Recensioni - I padre della Chiesa hanno combattuto l'influenza dello gnosticismo sul cristianesimo. La ricerca di soluzioni astratte alle domande dell’uomo relega in secondo piano l’incontro con Dio nei fratelli
di Luigino Bruni
pubblicato su Agorà di Avvenire il 17/02/2024
Le grandi idee, nel corso dei secoli, mutano forma e accidenti ma sono sorprendentemente costanti e tenaci nella loro sostanza. È questa la ragione principale dell’importanza dello studio della storia delle idee e delle controversie attorno ad esse. La storia della cosiddetta gnosi è una di queste antiche controversie che come fiume carsico ha accompagnato per oltre due millenni lo sviluppo della storia delle religioni, le ha influenzate, cambiate, le ha nutrite e se ne è nutrita, e continua a farlo. L’enorme quantità di energie teologiche profuse dai maggiori teologi cristiani dei primi secoli nelle polemiche contro lo gnosticismo, dice di per sé la rilevanza, l’importanza e anche la qualità di quelle correnti gnostiche - quei fuoriclasse non avrebbero perso tempo a criticare chi non consideravano significativo, importante e quindi pericoloso. Lo gnosticismo fu combattuto duramente perché era molto vicino alla dottrina cristiana, gli somigliava troppo, poteva infilarsi nel cuore del cristianesimo e distruggerlo.
L’Utet ha recentemente pubblicato una raccolta di Testi gnostici (pagine 760, euro 20,00 a cura di Luigi Moraldi) la cui prima edizione risale al 1982. Un’opera imponente, che comprende alcuni dei codici gnostici cristiani rinvenuti a partire dal 1945 a Nag Hammadi in Egitto, uno dei ritrovamenti archeologici più importanti del XX secolo, paragonabile soltanto a Qumran. Il più famoso di quei testi è il Vangelo di Tommaso, ma non meno importante è l’Apocrifo di Giovanni (presente in tre dei tredici codici). Prima di questo provvidenziale ritrovamento avevamo pochissimi codici gnostici cristiani, e la conoscenza dello gnosticismo derivava principalmente dai Padri della Chiesa che tra la fine del II e il III secolo lo avevano combattuto. Tra questi Ireneo di Lione, poi Clemente Alessandrino, Origene, Epifanio di Salamina, Tertulliano, ai quali si doveva la conoscenza dei principali teologi gnostici “cristiani”, come Valentino, Basilide, o Eracleone. Ciò che abbiamo del “vangelo di Marcione” lo dobbiamo soltanto alle sue citazioni contenute nei testi dei suoi rivali teologici. Gnosi e gnosticismo non sono la stessa cosa. Con gnosi - da “conoscenza” - ci si riferisce in genere ad un insieme di dottrine nate in ambienti antichi pre-cristiani, a teologie e narrative accomunate da alcune tematiche ricorrenti. Tra queste la salvezza legata ad una conoscenza speciale, esoterica e superiore, quindi accessibile solo a pochi iniziati. Come afferma Moraldi nella sua Introduzione: «Vi è una profonda spaccatura tra questo mondo e l’esistenza dell’Essere supremo, “la Luce”; un profondo dualismo anticosmico secondo il quale il male è proprio questo mondo il quale non proviene dall’Essere supremo». Tra XIX e XX secolo si iniziò a studiare l’origine babilonese della gnosi: «Il paragone istituito fra la teologia della gnosi e quella babilonese... dimostra fra la gnosi e il pensiero dei teologi babilonesi un rapporto così intimo e compiuto, da doverlo definire più che una semplice parentela, ma un principio di derivazione della gnosi dalla Babilonia» (Salvatore Minocchi, “I miti babilonesi e le origini della gnosi”, Bilychnis, 1914).
Con gnosticismo, o gnosi cristiana, ci si riferisce invece ad un fenomeno sviluppatosi in ambiente cristiano, testi che contengono filosofie e teologie a loro modo cristiane. Una sorta di sincretismo che segue l’età apostolica (II secolo), dove si intrecciarono una ellenizzazione del cristianesimo insieme ad elementi religiosi orientali, una fusione di temi pre-cristiani (in particolare babilonesi) e di Nuovo Testamento. Quindi, per semplificare, la gnosi precede i Vangeli, lo gnosticismo li segue, e, per i suoi oppositori, ne rappresenta una eresia molto grave, e lo era davvero: per i Padri della Chiesa la gnosi degli gnostici era una cattiva conoscenza, quindi una falsa gnosi.
