I Commenti de «Il Sole 24 Ore» - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore.
di Vittorio Pelligra
Pubblicato su Il Sole 24 Ore il 23/06/2024
«Dio non diede alcun potere politico a Adamo su sua moglie e sui suoi figli (…) se le cose stanno così, allora l’uomo ha una libertà naturale (…) dal momento che tutti coloro che condividono la stessa comune natura, le stesse facoltà e gli stessi poteri, sono uguali in natura, e dovrebbero condividere gli stessi diritti e privilegi comuni». Così scrive John Locke per confutare l’idea della discendenza divina del potere affermata, allora, da Robert Filmer. Gli esseri umani sono per natura liberi e uguali, dice Locke, e non sono sottoposti, in natura, a nessun potere superiore. È la stessa posizione da cui si sviluppa il pensiero politico di Robert Nozick.
La teoria dei diritti
Abbiamo discusso, la settimana scorsa, la sua teoria dei diritti che si fonda sul diritto originario alla “proprietà di sé”. Sia Locke, che Nozick accettano una visione radicale dei diritti individuali ma, al contempo, ne rigettano la più naturale conseguenza politica: l’anarchia. Se ognuno ha diritto a decidere su di sé come si fa a non accettare la conseguenza naturale dell’illegittimità di ogni governo esterno?
Si esprime in questo senso, per esempio, Pierre-Joseph Proudhon ne Les confessions d’un révolutionnaire: «Sosteniamo che, una volta identificati il capitale e il lavoro, la società sussiste da sola e non ha più bisogno del governo» e, continua, «Noi siamo, di conseguenza, e l’abbiamo proclamato più di una volta, anarchici. L’anarchia è la condizione d’esistenza delle società adulte, così come la gerarchia è la condizione d’esistenza delle società primitive: nelle società umane esiste un incessante progresso dalla gerarchia all’anarchia» (cit. in Critica della proprietà e dello stato, Elèuthera, 2001, p. 64). Ma Robert Nozick dissente. E John Locke, prima di lui, anche se per ragioni differenti. Ragioni che Nozick reputa insufficienti.
Lo “stato minimo”
Neanche dalla più radicale impostazione libertaria fondata sul diritto alla “proprietà di sé”, infatti, è logicamente possibile derivare la tesi dell’inutilità del governo. Ciò che, invece, è corretto affermare, secondo il filosofo newyorkese, è la necessità di un governo limitatissimo, di ciò che egli chiama lo “stato minimo”. Questa derivazione è frutto di un complicato processo che cerca di riconciliare la teoria dei diritti naturali e la necessità di un governo legittimo che tale teoria sembrerebbe, invece, escludere. Anche Locke si è trovato davanti ad un dilemma simile che ha provato a risolvere affermando che lo stato può essere ritenuto legittimo. Affinché ciò sia possibile è necessario che chi proclama il diritto alla proprietà di sé, al contempo esprima in consenso esplicito o implicito all’adesione allo stato. Per quanto riguarda il consenso esplicito, ciò equivarrebbe alla sottoscrizione del contratto sociale.
La risposta originale all’apparente paradosso di una piena libertà che rifugge l’anarchia
Tuttavia, Nozick non è soddisfatto dalla soluzione lockeana basata sul consenso. Tale soluzione, infatti, presenta non pochi buchi argomentativi e problemi di coerenza logica. Nozick deve quindi elaborare una risposta originale all’apparente paradosso di una piena libertà che rifugge l’anarchia. La sua proposta di legittimazione di uno stato minimo trova forza nell’idea smithiana di “mano invisibile”. Ciò che afferma Nozick è che se anche immaginassimo una situazione di anarchia nella quale gli individui godono del più puro diritto alla non-interferenza, proprio per tutelare il godimento di tale diritto ciascuno di essi sarà portato a porre in essere una serie di azioni che, tutte insieme, finirebbero per assomigliare esattamente a ciò che farebbe uno stato minimo.
Il governo legittimo, così inteso, nascerebbe quindi, secondo Nozick, come esito non intenzionale delle azioni intenzionali che i singoli sarebbero portati a compiere per proteggere i loro diritti. Il che spiegherebbe come sia possibile “Finire in uno stato senza volerlo direttamente”, così come recita il titolo della prima parte di Anarchia, Stato e Utopia. Con linguaggio più attuale si potrebbe affermare, oggi, che lo stato è per Nozick una “proprietà emergente”.
