I Commenti de «Il Sole 24 Ore» - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore.
di Vittorio Pelligra
Pubblicato su Il Sole 24 Ore il 16/06/2024
Robert Nozick e il suo collega di dipartimento John Rawls costituiscono, come abbiamo visto la settimana scorsa, i due poli estremi del panorama della filosofia politica del XX secolo. Entrambi partono dalla stessa critica all’utilitarismo ed entrambi propongono di superare tale prospettiva con l’adozione della premessa kantiana secondo cui ogni individuo deve essere trattato come un fine in sé e mai come un mezzo. I diritti individuai quindi non possono essere scambiati o ridotti neanche per ottenere un beneficio sociale maggiore. Ciò che sorprende è che nonostante il punto di partenza sia lo stesso e la stessa sia la via prospettata, gli esiti a cui giungono i due filosofi siano così diametralmente opposti: da una parte l’egualitarismo di Rawls, dall’altra il libertarismo di Nozick.
In termini generali la riflessione filosofica sulla politica può essere vista come l’analisi sulla natura di quelli che sono i valori più rilevanti rispetto alla nostra vita in comune: la libertà, il benessere, l’uguaglianza, la felicità, il potere. Quanto sono compatibili questi valori tra loro? Quanto confliggono? A quali di questi dovremmo dare preminenza? Le risposte a queste domande prendono in genere tre forme differenti. La prima è quella tipica degli utilitaristi, i quali ritengono che esista un unico principio prevalente – la massimizzazione dell’utilità sociale – al quale tutti gli altri principi devono essere subordinati perché ne sono in qualche modo dei derivati. Un secondo approccio è quello che si concentra su una pluralità di valori ma che ne riconosce, comunque, una gerarchia. Rawls, per esempio, rientra in questa categoria. Il suo “principio di priorità”, infatti - ne abbiamo parlato a lungo nelle settimane scorse - stabilisce che tra il principio dell’uguaglianza e quello della libertà è necessario riconoscere alla libertà una priorità “lessicografica”. Infine, ci sono altri, come Isaiah Berlin, i quali accettano una forma di pluralismo radicale per la quale i cittadini possono avere, e molto spesso hanno, visioni del mondo e valori che sono incompatibili e irriducibili tra loro.
Casi nei quali è necessario trovare regole di convivenza che superino tale incompatibilità valoriale. Sarebbe facile, quasi scontato, far ricadere l’approccio libertario Nozick nella prima categoria, quella incentrata sul ruolo di un valore preminente, ed identificare tale valore con quello della libertà. Sarebbe facile perché effettivamente l’approccio di Nozick rientra tra quelli del valore unico. Meno scontato è il fatto di riconoscere che tale valore unico non è quello della libertà ma, piuttosto, quello della proprietà, ed in particolare della “proprietà di sé” (self-ownership). Spiega così questo punto uno degli interpreti più acuti di Nozick, il filosofo britannico Jonathan Wolff: “Nessuno ha il diritto di interferire con la tua persona o con i tuoi beni a meno che tu non abbia acconsentito o tu abbia perso i tuoi diritti violando i diritti degli altri – tale diritto alla libertà - è semplicemente una conseguenza di questo diritto alla proprietà di sé” (Robert Nozick: Property, Justice and the Minimal State, Polity, 1991). E’ quindi l’idea della “proprietà di sé”, secondo Nozick, che è posta a fondamento di tutti gli altri diritti da cui derivano e che dovrebbe essere utilizzata come bussola decisionale davanti ad ogni possibile problema politico. Le implicazioni politiche di una tale visione della libertà vengono analizzate da Nozick nella prima parte di Anarchia, Stato e Utopia.
Il punto di partenza è la visione anarchica della libertà
Scrive al proposito Benjamin Tucker “Se l’individuo ha il diritto di governare sé stesso, tutte le forme esterne di governo sono tirannia” (“State Socialism and Anarchy”, in Woodcock, G., ed., The Anarchist Reader, Fontana, 1977, p.151). Se accettiamo la preminenza assoluta del principio di libertà non possiamo considerare legittima nessuna forma di potere statuale, afferma Tucker. Il compito che si pone Nozick è quello di partire da questa assunzione, con cui è simpatetico, e dimostrare, invece, che una forma sia pure minimale di stato legittimo può esistere. Una forma di stato che può essere considerato legittimo perché agisce senza violare il diritto fondamentale della “proprietà di sé” e neanche gli altri diritti che da questo derivano. Il compito di Nozick, in altre parole, è quello di provare a dimostrare che l’anarchia non è l’unica logica conseguenza che può derivare dal prendere sul serio l’inviolabilità del diritto alla libertà individuale. Ma torniamo al tema della “proprietà di sé”. Questo è, infatti, il concetto attraverso il quale Nozick sviluppa l’idea kantiana della “separatezza delle persone”. Abbiamo visto la settimana scorsa come la critica all’utilitarismo, quella di Rawls come quella di Nozick, parta proprio dal presupposto kantiano secondo cui gli altri non possono mai essere considerati come un mezzo per il raggiungimento dei miei fini.
