La fiera e il tempio/15 - I divieti teologici han saputo generare mezzi di libertà per mercanti e intellettuali come assicurazioni e università.
di Luigino Bruni
Pubblicato su Avvenire il 14/02/2021
L’antica cultura cristiana sapeva che bene prezioso, anzi divino, fosse la conoscenza e lo proteggeva dal lucro. Ora, nella logica del capitalismo, si vedono solo costi e profitti.
Nel Medioevo era molto evidente la capacità generativa del limite. Il divieto di prestare denaro a interesse produsse una grande biodiversità di strumenti finanziari e di contratti, dalla commenda alla lettera di cambio, dalla società in accomandita alla nascita delle assicurazioni. Il commercio marittimo non poteva svilupparsi senza la remunerazione del rischio tramite qualche forma di interesse sui capitali prestati all’armatore. Ecco allora che il divieto teologico di usura portò all’invenzione di un nuovo contratto, quello di assicurazione, sdoppiando il mutuo in due componenti: «Da un lato la restituzione pura e semplice del prestito, dall’altro la promessa di ricompensa in cambio del rischio corso» (Armando Sapori, "Divagazioni sulle assicurazioni", in "Studi di storia economica" III, p. 144). Un limite teologico generò una grande innovazione economica e sociale.
Un altro ambito dove il limite teologico svolse un ruolo decisivo fu la nascita delle università. Lo sviluppo delle comunità di docenti e studenti nelle università è un fenomeno gemello della nascita delle compagnie di mercanti. Il Duecento è stato il secolo dei mercanti e il secolo delle università, che insieme hanno fatto l’Umanesimo. Entrambi luoghi di libertà, entrambe istituzioni del nuovo spirito europeo. Goliardi e mercanti misero in crisi i valori delle istituzioni del primo millennio. Entrambi sostenuti e animati dai nuovi ordini mendicanti, che erano magistri nelle università e amici dei mercanti. I goliardi erano principalmente laici, «per studiare e prima ancora per vivere e spostarsi a seguito dei maestri, ricorrevano ai mezzi più strani come fare il saltimbanco, il giocoliere, il buffone e praticare anche qualche piccola truffa» (Sapori, p. 366).
Pietro Abelardo, riferendosi ai detentori dell’antico sapere, li definiva «i filistei che tengono per sé segreto il loro sapere, impediscono gli altri di approfittarne. Noi invece vogliamo scavare pozzi di acqua viva, e tanti e su tutte le piazze pubbliche, e così ricchi di acqua che essa trabocchi e tutti ne possano dissetare» (citato in Sapori, "L’università nei secoli", p. 368). La democrazia europea è nata nei palazzi del governo delle nuove città, nelle compagnie dei mercanti e nelle università, dove il sapere si creava dialetticamente e poi diventava bene pubblico, se è vero che la democrazia è «governare discutendo» (nelle parole di John Stuart Mill e Amartya Sen). Il ruolo di questo nuovo sapere più popolare fu immenso, infinitamente più grande di quanto noi oggi possiamo immaginare.
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