Mind the economy

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Quanto possiamo fidarci dei beni di fiducia quando a pagare è qualcun altro?

I Commenti de "Il Sole 24 Ore" - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore

di Vittorio Pelligra

pubblicato su Il Sole 24 ore del 30/01/2022

Quando portiamo la macchina dal meccanico o il computer dal tecnico per delle riparazioni, quando andiamo dal medico per una diagnosi e perfino quando prendiamo un taxi in una città diversa dalla nostra, stiamo acquistando dei credence goods, beni dei quali è possibile valutare l’utilità solo dopo averli acquistati. Un riparatore esperto, al contrario, così come il medico e il tassista, sono perfettamente in grado di valutare quale tipo di bene o servizio fa veramente al caso nostro, quale soddisfa meglio e al miglior prezzo le nostre necessità.

Tre tipi di inefficienze

È questo tipo di asimmetria che caratterizza i credence goods che in italiano, non a caso, indichiamo con il nome di “beni di fiducia”. Le inefficienze che si possono determinare nella produzione e nello scambio di questi beni, proprio a causa dell’asimmetria informativa tra produttore e consumatore, assumono tre forme differenti: il consumatore può venire “sovra-trattato” (overtreated), può ricevere, cioè, un servizio dalle caratteristiche eccessive rispetto al necessario: un meccanico che sostituisce anche pezzi che avrebbero continuato a funzionare bene, un medico che prescrive anche la TAC nonostante un’ecografia sarebbe potuta essere sufficiente; oppure può, al contrario, venire “sotto-trattato” (undertrated). Non tutti i pezzi difettosi vengono effettivamente sostituiti o, per esempio, il medico non dedica abbastanza tempo e impegno ad elaborare una diagnosi adeguata. Infine, la riparazione dell’auto potrebbe essere adeguata così come la diagnosi medica, ma il meccanico e il medico possono addebitare dei costi superiori a quelli effettivamente sostenuti, affermando, per esempio, di aver cambiato il filtro dell’aria o di avere utilizzato un reagente particolarmente costoso per avere un risultato diagnostico più preciso, anche non avendolo fatto. In questo caso il consumatore o il paziente viene “sovra-caricato” (overcharged).

Le leve per ridurre i rischi

Naturalmente la presenza di tutti questi rischi rende i mercati dei credence goods particolarmente problematici. Le leve su cui operare per ridurre i rischi sono state individuate in due concetti differenti: la responsabilità e la verificabilità. Per “responsabilità”, si intende il fatto che il venditore o il fornitore è tenuto a vendere un bene o un servizio che soddisfi le effettive esigenze del cliente. La responsabilità, così intesa, previene il problema dell’undertreatment, ma non necessariamente i problemi di overtreatment o di over-charging.

La “verificabilità”, invece, prevede il fatto che il cliente venga messo in grado di osservare il tipo e la qualità del prodotto consegnato. Quando si richiede al riparatore il pezzo dell’auto o del computer che è stato sostituito si agisce esattamente in questa direzione. La verificabilità, in questo modo, potrebbe prevenire il problema dell’overcharging, ma non necessariamente i problemi di over- o under-treatment.

La teoria economica standard prevede che se i principi di responsabilità e verificabilità non sono implementati, allora gli esperti forniranno sempre servizi di qualità bassa facendoli pagare come quelli di qualità alta. Questo in teoria, dicevamo, e in pratica? Davvero questi rischi previsti dalla teoria si verificano nella realtà? E con quale frequenza?

L’esperimento sul campo

Henry Schneider, economista della Queen’s University in Canada, ha cercato di rispondere a queste domande nell’ambito del mercato delle riparazioni automobilistiche. A questo fine ha escogitato un esperimento sul campo durante il quale visita 40 officine dislocate in quattro città differenti di due diverse contee del Connecticut. In ognuna di queste officine si reca con un’auto piuttosto malmessa: il cavo della batteria allentato che causa problemi con l’avviamento; il liquido nel radiatore ad un livello insufficiente; una luce posteriore mancante; il cavo di una candela usurato e altre parti usurate ma ancora ben funzionanti. La tipologia di questi problemi viene attentamente pensata per individuare casi di overtreatment e di undertreatment. Il problema di avviamento, per esempio, si può risolvere sia sostituendo il cavo della batteria, che cambiando, ingiustificatamente, tutto il motorino di avviamento. Al contempo il liquido di raffreddamento basso e il fanalino mancante aiutano ad indentificare l’impegno profuso dal meccanico per risolvere anche problemi minori, non urgenti, ma potenzialmente pericolosi.

