Due saggi di Canfora e Liverani portano l’attenzione sulle vicende di perdita, ricostruzione e di nuovo perdita dell'edificio: costituiscono il “luogo” della presa di coscienza del popolo giudaico
di Luigino Bruni
pubblicato su Agorà di Avvenire il 25/08/2021
Il tempio di Gerusalemme è uno dei protagonisti della Bibbia. Il primo tempio, quello di Salomone, il secondo, quello ricostruito dopo il ritorno da Babilonia e distrutto da Tito nel 70 d.C., e il “tempio” durante l’esilio, quando non c’era più. Accompagna tutta la storia della salvezza, Antico e Nuovo Testamento. Molte delle cose più importanti il tempio le ha dette durante e dopo le sue distruzioni e profanazioni. I libri di Luciano Canfora, Il tesoro degli ebrei: Roma e Gerusalemme( Laterza, pagine 304, euro 22,00), e quello di Mario Liverani, Oriente e Occidente (Laterza, 2021), sebbene molto diversi tra loro, hanno nel tempio di Gerusalemme un importante punto di contatto.
Il centro del saggio di Canfora è una puntuale indagine storico-filologica attorno all’occupazione romana del tempio di Gerusalemme, avvenuta per mano di Gneo Pompeo nel 63 a.C. Noto è il racconto di Tacito: «Tra i Romani, Gneo Pompeo fu il primo a sconfiggere i Giudei e a entrare nel loro tempio col diritto del vincitore: da ciò si seppe che dentro non vi era nessuna immagine di divinità: la sede era vuota e vuoti i loro misteri» (Historiae, V, 9). Dunque “la sede era vacante”. Stesso concetto ribadito da Dione Cassio, nella sua Storia Romana (XXXVII): «Gli ebrei non avevano nessuna statua nel tempio in Gerusalemme; e poiché sono i più superstiziosi tra gli uomini ritengono che il Dio debba essere indicibile e non rappresentabile. Il tempio innalzato in onore di un tale Dio era grandissimo e veramente splendido». Questo vuoto, che Tacito e Dione non capiscono e riferiscono con un certo malcelato sarcasmo, continua a essere il vuoto più pieno della storia delle religioni.
Gli ebrei hanno saputo custodire per circa mille anni un tempio vuoto, e con esso un’immagine di Dio senza immagini, un Dio più alto di ogni costruzione umana. Da Canfora apprendiamo che l’antisemitismo a Roma era precedente ai cristiani: «Quella gente [gli ebrei] aborrisce lo splendore del nostro impero, la gravitas del nostro nome, le usanze e le leggi dei nostri avi» (Cicerone, Pro Flacco). La loro religione senza statue era sinonimo di senza Dio. Per Filostrato: «Gli ebrei non si sono ribellati soltanto ai romani ma all’intero genere umano». Nel 139 a.C. furono cacciati da Roma con l’accusa, assurda, che fossero adoratori del dio Giove Sabazio (o Bacco-Dioniso). E lo stesso Tacito riporta la diceria che nel segreto del loro tempio gli ebrei adorassero una testa d’asino.
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