I Commenti de «Il Sole 24 Ore» - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore.
di Vittorio Pelligra
Pubblicato su Il Sole 24 Ore il 09/06/2024
Se devo pensare ad un filosofo contemporaneo profondo, controverso, eclettico e geniale fino al limite dell’irritante, mi viene in mente solo un nome: Robert Nozick. Ci sarebbe anche quello di Ludwig Wittgenstein, veramente, ma quella è tutta un’altra storia. Nozick deve la sua popolarità principalmente ad un’opera che è la prima e più radicale critica alla teoria della giustizia di John Rawls. I due, con i loro libri più importanti Anarchia, Stato e Utopia e Una Teoria della Giustizia, hanno - come scrive il filosofo inglese John Meadowcroft - “inquadrato il dibattito contemporaneo sulla natura della giustizia rappresentando le due visioni fondamentali e opposte di ciò che costituisce una giusta distribuzione dei diritti, del reddito e della ricchezza” (“Nozick’s critique of Rawls: distribution, entitlement and the assumptive world of A Theory of Justice”. In The Cambridge Companion to Nozick’s Anarchy, State, and Utopia, Eds. R. M. Bader and J. Meadowcroft, Cambridge University Press, 2011).
Due visioni fondazionali e opposte
Come lui stesso sottolinea, per Nozick “Una Teoria della Giustizia è un’opera sistematica, vigorosa, profonda, sottile, di ampio respiro come non se ne vedevano dagli scritti di John Stuart Mill; è una fonte di idee illuminanti, ben integrate in un insieme piacevole – e continua sottolineando come - I filosofi della politica devono ora lavorare all’interno della teoria di Rawls, oppure spiegare perché non lo fanno”.
Detto questo la sua scelta è quello di lavorare al di fuori della teoria rawlsiana. La ragione principale è che, così scrive ancora “L’intera procedura di persone che scelgono principi nella posizione originaria di Rawls presuppone che nessuna concezione di giustizia storica centrata sul titolo valido sia corretta”. La posizione di Nozick è fondamentalmente opposta a quella di Rawls perché la sua idea di giustizia è “storica” e “centrata sul titolo valido”.
Un’idea che risulta totalmente incompatibile con l’idea di giustizia che emerge nella posizione originaria e dietro il velo di ignoranza così come presume Rawls. L’idea di Nozick presuppone una dimensione storica e procedurale della giustizia che quindi non riguarderà tanto le caratteristiche delle possibili distribuzioni dei benefici sociali o dei “beni primari”, quanto, piuttosto, la validità dei principi e delle regole che presiedono al funzionamento della società. Una società è giusta se la sua storia parte con i giusti presupposti, il “titolo valido” e si sviluppa, con esiti imprevisti e imprevedibili, seguendo regole giuste.
Le origini di Nozick
Robert Nozick nasce nel 1938 a New York da una famiglia di immigrati ebrei di origine russa. Frequenta la Columbia innamorandosi della filosofia grazie alle leggendarie lezioni di Sydney Morgenbesser, un mentore adorato dai suoi studenti, Nozick compreso. Come per il fisico Richard Feynman anche nel caso di Morgenbesser gli studenti e i conoscenti hanno raccolto e tramandato innumerevoli aneddoti divertenti e battute argute. Una volta venne fermato da un poliziotto mentre si accendeva la pipa all’uscita della metropolitana. Il poliziotto lo fermò per multarlo. Lui argomentò che il divieto di fumo riguarda l’interno della stazione non l’uscita.
Il poliziotto si disse d’accordo, ma anche obbligato a multarlo. Se l’avesse fatto andar via impunemente, infatti, avrebbe dovuto fare lo stesso con tutti gli altri che avesse colto in fallo allo stesso modo. Morgenbesser replicò dicendogli: “Ma chi ti credi di essere, Kant?!?”. In un’altra occasione J.L. Austin gli aveva fatto notare che mentre molto spesso una doppia negazione equivale ad una affermazione, in nessuna lingua esistente una doppia affermazione equivale ad una negazione. Morgenbesser, sornione e quasi annoiato rispose: “See, see”.
Il trasferimento
Incantato dalle possibilità dell’argomentazione filosofica, Nozick dopo la laurea alla Columbia si sposta poi a Princeton per il dottorato che conseguirà sotto la supervisione di Carl Hempel, uno degli ultimi esponenti dell’empirismo logico di stampo viennese. Dopo qualche girovagare nel 1969 approda ad Harvard dove rimarrà per il resto della sua vita, conclusa nel 2002 dopo una lunga malattia. Nozick e Rawls, dunque, furono colleghi nello stesso dipartimento di filosofia di Harvard. Tra il 1981 e il 1984 Nozick viene nominato direttore del dipartimento diventando, quindi, il “capo” di Rawls in quegli anni.
Il giovane Nozick si forma politicamente alle idee del socialismo. È impegnato nel partito di Norman Thomas e alla Columbia fonda una sezione della Lega studentesca per la democrazia industriale che poi cambierà il nome in Studenti per una società democratica. Risale agli anni del suo dottorato a Princeton il contatto con le idee libertarie favorito dall’amico Bruce Goldberg che lo presentò a Murray Rothbard con il quale, nel 1968, Nozick ebbe un dialogo fondamentale per la sua “conversione” all’approccio libertario e alla prospettiva anarchica. Grazie a queste influenze negli anni, non senza esitazioni, Nozick diventerà, come scrive Ralph Bader, un “libertario riluttante” (Nozick. Major Conservative and Libertarian Thinkers, Continuum, 2010). Le ragioni di questa “conversione” sono esposte in Anarchia, Stato e Utopia.