Il ruolo della reputazione

Schneider introduce un ulteriore elemento di interesse nel suo esperimento: il ruolo della reputazione. In metà delle officine, infatti, quando porta l’auto a riparare, fa notare incidentalmente che si sta per trasferire a Chicago e che vuole far controllare l’auto prima di affrontare un lungo viaggio di sola andata. Nel secondo gruppo di officine, al contrario, racconta di essersi appena trasferito in quella città e che si appresta a fare un ulteriore viaggio di andata e ritorno per terminare il trasloco. Nel primo caso il meccanico capisce di avere a che fare con un cliente che, presumibilmente, non rivedrà mai più, nel secondo caso, invece, si presenta un cliente con il quale, potenzialmente, intraprendere una relazione di lunga durata. Solo in questo secondo caso il meccanico avrebbe un incentivo ad investire in reputazione.

Quali comportamenti emergeranno in quest’esperimento e quale efficacia mostrerà la possibilità di costruirsi una reputazione nel mitigare eventuali comportamenti opportunistici?

Il primo dato degno di nota è la differenza di costi.  Nel trattamento senza reputazione le officine fanno pagare in media $ 59,75 per la visita diagnostica necessaria ad elaborare un preventivo dei lavori di riparazione, mentre il costo medio nel trattamento con reputazione è pari a $ 37,70. Per il resto i dati di Schneider mostrano che, indipendentemente dal ruolo della reputazione, il 30% circa dei meccanici propone interventi non necessari. Ciò che denota, quindi, il comportamento dei meccanici è il problema dell’overtreatment: hanno fatto pagare il giusto per interventi che, però, non erano strettamente necessari e la possibilità di investire in reputazione sembra non avere nessun impatto sull’incidenza di questo comportamento (“Agency Problems and Reputation in Expert Services: Evidence from Auto Repair”, Journal of Industrial Economics, 60(3), 2012, pp. 406-433). La verificabilità legata alla presenza dei pezzi sostituiti riduce il problema di undertreatment ma non previene l’overtreatment e l’overcharging sul costo del preventivo.

Possibili soluzioni

Come superare questo problema? Schneider suggerisce alcune soluzioni. La prima potrebbe avere a che fare con una valutazione pubblica da parte di terzi circa la qualità del servizio, sulla falsariga di quanto avviene per i ristoranti sottoposti al regime della Hygiene Grade Card, che abbiamo descritto qualche settimana fa. Una seconda possibilità è quella di prevedere la separazione delle imprese che fanno la diagnosi da quelle che eseguono i lavori di riparazione. Questo ridurrebbe gli incentivi dei meccanici a raccomandare un trattamento eccessivo. Qualcosa del genere si aveva quando era in vigore la separazione tra banche commerciali e banche d’affari che prevedeva l’impossibilità di utilizzare i risparmi dei correntisti per finanziare operazioni di trading proprietario. In terzo luogo, si potrebbero sfruttare meccanismi reputazioni come quelli implementati da piattaforme come Tripadvisor, Yelp, Reclame Aqui, RepairPal, etc.

Un secondo esperimento: sui taxi

In un secondo esperimento sul campo, l’economista austriaco Matthias Sutter coi suoi colleghi, hanno studiato il classico mercato dei taxi (Balafoutas, L., A. Beck, R. Kerschbamer, and M. Sutter., “What drives taxi drivers? A field experiment on fraud in a market for credence goods”, Review of Economic Studies. 80, 2013, pp. 876–91). In questo studio, gli sperimentatori, sotto copertura, se ne vanno in giro in taxi per la città di Atene.

In particolare, tre alla volta, parallelamente, chiedono a tre tassisti differenti di essere accompagnati dal medesimo punto di partenza verso la stessa destinazione. L’unica differenza è che il primo sperimentatore rende evidente al tassista che è un abitante di Atene, il secondo, invece, che è di nazionalità greca ma non abita ad Atene e il terzo, infine, finge di essere un turista straniero.

