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Sport e mercato

Il mercato è una faccenda di relazioni e le relazioni positive sono quelle che fanno crescere tutti e in cui non perde nessuno. In questo il mercato è davvero diverso dallo sport.

di Luigino Bruni

pubblicato su Il Messaggero di Sant'Antonio il 23/09/2022

Da sempre lo sport viene accostato ai mercati e all’economia, ma non sempre i parallelismi sono proposti con una sufficiente attenzione e con uno sguardo che sa discernere. Infatti, le parole e le ispirazioni che lo sport può offrire ai mercati sono diverse: alcune sono buone e utili, altre meno, qualcuna è semplicemente fuorviante. Iniziamo da quelle buone. Una prima riguarda il rapporto che c’è negli sport individuali tra il singolo atleta e la propria squadra di appartenenza o la squadra nazionale.

Questo rapporto è complesso, perché vive di un intreccio di cooperazione e di competizione, di molta cooperazione e di pochi momenti di competizione. Durante gli allenamenti, nelle staffette, è la cooperazione e l’amicizia che domina: il bene di tutti e quello di ciascuno coincidono. Durante le gare decisive, invece, le relazioni diventano giochi a somma zero, e la competizione diventa solo posizionale: la vittoria di un atleta significa la sconfitta di altri. Anche nelle relazioni di mercato tra i vari agenti (imprese, consumatori, fornitori…), la stragrande maggioranza dei rapporti è di tipo cooperativo e di mutuo vantaggio (giochi a somma positiva), e sono davvero molto rare, quando ci sono, le gare in cui qualcuno vince a scapito degli altri. Perché?

Immaginiamo che Giovanni sia un giovane idraulico che inizia la sua attività come piccolo imprenditore artigiano. Il migliore – per me l’unico – atteggiamento intelligente con cui deve iniziare la sua impresa è chiedersi: «A chi servono nella mia città i miei servizi?», e quindi cercare dei clienti con cui cooperare in un rapporto di mutuo vantaggio. Se invece iniziasse domandandosi: «Dove si trovano i concorrenti che voglio battere?», difficilmente Giovanni diventerà un buon imprenditore, perché investirà le sue energie in passioni rivali e non generative. Perché mentre nello sport, forse, un atleta può anche crescere orientando le sue energie per battere i suoi concorrenti (ho comunque qualche dubbio), il mercato è una faccenda di relazioni e le relazioni positive sono quelle che fanno crescere tutti e in cui non perde nessuno. In questo il mercato è davvero diverso dallo sport.

Un secondo ambito di vicinanza tra mercato e sport è il ruolo dei concorrenti. Nello sport avere concorrenti forti è essenziale per far crescere i singoli atleti e raggiungere risultati eccellenti. Analoga situazione nel mercato, dove la presenza della concorrenza è essenziale per migliorare: i monopoli fanno male a ogni sistema economico e sociale, e alla lunga anche al monopolista. Le parole sbagliate sono invece quelle che diciamo quando pensiamo che lo sport sia solo concorrenza in un gioco a somma zero e quindi utilizziamo le espressioni «vincente» e «perdente» (pessime parole sempre e ovunque) e le applichiamo alle imprese.

Così non capiamo più che cosa siano i mercati – e lo sport –, perché perdiamo di vista la legge aurea dell’economia: il mutuo vantaggio. Quando usciamo da una pizzeria e al nostro «Grazie» il proprietario risponde: «Grazie a lei», stiamo semplicemente dicendo che l’economia nella sua vera natura è una forma di reciprocità civile. Questa caratteristica dei mercati era nota anche ai primi economisti del Settecento, che speravano che lo sviluppo dei mercati avrebbe portato alla fine delle guerre, proprio perché ogni mercante sa che la crescita degli altri è la precondizione per la sua propria crescita. Oggi purtroppo lo stiamo dimenticando e neghiamo così nei fatti la natura pacifica dell’economia utilizzando le sanzioni come armi da guerra.

Credits foto: © Giuliano Dinon / Archivio MSA

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