I Commenti de "Il Sole 24 Ore" - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore.
di Vittorio Pelligra
Pubblicato su Il Sole 24 ore il 31/07/2022
Quali caratteristiche vorresti avesse la società nella quale vivi? Se ci pensiamo bene, la politica dovrebbe servire proprio a questo. Con la competizione elettorale vengono presentate proposte alternative sugli assetti istituzionali, poi si aggregano le preferenze dei cittadini. La proposta vincente viene poi implementata. In questo modo gli elettori si esprimono sulle caratteristiche che vorrebbero avesse la loro società, contribuendo a farle emergere. Almeno in teoria, visto che l'applicazione concreta del meccanismo presenta non poche criticità. Ci sono altre forme di partecipazione al processo di definizione degli assetti sociali.
Il voto con il portafoglio
Per esempio, quando decidiamo a chi destinare il nostro cinque per mille stiamo finanziando la produzione di certi beni pubblici invece di altri: la ricerca scientifica, l'assistenza ai non-autosufficienti, certe iniziative culturali, la salvaguardia dell'ambiente, e così via. Possiamo in questo modo avere voce in capitolo sugli assetti sociali che vorremmo si determinassero.
Esistono anche altre forme di “voto” meno tradizionali di quello elettorale. Un esempio è il cosiddetto “voto col portafoglio”: la scelta di premiare con le nostre scelte di acquisto certe imprese piuttosto che altre in virtù di caratteristiche che riteniamo meritorie: la sostenibilità ambientale o sociale, la democraticità della governance, il rispetto dei dipendenti e dei fornitori, il rapporto con il territorio nel quale si opera e molti altri. Il voto col portafoglio è, in questo senso, una forma avanzata e consapevole di esercizio della sovranità del consumatore. Se messa in atto in maniera coordinata e pubblica può diventare un'arma potente nelle mani dei cittadini per plasmare la società nella quale si vive anche attraverso la leva economica e non solo quella politica.
Il voto con i piedi
Un'altra tipologia di voto è il cosiddetto “voto con i piedi” (vote with one’s feet).
Si tratta di accordare una preferenza ad una comunità piuttosto che ad un'altra, ad una forma di governo o ad un modo di vita attraverso il movimento fisico, il trasferimento. Quanti tedeschi hanno lasciato la Germania Orientale tra il 1949 e il 1990? Quanti giovani oggi stanno lasciando la Russia? Quanto nostri ragazzi e ragazze scelgono di votare con i piedi trasferendosi da una regione d'Italia all'altra o scegliendo di andare a cercare lavoro e un'esistenza diversa all'estero?
A volte queste decisioni sono obbligate, altre volte, invece, si tratta di scelte meditate e libere. Preferisco una società più inclusiva, rispettosa dei bambini, dell'ambiente, dove vita e lavoro possano conciliarsi in maniera più armonica e allora traferisco la mia residenza, mi muovo, voto, appunto, “con i piedi”.
A qualcosa del genere devono aver pensato Özgür Gürerk, Bernd Irlenbuschand e Bettina Rockenbach, economisti dell'Università di Colonia, quando hanno deciso di progettare un esperimento per valutare comparativamente diverse modalità di produzione dei beni pubblici. Abbiamo visto nelle settimane scorse come il processo di produzione volontaria di un bene pubblico, simulato in laboratorio attraverso il cosiddetto public good game, rappresenti una metodologia ideale per studiare la propensione alla cooperazione all'interno di gruppi umani. Abbiamo anche visto in che modo il public good game sia stato utilizzato per individuare quei fattori che facilitano e ostacolano il raggiungimento di esiti cooperativi socialmente ottimali: il ruolo della leadership, della legittimazione sociale, delle diverse dimensioni della personalità, dell'orizzonte temporale, dei premi e delle punizioni simbolici o monetari, tra gli altri.Uno dei risultati più robusti emersi da questi studi ha a che fare con la grande efficacia dei sistemi sanzionatori decentralizzati nel favorire la cooperazione. Se un free rider, un opportunista che cerca di sfruttare i vantaggi dei beni pubblici prodotti da altri senza voler fare la sua parte, può essere individuato e sanzionato dai suoi pari, dagli altri membri del gruppo, benché tali punizioni siano costose e non convenienti per i singoli, non di meno vengono attuate e concorrono a far aumentare il livello di cooperazione nel gruppo. La “punizione altruistica”, così si chiama, si rivela estremamente efficacie nel trasformare i free riders in cooperatori.