Adolf Von Harnack, il primo grande studioso della gnosi nella seconda metà dell’Ottocento, riteneva che molta della teologia della Chiesa dei primi secoli fosse emersa come reazione all’attacco gnostico. Una tesi oggi considerata troppo radicale, sebbene è innegabile che la gnosi pre-cristiana abbia influenzato sia la teologia sia la prassi della Chiesa. Un grande tema dibattuto già dai primi studi di fine Ottocento è il possibile influsso gnostico nella formazione del Nuovo Testamento, in particolare sul corpus giovanneo (quarto Vangelo e lettere), e sulle lettere di Paolo: «Influenzato in misura maggiore o minore dal linguaggio e dall’immaginario gnostico appare lo strato fondamentale della teologia paolina e della teologia della comunità giovannea” (W. Schmithals, Nuovo testamento e gnosi, 2008).
Una questione spinosa, complessa e controversa. Non si può negare che in Giovanni si trovino elementi amati dallo gnosticismo: le antinomie luce-tenebre, verità-menzogna, Dio-diavolo, la croce come glorificazione e innalzamento, un certo dualismo antropologico, la salvezza intesa come “conoscenza”. Oggi alcuni studiosi ritengono che nella prima versione del Vangelo di Giovanni ci fossero alcuni tratti gnostici, ma poi, quando nella prima metà del II secolo la polemica anti-gnostica divenne potente, le redazioni successive purificarono il quarto Vangelo dalle componenti gnostiche o dalle parti che davano supporto alle tesi gnostiche.
Per quanto riguarda Paolo, anche la sua visione di un cristianesimo universalista libero dalla Legge e il suo dualismo antropologico (spirito-carne, uomo spirituale-uomo naturale) potrebbero essere nati da un primitivo incontro tra il primo annuncio cristiano e una gnosi ebraica samaritana forse riconducibile al Simon Mago degli Atti degli Apostoli, che secondo molti sarebbe all’origine della gnosi cristiana.
Oggi dobbiamo riconoscere che lo gnosticismo è profondamente intrecciato con quelle che diventeranno nel II e III secolo la dottrina e la prassi cristiane. Si intrecciarono, quindi si influenzarono reciprocamente, perché se da una parte il Nuovo Testamento e prima l’evento Cristo hanno profondamente cambiato la gnosi pre-cristiana generando lo gnosticismo, è altresì vero che il cristianesimo ha assorbito alcuni elementi gnostici che dai primi secoli sono arrivati alla modernità attraversando tutto il Medioevo.
Pensiamo alla tradizione monastica, soprattutto quella orientale. Non è un caso che i codici di Nag Hammadi fossero parte di una biblioteca di un monastero cristiano egiziano fondato da Pacomio. La forma di vita del primo monachesimo, centrato anche sull’ascesi, cioè sulla ginnastica spirituale ed etica, è più facilmente riconducibile ad elementi gnostici che all’umanesimo biblico. La forma di vita che emerge dal Nuovo Testamento è infatti centrato sulla metanoia, che si realizza in un istante e che non è il risultato di un lento e penoso esercizio etico. È evidente, sul piano pratico, che comunità di uomini che non si esercitassero nell’ascesi morale e nelle virtù darebbero molto difficilmente vita ad una vita comunitaria ordinata e buona, ma, in linea di principio, anche una comunità di cristiani non virtuosi ma che si amano scambievolmente e credono nel Vangelo è una comunità pienamente cristiana. L’ascesi può aiutare molto la vita cristiana, ma può anche trasformare il mezzo (l’esercizio) nel fine (la vita nuova nell’agape reciproco). Come non sarebbe difficile individuare nella teologia cristiana del corpo inteso come prigione dell’anima un influsso gnostico, cui può essere legata l’idea di verginità come stato di vita superiore al matrimonio (o come sostituto del martirio). Certo, queste sono ipotesi che non vanno radicalizzate né assolutizzate, e per molte buone ragioni: l’ascetismo non è esclusivo della gnosi, non tutta la gnosi è ascetica, e soprattutto perché il monachesimo è molto più della sua ascesi.
Un dettaglio. Nel lungo libro della Pistis Sophia - un testo che non era tra quelli rinvenuti a Nag Hammadi ma inserito nella raccolta della Utet - troviamo riferimenti alle donne nella prima comunità di Gesù, diversi da quelli dei Vangeli canonici: «Si fece avanti Maria Maddalena, e disse: mio Signore, la mia mente è sempre intelligente e pronta a farsi avanti per esporre la soluzione, ma temo le minacce di Pietro il quale ha in odio il nostro genere femminile». Importante la risposta di Gesù alle discepole: «Anche ai vostri fratelli maschi date l’occasione di presentare domande».