La lotteria degli occhi
Ciò significa, per esempio, che le politiche redistributive che limitano le libertà di alcuni per promuovere il benessere di molti – politiche perfettamente legittime in un quadro utilitaristico – non possono essere ammissibili né per Kant, né tantomeno che per Rawls o Nozick. Per declinare questa idea kantiana della “separatezza delle persone” Nozick sceglie la strada della “proprietà di sé”, della self-ownership. Si tratta della tesi secondo cui solo il soggetto ha diritto di decidere su ciò che lo riguarda e per questo non può essere forzato a sacrificarsi per il bene di qualcun altro. Benché sia legittimo e perfino lodevole farlo, ciò è possibile solo quando questa decisione è una decisione autonoma che non deriva da interferenze esterne. Il welfare state, per esempio, viola in questo senso il diritto alla “proprietà di sé”. Il welfare state, infatti, attraverso la tassazione, prevede la fornitura di beni e servizi che vanno a vantaggio dei più svantaggiati. Essendo tale tassazione obbligatoria e non volontaria, la produzione di tali beni e servizi si fonda su una forma di violenza, una vera e propria rapina. Al riguardo Nozick fa l’esempio della “lotteria degli occhi”. Immaginiamo che la tecnica chirurgica abbia raggiunto un livello tale da permettere trapianti di occhi perfettamente sicuri sia per il donatore che per il ricevente il quale, dopo il trapianto, avrà la certezza di poter riacquistare pienamente la vista. In un mondo nel quale ci sono purtroppo molti che nascono ciechi o che lo diventano a seguito di malattie o traumi, la redistribuzione di un occhio da chi ne ha due a chi non ne ha neanche uno sano, rappresenterebbe un incremento dell’utilità complessiva.
La perdita di benessere di chi passa da due occhi ad uno, infatti, è minore dell’incremento di benessere che sperimenta chi passa da nessun occhio ad almeno un occhio sano. Tale politica secondo Nozick sarebbe compatibile sia con la logica utilitaristica che con il principio di differenza di Rawls. Perché dunque non obbligare chi ha due occhi sani, magari attraverso una lotteria, a “donarne” uno a chi non vede? Sarebbe ben strano dice Nozick. E allora perché, invece, siamo favorevoli alla redistribuzione del reddito che ha luogo nel welfare state? Come la redistribuzione degli occhi viola comprensibilmente il principio della “proprietà di sé” lo stesso possiamo dovremmo dire di ogni forma di redistribuzione non volontaria delle risorse o delle proprietà, come quelle che avvengono nel welfare state. E’ dunque in virtù di questo principio di “proprietà di sé”, spiega Nozick, che ognuno di noi può rivendicare la libertà di fare ciò che desidera senza nessuna interferenza esterna, solo a patto che non si violino gli analoghi diritti degli altri. Quindi, se si escludono i casi nei quali qualcuno si debba difendere da una mia aggressione o io debba essere punito per la violazione di qualche legge, nessuno ha il diritto di farmi fare qualcosa senza il mio consenso.
La sfera protetta di diritti
Ogni individuo, sostiene Nozick, è circondato da una “sfera protetta di diritti” nella quale nessuno può entrare senza il consenso dell’interessato. Questa concezione dei diritti individuali inviolabili non è certamente una esclusiva di Nozick. Un’idea simile la ritroviamo in Locke, in Mill e in molti altri pensatori liberali. Ciò che però in Nozick è originale è l’assolutizzazione del ruolo di tali diritti e la centralità che a questi viene attribuita nel suo intero sistema politico. Immaginiamo, con Nozick, che i diritti di libertà che derivano dal diritto fondamentale di “proprietà di sé” siano effettivamente inviolabili. Perché allora non dovremmo accettare la conclusione dell’anarchismo individualista rappresentata, per esempio, dalla posizione di Tucker, secondo cui ogni forma di potere pubblico è immorale? Questo è esattamente il punto di Nozick, che accetta le premesse dell’anarchismo ma che, allo stesso tempi, si propone di confutarne le conclusioni. Il punto di partenza del suo ragionamento è la costruzione di una vera e propria teoria dei diritti. Questi, nel suo schema, possiedono tre caratteristiche principali: innanzitutto vanno intesi in una accezione negativa, poi devono essere considerati come dei vincoli collaterali e, infine, devono essere considerati esaustivi. Il primo punto deriva dalla classica distinzione tra un diritto positivo e uno negativo. Prendiamo per esempio il diritto alla vita. In un’accezione positiva tale diritto implica che se mi trovo in pericolo di vita qualcun altro ha il dovere di mitigare tale rischio e di proteggere la mia vita.