Questo meccanismo decentralizzato ha il vantaggio di non aver bisogno di una infrastruttura sociale dedicata al monitoraggio e al sanzionamento dei singoli. Una struttura che produrrebbe costi e inefficienze. In questo caso, infatti, sono i singoli a monitorare e a sanzionare i loro pari, in maniera spontanea e immediata.
Un’opportunità costosa
L'opportunità di punire i pari, però, non è esente da criticità. Innanzitutto, è costosa sia per chi punisce che per chi viene punito. Questo fatto introduce un costo sociale che riduce, almeno inizialmente, il benessere complessivo del gruppo. Essere puniti, poi, non piace a nessuno e una punizione ritenuta illegittima o eccessivamente severa può scatenare effetti controproducenti e scoraggiare la cooperazione invece di favorirla. Esistono, dunque, buone ragioni sia per perorare la causa delle sanzioni decentralizzate che per considerarle con circospezione.
È, dunque, meglio vivere in una società dove la punizione altruistica è incoraggiata oppure in una società dove se non si coopera non si corre il rischio di essere puniti? Sappiamo che in contesti dove esistono opportunità di punizione si coopera di più, ma se le persone potessero scegliere in quale contesto preferirebbero vivere, con punizione o senza punizione? Proprio quest'ultimo è il quesito al quale Gürerk, Irlenbuschand e Rockenbach hanno cercato di dare una risposta con il loro esperimento.
Immaginate due società distinte tra le quali esiste, però, perfetta mobilità. Nella società A i free rider non possono essere puniti, non esiste nessun meccanismo di sanzione decentralizzato, mentre nella società B tale possibilità è presente.
Dai risultati di innumerevoli ricerche sappiamo che nella società B i free rider verranno puniti e il livello di cooperazione sarà molto maggiore di quello che si otterrà nella società A. In una situazione nella quale i diversi assetti istituzionali competono ed è facile muoversi da una società all'altra, la maggiore cooperazione presente nella società B potrebbe attrarre i free rider della società A per via dei maggiori guadagni che potrebbero ottenere sfruttando i cooperatori della società B.
Gli economisti di Colonia
Come reagiranno i cooperatori a questa eventuale invasione? Il rischio della punizione sarà sufficiente a prevenirla? Data questa possibilità preferireste vivere nella società A o in quella B?
Nell'esperimento dei tre economisti di Colonia viene simulata una competizione permanente tra la società A, caratterizzata dall'assenza di un'istituzione sanzionatoria, e la società B nella quale, invece, tale istituzione è presente. Ciò consente di studiare l'evoluzione delle diverse istituzioni nel tempo, nonché i cambiamenti nel comportamento dei membri delle due società.
Ad ogni ripetizione del gioco ogni partecipante deve, innanzitutto, “votare con i piedi”, decidere, cioè, in quale delle due società A o B, vuole collocarsi. Una volta scelto il contesto, dovrà scegliere quanto investire nella produzione del bene pubblico (la misura della propensione alla cooperazione) e poi, nella terza fase, se ha scelto di operare nella società B, dovrà decidere se sanzionare qualche membro del gruppo che si è comportato da opportunista o premiare coloro che si sono distinti per la loro elevata propensione alla cooperazione. Siccome la punizione e il premio sono entrambi costosi per chi li mette in atto, la teoria standard prevede che nessuno punirà né premierà e che, per questo, il livello di cooperazione nelle due società sarà identico e, cioè, zero. Le cose, in realtà, vanno molto diversamente.
