e l’usuraio ebreo di Mestre (novella I). Elio Toaf, nel 1966, ha poi riportato un fatto realmente accaduto a Roma (narrato da G. Leti nel 1852) durante il pontificato di Sisto V (1585-1590): Paolo M. Secchi, mercante romano, aveva scommesso una libbra della sua carne con il «giudeo» Sansone Ceneda, un episodio forse conosciuto anche a Londra.

Radici di futuro/11 - Due mondi sbagliati: il Paese dei balocchi e l’Isola delle api industriose.

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 13/11/2022

"Il fanciullo è un artista, è un innamorato della vita. E guai a mormorare con gli innamorati contro l’oggetto del loro amore, guai a mostrare gli aspetti men belli e più crudeli."

Vincenzina Battistelli, La moderna letteratura per l’infanzia, 1925

Termina la riflessione su Pinocchio, e termina questa serie di articoli. Con una rivelazione sul fatto che non basta un villaggio per crescere un bambino: ci vuole tutto l’universo. E con un gran discorso sul lavoro dei ragazzi e sulla reciprocità.

Uno dei molti doni esclusivi dell’infanzia e della fanciullezza è una relazionalità più vasta della nostra. I bambini, le bambine e i ragazzi sono capaci di dialogare con gli insetti, gli uccelli, gli alberi. È come se nel fagotto con cui arrivano sulla terra ci fossero anche uno sguardo e un udito diversi e più profondi per vedere cose e comprendere linguaggi che poi svaniscono una volta divenuti grandi. Sono forse i suoni e le parole dell’Adam prima di Caino, voci e immagini di quella terra promessa che abbiamo intravista da piccoli, che poi abbiamo dimenticato, ma che in qualche notte sogniamo ancora - e il sogno ci piace molto. Sta qui la radice della vera reciprocità tra adulti e ragazzi. Loro hanno qualcosa in meno di noi, ma hanno anche qualcosa in più, che se riusciamo a riconoscere ci protegge dal paternalismo sbagliato e crea uno degli spettacoli più belli sotto il sole: la fraternità genuina tra grandi e piccini. Francesco d’Assisi è stato capace di sentire questa fraternità con tutte le creature viventi perché, per un amore folle al Vangelo, era riuscito per grazia a tornare bambino. Gli amici di Francesco amano molto Pinocchio, perché in lui rivedono qualcosa del “giullare di Dio”, di quella libertà che solo i fanciulli (naturali o evangelici) possiedono. 

Radici di futuro/3 - Ci sono libri che dicono tutto sulla vita e ci insegnano cos’è l’agape

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenireil 17/09/2022

I miserabili di Victor Hugo contengono anche un grande insegnamento sull’agape come cura della miseria. A partire dall’incontro tra Valjean e il vescovo Myriel

Dio ci fa innocenti con lo sguardo, alcuni scrittori con la penna dell’anima. E l'arte è la via invisibile tra il Golgota e il sepolcro vuoto

Ci sono alcuni libri, e sono pochissimi, che sono capaci di dire da soli tutto ciò che si deve dire sulla giustizia, sul dolore morale, sulla vita. Sono figli, come tutti, del loro tempo e del loro luogo, eppure possiedono il privilegio quasi divino dell’eternità. I loro personaggi sono più contemporanei dei nostri colleghi, sono amici e parenti: siamo noi, sono la parte più vera del nostro cuore. Mentre scorrono le pagine di questi libri e di queste poesie, noi rileggiamo la nostra vita, si illuminano angoli invisibili o nascosti, quelle parole riescono a dire il dolore indicibile. Leggiamo le storie dei personaggi e quelle storie ci leggono e ci svelano l’anima dell’anima.

Radici di futuro/8 - L’istruzione di tutti e per tutti è stata pensata e voluta per ridurre le distanze

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 23/10/2022

Il libro “Cuore” è una riflessione sulla scuola e sul lavoro, e ci consegna parole improbabili e stupende su che cosa l’una e l’altro siano ancora oggi negli occhi dei bambini e nella vita degli adulti.

De Amicis è capace di regalarci una frase che è il distillato di un mare di sapienza: «I poveri amano l’elemosina dei ragazzi perché non li umilia, e perché i ragazzi che hanno bisogno di tutti, somigliano a loro».

Il libro Cuore è un libro sulla scuola, e quindi non è un libro sul merito. La scuola, tutta la scuola, non è stata mai fondata sul merito. Se la guardiamo da lontano e in superficie, vediamo i voti, qualche bocciatura, e pensiamo che la scuola somigli alle imprese: i voti come i salari, il profitto scolastico come l’avanzamento di carriera. Ma questa è una visione troppo distante e quindi sbagliata della scuola (e delle imprese). L’ideologia meritocratica che sta cercando con successo di occupare anche la scuola si basa sul dogma che i talenti siano meriti e quindi chi ha più talento deve essere premiato di più. Ma tutti sappiamo che questo dogma è un imbroglio, o quantomeno è illusione, per la società e ancor più per la scuola. Perché i talenti sono doni, e le nostre performance nella vita dipendono dai talenti-doni ricevuti, molto poco dai meriti (perché anche la mia capacità di impegno è dono). Quale merito per essere nato intelligente, ricco, persino buono? Per questa ragione la scuola si è ispirata a valori non solo diversi da quelli della meritocrazia ma opposti. 

