Dalla Bibbia Antonio aveva imparato che la lotta all’usura nasce dall’amore per i poveri. Perché chi ama i poveri odia l’usura (e ama il lavoro)
di Luigino Bruni
pubblicato sul Messaggero di Sant'Antonio il 04/06/2020
L’incontro tra Antonio e Francesco fu un incontro tra due carismi. Fernando divenne figlio di Francesco, certo, ma gli fu anche fratello. Fernando aveva un suo carisma prima di diventare Antonio, e continuò a sviluppare il suo carisma anche dopo il suo incontro benedetto con i francescani a partire dal 1219-1220. Antonio ha sviluppato il magistero sulla povertà iniziato da Francesco sulla scia di Gesù Cristo. Ma molte delle cose dette da lui non erano state dette da Francesco, e poi divennero patrimonio francescano e di tutta la Chiesa grazie al carisma di Antonio. Francesco fu cantore e maestro della povertà, Antonio fu maestro delle insidie della ricchezza. Francesco è il santo del «beati i poveri», Antonio quello del «guai ai ricchi», due parole dello stesso Vangelo, due parole della stessa vita.
È infatti dentro le prediche del nostro Santo sulle seduzioni delle ricchezze che va collocata la sua predicazione sull’usura e sugli usurai, un pensiero e un’azione fondati sulla scrittura, sull’Antico e sul Nuovo Testamento, che fa di Antonio uno dei primi «biblisti» ante litteram del Medioevo.
Alla ricchezza è infatti legato uno dei racconti più noti su Antonio: «In Toscana si stavano celebrando con solennità le esequie di uno straricco. Al funerale era presente il nostro sant’Antonio, il quale, scosso da un’ispirazione subitanea, si mise a gridare che quel morto non andava sepolto in luogo consacrato (...) perché la sua anima era dannata all’inferno, e quel cadavere era privo di cuore, secondo il detto dei Signore riportato da Luca: “Dov’è il tuo tesoro, lì è anche il tuo cuore”. (Mt 6,21). A questa intimazione, com’è naturale, tutti rimasero sconvolti, ed ebbe luogo un eccitato scambio di pareri. Furono alfine chiamati dei cerusici,che aprirono il petto al defunto. Ma non vi trovarono il cuore che, secondo la predizione del Santo, rinvennero nella cassaforte dov’era conservato il denaro. (...)» (Polentone, Vita di S. Antonio). Un episodio straordinario, chiaramente tra storia e leggenda, di una grande potenza pedagogica, antropologica e teologica.
Spesso nei suoi Sermoni Antonio parla dell’usura e degli usurai: «Dice Naum: “Guai a te città di sangue. Tutta falsità, piena di lacerazione, la rapina non si allontenerà da te” (3,1). L’anima vive per mezzo del sangue, il povero per mezzo delle sue poche sostanze. Togli all’uomo il sangue, al povero le sue sostanze. Entrambi muoiono. I predoni e gli usurai che si impadroniscono delle cose altrui, sono detti “città di sangue”. E il sangue dei poveri è freddo» (Sermoni, V). I Monti di Pietà, le prime forme di banche etiche e senza scopo di lucro (sine merito, si diceva), nate per combattere l’usura, sono certamente piante nate a fine Quattrocento dal seme di Francesco, ma furono anche frutti della parola e dell’azione di Antonio.
Dalla Bibbia Antonio aveva imparato che la lotta all’usura nasce dall’amore per i poveri. Perché l’usura è una tassa patrimoniale all’incontrario, che pagano soprattutto i poveri – e più sono poveri più cara la pagano –. Nella Bibbia, infatti, l’usura è condannata perché è una forma di rendita, cioè un reddito che nasce dal possedere e sfruttare una posizione di potere, non dal lavoro e dalla fatica.
Ancora oggi, soprattutto in questi tempi di scarsa liquidità, l’usura rinasce e cresce perché ci sono sempre alcuni che possiedono denaro e usano questo potere per lucrare su chi questa ricchezza non ce l’ha pur abbisognandone per vivere. Ieri e oggi le vittime dell’usura sono i poveri. E così le parole di Antonio rivivono una straordinaria attualità: chi ama i poveri odia l’usura (e ama il lavoro). Ieri, oggi, e domani: «L’usuraio riduce a deserto la Chiesa del Signore» (Antonio, Sermoni, Esordio).