L’evoluzione dei due modelli
Nella prima fase del gioco i partecipanti “votano coi piedi”: solo il 36.9 per cento si colloca nella società B, quella con premi e punizione. Questa scelta si riverbera anche nelle successive decisioni di investimento nel bene pubblico: i membri della società B contribuiscono in media 12.7 dei loro 20 punti complessivi, mentre nella società A i partecipanti si sentono liberi di investire molto meno, in media 7.3 dei loro 20 punti. La metà dei “cittadini” della società B sono classificabili come “cooperatori forti” che investono almeno 15 dei loro 20 punti a disposizione nella produzione del bene pubblico. Il 73.3 per cento di questi sceglie di punire quelli che, al contrario, contribuiscono poco, nel tentativo di instaurare una norma condivisa di elevata cooperazione.
Nella società A le cose sono molto diverse: all'inizio la metà dei “cittadini” si comporta da opportunista e non investe niente. I contributori forti sono solo l'11.3 percento. Questa diversità di comportamento – maggiore cooperazione in B rispetto ad A – produce un risultato sorprendente: il guadagno medio dei cittadini di A, dove la metà si comportano da opportunisti, è significativamente maggiore del guadagno di B, dove la maggioranza coopera: 44.4, contro 38.1. Come mai? La ragione sta nel fatto che punire i free rider è costoso. La punizione riduce, naturalmente, il guadagno dei free rider ma anche quello di chi li punisce.
Con il passare del tempo, però, le cose cambiano. Ripetizione dopo ripetizione, infatti, il numero dei free rider nella società A tende ad aumentare mentre nella società B si riduce. Le ragioni sono diverse. In A anche chi inizialmente voleva cooperare si trova circondato da free rider e per questo sceglie o di diventare a sua volta free rider o di migrare nella società B. In B, al contrario, la cooperazione aumenta sia perché arrivano nuovi cooperatori da A, sia perché le punizioni passate hanno indotto chi prima si comportava da free rider a cooperare. Questo, a sua volta, ha ridotto il bisogno di punire e anche grazie a questo, oltre che all'aumento della cooperazione, il guadagno medio cresce significativamente. Alla fine delle trenta ripetizioni del gioco previste, grazie al meccanismo del “voto con i piedi”, il 92.9% dei partecipanti si sarà trasferita nella società B dove il livello medio di contribuzione raggiunge i 19.4 punti sui 20 disponibili mentre nella società A la contribuzione si è ridotta a zero.
I fattori di sviluppo di un paese
La possibilità di “votare con i piedi” ha un effetto fortissimo sulla composizione delle due società e questo, a sua volta, esercita una influenza enorme sul comportamento individuale. Quando si migra dalla società A verso la B, l'80.3% dei partecipanti aumenta il suo livello di contribuzione e 27.1%, addirittura si trasforma da free rider totale (contribuzione uguale a zero) a cooperatore totale (contribuzione uguale a 20). Coloro che, al contrario, migrano da B ad A, invece, nel 70% dei casi riducono la loro contribuzione e il 20% diventa un free rider totale (“The Competitive Advantage of Sanctioning Institutions”. Science, 2006, 312, pp. 108-111).
In situazioni caratterizzate da elevati livelli di mobilità non è difficile immaginare che i diversi Paesi possano competere tra di loro su piani differenti: quello del benessere economico, delle libertà civili e della partecipazione politica, del rispetto dell'ambiente, delle prospettive di integrazione, della qualità dell'istruzione, solo per fare qualche esempio.
I risultati di questo studio e di molti altri sulla stessa linea mostrano il ruolo chiave che in questa competizione può essere giocato delle diverse forme istituzionali e dalla loro qualità. Grazie al nostro assetto civile e istituzionale chi attiriamo e chi facciamo, invece, andar via? C'è un processo di coevoluzione della composizione della popolazione e delle istituzioni cui questa dà origine. Un processo di causazione circolare in virtù del quale una certa società dà vita a certe istituzioni formali e informali e queste, a loro volta, influenzano la composizione della società stessa, la prevalenza di certi valori, comportamenti, norme.
Lo sviluppo di un paese non è solo una questione di dotazione di risorse e di progresso tecnologico, ma anche di selezione dei cittadini, di quelli che vanno, di quelli che restano e dei nuovi che arrivano. Forse, anche in vista delle prossime elezioni, potrebbe essere, questa, una questione su cui riflettere, un elemento da non trascurare; magari qualcosa su cui iniziare ad elaborare anche qualche proposta.