La tutela privata dei diritti individuali e la sua inefficienza
Si parte dalla constatazione dell’inefficienza che deriva dalla tutela privata dei diritti individuali. Un problema già affrontato qualche secolo fa da Locke. Immaginiamo di trovarci nello stato di natura dove ogni individuo gode dei suoi diritti naturali e gode anche del diritto di esigere il rispetto di tali diritti. Il diritto, cioè, di ergersi a giudice, in questo senso, di quei comportamenti degli altri individui che potrebbero violare i suoi diritti. Il problema è che un individuo ragionerà intorno ai suoi diritti spesso in maniera distorta e poco oggettiva.
«Gli individui che sono giudici nella propria causa - scrive Nozick a questo proposito - si concederanno sempre il beneficio del dubbio e assumeranno di essere nel giusto. Sopravvaluteranno l’entità dell’offesa o del danno sofferti, e le passioni li condurranno a punire gli altri in modo più che proporzionale e a esigere risarcimenti eccessivi». Il rischio che ne deriva, continua Nozick, è che «l’imposizione privata e personale del rispetto dei propri diritti porta a contese, a una serie senza fine di atti di rappresaglia e richieste di risarcimento».
Tale sistema decentralizzato, privato di protezione individuale dei diritti mostra quindi delle inefficienze che sembrano insuperabili. Per cercare di ovviare ai problemi legati alla tutela individuale dei diritti, suggerisce Nozick, potrebbero sorgere delle associazioni di individui che, collettivamente, scelgono di adoperarsi per la protezione dei diritti di tutti associati. Queste associazioni sarebbero in grado di garantire una maggiore obiettività di giudizio ed imparzialità.
Per aumentare ulteriormente l’efficienza di tali associazioni – continua il ragionamento - queste si potrebbero specializzare e vendere sul mercato i loro servizi di protezione a coloro che volessero usufruire di tale protezione. Ma le caratteristiche intrinseche di tale mercato porterebbero naturalmente le imprese a fare intese e a fondersi tra loro finendo per trasformarsi con tutta probabilità in oligopolisti o perfino monopolisti. Nascerebbe in questo modo ciò che Nozick chiama l’“associazione protettiva dominante”.
L’“associazione protettiva dominante”
Tale associazione inizia ad assomigliare ad uno stato “ultra-minimo”, come lo definisce il filosofo. Tale entità, infatti, possiede almeno in parte una delle caratteristiche essenziali dello stato, cioè, il monopolio nell’uso della forza che viene esercitata legittimamente per la tutela dei diritti dei suoi clienti. E che dire di coloro che, altrettanto legittimamente, volessero continuare a tutelare privatamente i propri diritti senza ricorrere ai servizi venduti dall’associazione protettiva dominante? Questi sarebbero legittimati a farlo, certamente, ma potrebbero essere scoraggiati in molti modi, dall’associazione monopolistica. Cosa, questa, che andrebbe in violazione del loro diritto primario. L’associazione di protezione potrebbe per questa ragione essere disposta a compensare tali individui per la perdita di tale diritto.
In che modo?
Per esempio, offrendo loro gli stessi servizi di protezione dei diritti cui usufruiscono i clienti usuali ma, in questo caso, in maniera gratuita, senza la richiesta di nessun pagamento. La somiglianza di tale associazione con lo stato diventa, in questo modo, ancora maggiore perché ora, non solo come lo stato, l’associazione di protezione esercita la forza in condizioni di monopolio, ma, ancora come fanno gli stati, la esercita anche a favore di coloro che non pagano per avere tale protezione. Si passa così, afferma Nozick, dalla visione dello stato “ultra-minimo” a quello dello stato “minimo” e ciò avviene senza che nessuno degli individui coinvolti avesse intenzione di formare uno stato.
Eppure, secondo la logica della mano invisibile, la combinazione delle loro azioni e delle loro scelte finisce per produrre proprio quel risultato. Nozick, in questo modo riesce a conciliare in un unico quadro coerente la sua teoria dei diritti originari con la refutazione dell’anarchia pura e a giustificare la nascita di uno stato moralmente legittimo. Uno stato legittimo che dev’essere almeno “minimo”, in grado, cioè, di operare per la tutela dei diritti individuali, ma non più che “minimo”; vale a dire che non deve attuare politiche che non prevedano il consenso esplicito di ogni cittadino.
Il ragionamento di Nozick prosegue cercando di dimostrare la razionalità dello stato minimo rispetto alla pura anarchia e del perché sarebbe nell’interesse di tutti, anche degli irriducibili individualisti, propendere per tale forma di organizzazione statuale. Solo con questo ulteriore, non semplice, passaggio Nozick potrà dire di aver terminato il suo progetto di conciliazione tra il diritto alla proprietà di sé e la nascita di uno stato legittimo sia pur “minimo”. Sono i temi su cui ritorneremo nelle prossime settimane.