Radici di futuro/1 - L’«Aut Aut» di Kierkegaard e altre grandi idee per questo tempo di crisi

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 03/09/2022

Le aziende in quanto venditrici cercano suggestionabili consumatori e in quanto produttrici lavoratori fedeli. Le stesse persone. E il conflitto è incipiente ma già grave. Crisi ambientale ed energetica hanno smascherato il bluff definitivamente: il tempo è scaduto. Serve pentimento: non una transizione lenta bensì una conversione forte.

«Immagina un capitano sulla sua nave nel momento in cui deve dar battaglia; forse egli potrà dire "bisogna far questo o quello"; ma la nave, mentre egli non ha ancora deciso, avanza. Così anche per l’uomo, alla fine giunge un momento in cui non ha più la libertà della scelta, non perché ha scelto, ma perché non l’ha fatto».

Radici di futuro/4 - Succede di incontrare un secondo buon samaritano. Ed è decisivo

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenireil 24/09/2022

L’incontro tra Jean Valjean e Gervasino ne “I Miserabili” è una riflessione su come avvengono le resurrezioni nella vita e il ruolo che hanno in questo i bambini. A volte ciò che sembra una ricaduta nella vecchia vita è solo il primo passo della nuova.

Per le conversioni vere e durature capire solo con la testa non basta: la razionalità, l’intelligenza sono troppo fragili. Simili eventi dipendono pochissimo dalle nostre intenzioni. Accadono e basta

C’è stato un lungo tempo quando i bambini e i ragazzi non diventavano grandi dentro le loro case. La miseria generava molti piccoli vagabondi. Alcuni scappavano da orfanotrofi, altri senza famiglia giravano in cerca di lavoretti stagionali, qualcuno si inventava piccoli spettacoli ambulanti per raggranellare qualche soldo. Tutti esposti alle violenze di stanziali e viandanti. Nell’Ottocento se ne incontravano ancora molti in Europa. E se ne incontrano ancora troppi in molte città del mondo. In Brasile li chiamano meninos de rua, in altri Paesi non hanno un nome, vivono sulla strada, senza casa e senza famiglia, esposti nelle piazze della deprivazione.

Radici di futuro/ 6 - Il grande teatro aiuta a cogliere uno dei connotati conflittuali della modernità

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 09/10/2022

La seconda parte del “Mercante di Venezia” fa emergere una critica alla società commerciale del tempo, alle sue ipocrisie e contraddizioni. E se in quest’opera la vittima fosse proprio Shyloch?
Shakespeare nella Londra di fine Cinquecento si fa profeta del mondo nascente del capitalismo. La religione del profitto pretende che consenso e accordo reciproco siano i nuovi dogmi.

Una delle illusioni di questi ultimi tempi di cultura capitalistica è pensare che il denaro e gli incentivi economici possano comprare quasi tutto, certamente le cose più importanti. Le civiltà premoderne erano dominate dalle passioni. L’interesse economico, che è sempre esistito, svolgeva un ruolo importante ma non era decisivo, perché erano le passioni a governare il mondo e quelle più importanti non conoscevano conversione in moneta. Le passioni, cioè l’onore, il rispetto, la fama, la rabbia, la vendetta non avevano nel mondo di ieri equivalenti monetari. L’avvento della società di mercato ha portato con sé la promessa-utopia di ridurre tutte le passioni agli interessi economici, sperando di assegnare a ogni sentimento umano un valore monetario corrispondente. Forse il principale carattere della modernità è proprio questa trasformazione delle passioni in interessi, una trasformazione che, come ci ha insegnato il grande economista Albert Hirschman (nel 1977), ha qualcosa di desiderabile. Perché mentre le passioni, non essendo razionali, possono essere devastanti per il singolo e per le comunità, gli interessi sono meno pericolosi, perché prevedibili e calcolabili. Se ho buone ragioni per credere che la mia controparte si comporterà seguendo i suoi interessi, posso facilmente prevedere le sue mosse e contromosse. Con l’orgoglio, la vendetta, l’onore, non sappiamo invece fare i conti, soprattutto con gli effetti delle passioni degli altri. Forse una delle grandi difficoltà che sta incontrando la Nato nel gestire e prevedere gli sviluppi della guerra in Ucraina sta nell’aver sottovalutato la forza che le passioni hanno ancora nella società russa, illudendoci che gli interessi economici avessero lì la natura e forza che hanno nella nostra società capitalista.  

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