Il filosofo politico
Il punto di partenza per l’analisi di quest’opera è dato dal fatto che Nozick non aveva nessuna intenzione di diventare un filosofo politico. Era più interessato ad altre questioni. La sua tesi di dottorato, per esempio, si occupava della teoria della scelta razionale e avrebbe voluto dedicare le sue energie di ricercatore al tema del libero arbitrio. Per questa ragione descrive la pubblicazione di quello che sarà unanimemente considerato il suo libro più importante come “un incidente”. Anarchia, Stato e Utopia gli guadagnerà un’enorme influenza ma susciterà, al contempo, innumerevoli discussioni e critiche.
Egli non volle mai rispondere a nessuna di queste critiche. Con arguta ironia confida: “Non volevo passare la vita a scrivere Il figlio di Anarchia, Stato e Utopia, “Il ritorno del figlio di…, ecc. Avevo altre domande filosofiche a cui pensare” (Puzzle socratici. Raffaello Cortina Editore, 1999). Domande alle quali rivolgerà infatti la sua riflessione e gran parte delle opere successive: da Spiegazioni filosofiche (Il Saggiatore, 1987) a La vita pensata (Mondadori, 1990), da La natura della razionalità (Feltrinelli, 1995) fino a Puzzle socratici e l’ultimo libro Invarianze (Fazi, 2003).
Potrà sembrare strano, visto l’enorme differenza delle conclusioni a cui Rawls e Nozick giungeranno, ma la loro riflessione politica si sviluppa in risposta alla stessa esigenza: la critica all’utilitarismo che fino a quegli anni aveva dominato il panorama del pensiero politico liberale.
L’approccio utilitaristico
Nell’approccio utilitaristico – ne abbiamo parlato a lungo nelle settimane passate - il benessere di una società è dato dall’aggregazione delle utilità dei singoli individui. Ogni intervento politico deve essere valutato, quindi, sulla base degli incrementi o delle riduzioni del benessere sociale che esso produrrà. Questo vuol dire, per esempio, che se per costruire una strada che aumenterà di poco il benessere di moltissimi cittadini, sarà necessario diminuire considerevolmente il benessere di pochi a causa dell’espropriazione di case o terreni, tale politica troverà supporto nel principio utilitaristico poiché la somma di piccoli ma numerosi incrementi supererà con tutta probabilità quella di poche ma considerevoli riduzioni del benessere.
Con lo stesso argomento è possibile giustificare politiche redistributive del reddito. Siccome, per il principio dell’utilità marginale decrescente, la stessa somma di denaro produce più utilità per chi ha un reddito basso rispetto a quella che produce in chi ha un reddito elevato, allora la riduzione del reddito di questi ultimi attraverso una redistribuzione verso i più poveri non farà altro che aumentare il benessere sociale inteso come somma delle utilità individuali.
Emerge, quindi, che una delle caratteristiche principali dell’utilitarismo è la possibilità di “scambiare” il benessere dei singoli individui focalizzandosi sul benessere collettivo. Se è possibile far star meglio due persone facendone star peggio una sola, allora ben venga, sostengono gli utilitaristi. Un approccio non estraneo a molte delle pratiche politiche contemporanee. Su questo punto la critica di Rawls e di Nozick è comune.
L’insoddisfazione
L’insoddisfazione rispetto a tale posizione, come scrive Rawls in Una Teoria della Giustizia, nasce dal fatto che l’utilitarismo “non prende sul serio la distinzione tra le persone” (Rawls: 1999a, p. 24). Ciò vuol dire che sebbene sia possibile immaginare un singolo individuo che soppesa l’effetto netto di una perdita e di un guadagno di utilità per prendere una decisione che lo riguarda personalmente, non è concepibile una stessa operazione tra soggetti differenti. Se da una parte è ragionevole scegliere di andare dal dentista, per usare uno degli esempi di Nozick, per evitare sofferenze peggiori che potrebbero manifestarsi in futuro, appare meno ragionevole limitare la libertà di pochi anche se questo dovesse portare un beneficio a molti. Perché non sarebbe giusto farlo?
“Perché (…) non esiste alcuna entità sociale - scrive Nozick a questo riguardo - con un proprio bene, che sopporti sacrifici per il suo bene. Ci sono solo individui, individui differenti, con vite individuali differenti. Usando uno di questi individui a beneficio di altri, si usa lui e si reca beneficio agli altri, niente di più: gli viene fatto qualcosa a vantaggio di altri. Parlare di un bene sociale complessivo nasconde tutto ciò. (Intenzionalmente?) Usare una persona in questo modo non rispetta né tiene in sufficiente considerazione il fatto che si tratta di una persona separata, che la sua è l’unica vita che ha da vivere. Quella persona non ottiene dal proprio sacrificio alcun bene che ne superi il valore, e nessuno ha titolo per costringerlo a ciò - meno di tutti uno stato o governo che pretenda la sua obbedienza (cosa che altri individui non fanno) e che pertanto deve essere scrupolosamente neutrale nei confronti di tutti i suoi cittadini” (Anarchia, Stato e Utopia, Il Saggiatore, 2000, p. 54).
La scelta
Qual è l’alternativa allora? L’alternativa va ricercata per entrambi i filosofi nell’etica kantiana e nella sua prospettiva che vede gli individui essenzialmente come fini e non come mezzi. Non puoi usare nessuno, contro la sua volontà, neanche se questo dovesse produrre un grande beneficio per molti.
Sarà interessante vedere come due teorie che partono dallo stesso problema e propongono di trovare una soluzione sulla base dello stesso approccio, finiranno per arrivare a conclusioni così diametralmente opposte: il liberalismo socialdemocratico rawlsiano, da una parte, e l’anarchia libertaria di Nozick, dall’altra. Abbiamo appena iniziato l’esplorazione di questa bizzarra vicenda.
Credits foto: © Diego Sarà