Se volessimo, infine, tentare una sintesi, i problemi principali che si nascondevano dietro il fascino della costruzione barocca delle gnosi cristiane sono infatti tutti decisivi. Il primo riguarda il grandissimo tema dell’incarnazione. Gli gnostici non amavano la carne, la vivono come decadenza dello spirito (e, di conseguenza, non amavano l’eucarestia). Quindi non accettano un Logos che si fa carne e che, addirittura, soffre e muore veramente - molti gnostici credevano che fosse stato Simone di Cirene a morire in croce al posto di Gesù. E un cristianesimo senza carne e senza incarnazione diventa altro, la storia diventa apparenza, fiction; il dolore non ha un senso vero e così invece di essere redento resta per sempre.
All’incarnazione è legato un secondo aspetto decisivo, l’assenza (quassi totale) nella gnosi dell’Antico Testamento: non a caso Marcione era uno dei grandi maestri gnostici. Da questa assenza deriva anche il dualismo antropologico che non vede l’essere vivente nella sua interezza ma come un contrasto tra anima e corpo, tra alto (spirito) e basso (carne). L’umanesimo biblico vede invece l’Adam integrale, e la salvezza è salvezza di tutta la persona. Ogni volta che nel cristianesimo abbiamo separato il corpo dall’anima e abbiamo combattuto il corpo come decadenza dello spirito, ci siamo allontanati dalla storia e dai poveri, la gnosi ha vinto, anche se non lo sapevamo. Inoltre, disprezzare il corpo in nome dello spirito è sempre stata una via maestra per ogni forma di abuso, fisico e spirituale, ieri ed oggi. Terzo, la gnosi porta ad enfatizzare, fino ad assolutizzarla, la dimensione intellettuale: ci salviamo comprendendo Dio e il mondo, non amandolo - l’agape e l’hesed sono le grandi assenti nell’etica della gnosi. Quindi la salvezza intesa come l’ingresso in un club privato, un hotel a cinque stelle accessibile solo a chi possiede la moneta della conoscenza speciale, che si esprime in liturgie speciali, meravigliose e disincarnate, puro consumismo emotivo. E la gente normale, il popolo, le mani e i piedi, il cuore e la carne, soprattutto i poveri, escono di scena, finiscono nelle tenebre, e non si vedono più. Ogni volta che una comunità cristiana cade in questa trappola, rivive la gnosi.
Infine, anche la gnosi, come molte narrative religiose, è nata come strumento per sconfiggere la morte e per dare un senso al dolore nel mondo. La storia mostra uno spettacolo di sofferenze e sventure ingiuste che lanciano un grido verso un altrove. La gnosi ha provato a raccogliere questo urlo, ma mentre il cristianesimo ed altri universi religiosi morali cercavano risposte cambiando anche e soprattutto il mondo quaggiù, la gnosi «trasferisce i tormentosi problemi nel campo vago dell’astrazione, incapace di asciugare una lacrima vera di pianto o di reprimere un grido di disperazione» (Ernesto Buonaiuti, Lo Gnosticismo, 1907). Nella gnosi si costruisce un mondo immaginario perfetto per dimenticare il mondo vero imperfetto. Non c’è dunque spazio per il grido concreto dei poveri e dei sofferenti, perché ogni imperfezione e ogni disordine vengono gestiti con il grande strumento dell’illusione. Ieri, e sempre, perché nel mondo gnostico “l’idea è superiore alla realtà”.
I primi teologi cristiani dei primi secoli capirono che se i cristiani fossero stati sedotti in massa dalle sostanze stupefacenti della gnosi, il cristianesimo si sarebbe snaturato perché avrebbe perso la sua natura popolare. Infatti, insieme ai Padri della Chiesa, la grande oppositrice della gnosi è stata la pietà popolare, la fede vera della gente normale, quella dei poveri, di chi sapeva e sperava che la salvezza non fosse una faccenda solo per i dottori e per i sapienti. La gnosi l’hanno combattuta, senza saperlo, le lacrime delle donne davanti alla statua dell’Addolorata, le processioni dietro i santi, i baci infiniti agli angoletti e al costato di Gesù. È stata la fede della gente vera, normale e imperfetta, che non sapeva nulla di dogmi e di teologia ma sapeva che la croce di Gesù era vera perché erano vere le loro croci quotidiane. Se il cristianesimo del terzo Millennio si salverà dalle nuove gnosi interne ed esterne alle Chiese, il primo e più efficace antidoto sarà ancora la fede del popolo, la verità della sua carne, dei suoi dolori e della sua letizia normale.