Dopo "l'infarto" di una decina di anni fa, il capitalismo non si è sottoposto a "cure" adeguate. Cittadini e consumatori possono imporre le riforme tanto attese
di Luigino Bruni
pubblicato su Valori il 23/10/2019 nell'ambito del Dossier "La bolla del capitalismo etico"
Le dichiarazioni di tipo etico e valoriale delle grandi multinazionali vanno sempre prese cum grano salis perché se da una parte devono dire cose non troppo lontane dal vero (non fosse altro, oggi, nell’era dei social per motivi di reputazione), dall’altra fa parte del gioco di mercato promettere più di quanto si riesca a mantenere con i comportamenti. Comunque qualcosa è ormai certo: il modo con cui abbiamo inteso negli ultimi cento anni le imprese e il mercato, sta vivendo una crisi molto più radicale e profonda di quella finanziaria degli anni scorsi.
Crisi 2007, un infarto che il capitalismo ha dimenticato presto
La crisi finanziaria iniziata nel 2007 è stata una sorta di infarto del sistema ma, una volta fatta l’angioplastica e messo lo stent, il “paziente capitalismo”, con l’aiuto di qualche farmaco ha continuato lo stesso stile di vita precedente; per qualche mese la paura gli ha fatto fare un po’ di dieta e smettere di fumare ma poi, un po’ alla volta sono tornate le vecchie abitudini come se nulla fosse successo. Questa volta invece la faccenda è molto diversa: la crisi ambientale che in queste dimensioni non ha precedenti nella storia umana, non rappresenta solo una crisi coronarica ma un cambiamento radicale delle condizioni di vita che richiedono un adeguamento a qualcosa di completamente nuovo.
L’insegnamento dei Fridays for Future
Tutto questo, gli esperti lo sapevano già da tempo ma grazie al movimento “Fridays for Future” ed anche al pensiero ed all’azione di Papa Francesco (v. Laudato sii e il movimento che ne è sorto), in questi ultimi tempi la consapevolezza che il giocattolo si è rotto sta diventando estesa, popolare, universale.
Le imprese devono cambiare cultura, non per altruismo, né per amore del bene comune, ma semplicemente se non vogliono fallire. L’unico vero sovrano del capitalismo è il consumatore con le sue preferenze. Questo è un dogma della religione capitalista, ma anche la sua grande fragilità perché alla fine se i consumatori cambiano insieme preferenze, le imprese non possono far altro che cambiare velocemente prodotti.
Dalla plastica a nuovi prodotti e stili di vita
Lo stiamo già vedendo con la plastica: solo pochi mesi fa si potevano ancora fare convegni – magari su etica ed economia – con sul tavolo ben in vista bottiglie di plastica. Oggi non è già più possibile (parlo per esperienze personali) perché quella bottiglia in vista mina qualsiasi discorso etico che si sta pronunciando su quella stessa cattedra.
Tutto questo è successo in pochi mesi (il primo Fridays for Future globale è del 15 marzo scorso). Tra qualche mese questa ondata di cambiamento epocale si estenderà a molti altri prodotti: dalle automobili, ai voli aerei.
Tutto questo le imprese lo stanno intuendo perché per vocazione, come ricordava Jevons a fine Ottocento, l’imprenditore è un anticipatore delle tendenze dei mercati.
Ma c’è di più: potrei sbagliarmi ma è altamente probabile che quanto sta accadendo sul fronte ambientale si spinga progressivamente e velocemente sul fronte sociale e le imprese con governance non partecipative e con strutture proprietarie concentrate in pochi azionisti ricchissimi, saranno punite dai consumatori, dai giovani in particolare, perché ciò che è accaduto con la democrazia che il potere politico concentrato per secoli in poche mani e in poche teste (maschi, ricchi e nobili) progressivamente si è allargato fino a raggiungere il suffragio universale, si estenderà all’economia.