Se sto morendo di fame qualcun altro ha il dovere di fornirmi il cibo. L’accezione negativa di tale diritto, al contrario, implica solamente che nessuno può attivamente mettere a rischio la mia esistenza. Ciò implica che nessuno ha il dovere di proteggerla attivamente. Secondo Nozick i diritti individuali sono generalmente diritti negativi. Possono diventare positivi solo a seguito di un accordo volontario. Per esempio attraverso un contratto. Se la mia vita è in pericolo ma io ho stipulato un contratto assicurativo oppure ho assunto una guardia del corpo, allora in caso di malattia l’assicuratore ha il dovere di pagare per le cure necessarie a curare la mia malattia o la guardia del corpo avrà il dovere di agire per scongiurare pericoli che potrebbero mettere a rischio la mia incolumità. Solo in questo caso si può parlare di un diritto positivo alla vita. Ma in generale, ci dice Nozick, i diritti vanno intesi in senso negativo, come diritti alla non-interferenza. Il secondo punto della teoria nozickiana dei diritti riguarda la possibilità che questi entrino in conflitto tra di loro. In Anarchia, Stato e Utopia si fa l’esempio di una folla inferocita che scatena una rivolta, saccheggia e uccide come risposta ad un crimine di cui crede colpevole un singolo individuo. Questa folla naturalmente viola i diritti di tutti quei cittadini che ne patiscono le violenze. “Si può essere tentati – scrive Nozick - di giustificare la punizione di una persona che noi sappiamo innocente del crimine che ha scatenato la furia della folla, in base alla ragione che punire questa persona gioverebbe a evitare violazioni di diritti ancora più gravi da parte di altri”.
Si finirebbe in questo modo nel praticare una sorta di “utilitarismo dei diritti”, in virtù del quale diventa legittimo violare il diritto di un singolo per proteggere i diritti di molti altri. La soluzione di Nozick a questo problema è quella di considerare i diritti come “vincoli collaterali” alle scelte dei singoli. I diritti, in questo senso, non sono qualcosa da “massimizzare”, come suggerirebbe l’approccio utilitaristico, ma costituiscono dei vincoli all’azione che devono solo essere rispettati; dei vincoli, cioè, che devono porre dei limiti alle azioni considerate legittime e giuste. La scelta di condannare il cittadino innocente per eliminare le conseguenze negative della rivolta, sebbene utilitaristicamente necessaria è, nell’impostazione di Nozick, assolutamente immorale. Infine, il terzo elemento che caratterizza la teoria dei diritti nell’approccio di Nozick è il fatto che questi sono “esaustivi”. Ciò significa che ogni diritto legittimo si deve basare o sulla “proprietà di sé” o sul libero e volontario consenso. Nessuna altra condizione può legittimamente violare la libertà individuale.
Un fine e non un mezzo
Se queste tre condizioni sono soddisfatte – diritti negativi, vincoli collaterali ed esaustivi - allora è possibile, come suggerisce Nozick - dedurre che questi non debbano essere sottomessi a nessuna considerazione legata al bene comune. Rimane ancora un punto da chiarire, però. Cosa ci rende, kantianamente, portatori del diritto a non essere trattati come mezzi? Risponde Nozick al riguardo “Tradizionalmente si propongono come caratteristiche distintive importanti connesse ai vincoli morali le seguenti: sensibilità e autocoscienza; razionalità (la capacità di usare concetti astratti, svincolati da reazioni a stimoli immediati); libero arbitrio; l’essere un agente morale, capace di comportarsi in base a principi morali e di impegnarsi in reciproche limitazioni di condotta; l’avere un’anima”. In altri termini le persone devono essere trattate come fini e non come mezzi perché hanno la capacità di attribuire significato alle loro vite. “L’impegno di una persona a dare forma alla propria vita secondo un piano globale – scrive il filosofo - è il suo modo di dare significato alla sua vita; solo un essere con capacità di modellare la propria vita in questo modo può avere una vita dotata di significato, o sforzarsi di averla”. È questa facoltà che attribuisce ad ogni essere umano il diritto di essere trattato come un fine in sé e non come un mezzo. Perché non si può liberamente generare una vita significativa a meno che questa non sia libera da interferenze esterne. Una vita significativa, quindi, prevede necessariamente il diritto alla “proprietà di sé”. Vedremo nelle prossime settimane che cosa questo significherà per l’idea di stato e di giustizia. Il tema centrale della nostra esplorazione.