I tre trattamenti sono stati pensati per manipolare in questo modo la percezione del tassista del livello di asimmetria informativa connesso sia alla conoscenza della strada migliore per raggiungere più velocemente ed economicamente la destinazione prescelta, sia al funzionamento delle tariffe nella città di Atene. Ogni sperimentatore è dotato di un registratore GPS che gli consente di registrare l’esatto percorso compiuto dal tassista. Questo permette, in una seconda fase, di confrontare la distanza percorsa, il tempo impiegato e la tariffa richiesta a tutti i passeggeri appartenenti ai tre gruppi diversi: ateniese, greco, straniero. In totale, sono state effettuate 348 corse per un totale complessivo di 4.400 km percorsi.

I dati mettono in luce un chiaro fenomeno di overtreatment perché, complessivamente, sia i passeggeri greci non ateniesi che gli stranieri, per raggiungere le medesime destinazione dei passeggeri ateniesi, sono stati sottoposti a corse significativamente più lunghe. I passeggeri stranieri, inoltre, hanno anche pagato, nel 26 per cento dei casi, più del dovuto. Gli autori dello studio concludono così: «In sintesi, l’esperimento sul campo fornisce prove convincenti che i venditori esperti rispondono in modo prevedibile ai vantaggi informativi (percepiti) rispetto al percorso ottimale o al sistema tariffario in modo prevedibile. Mentre la maggior parte dei conducenti si sono comportati onestamente anche nei confronti di passeggeri con informazioni inferiori, questi ultimi sono stati comunque truffati più di frequente».

Come intervenire?

Dal punto di vista delle politiche di contrasto si potrebbe, per esempio, imporre l’utilizzo obbligatorio di navigatori satellitari che mostrino al passeggero, in tempo reale, il percorso utilizzato e quello suggerito oppure, come già si fa in molte città anche italiane, imporre delle tariffe fisse per tratte standard e molto utilizzate come quelle tra aeroporti e centro città.

Un ulteriore elemento studiato nell’esperimento dei taxi di Atene riguarda il cosiddetto “problema di azzardo morale di secondo ordine”. Cosa capita se il tassista scopre che, alto o basso, il conto della corsa che presenterà al passeggero verrà pagato da qualcun altro? Per rispondere a questa domanda, all’inizio di un certo numero di corse gli sperimentatori chiedevano al tassista se sarebbe stato possibile avere una ricevuta del pagamento dicendo che gli serviva per farsi rimborsare il costo dal datore di lavoro. Questo elemento non è stato affatto neutrale, visto che in questi casi la probabilità di vedersi presentare un conto maggiorato cresce del 17 per cento.

Terzo esperimento: sui riparatori di computer

Un terzo studio può aiutarci a capire meglio la logica che sottende a questo fenomeno. Nel 2016, Matthias Sutter e i suoi colleghi pubblicano uno studio sui prestigiosi “Proceedings of the National Academy of Sciences” nel quale viene analizzato il mercato dei riparatori di computer in Austria. Vengono considerati 61 riparatori ai quali vengono portati dei computer identici perfettamente funzionanti se non fosse per un banco di memoria danneggiato intenzionalmente che impedisce al computer di avviarsi.

Nel lasciare il computer per la diagnosi del guasto i finti clienti riferiscono a metà dei riparatori il fatto di aver bisogno di una particolare fattura da presentare all’assicurazione per ottenere il rimborso delle spese di riparazione. Gli autori dello studio si aspettavano un aumento dei costi in questo secondo trattamento ma non dell’entità registrata: da una media di 70 euro a riparazione nel caso senza assicurazione fino ad una media di 129 euro nel caso di computer assicurati, con punte di oltre 200 euro dovute ad un eccesso di interventi tanto costosi quanto superflui (Kerschbamer, R., D. Neururer, and M. Sutter. (2016), “Insurance coverage of customers induces dishonesty of sellers in markets for credence goods”, PNAS – Proceedings of the National Academy of Sciences. 113, 7454–8).

Sono molti e delicati i mercati nei quali gli acquirenti sostengono solo una parte del costo effettivo del bene o del servizio. Si pensi ai servizi sanitari coperti da un’assicurazione medica, per esempio. Un’inchiesta del “Der Spiegel” di qualche anno fa ha quantificato i danni per il settore assicurativo tedesco derivanti da fatture mediche false o gonfiate in una cifra oscillante tra i 6 e i 24 miliardi di euro. Si capisce, quindi, quanto il tema sia rilevante e non solo da un punto di vista puramente teorico. L’economista cinese della Renmin University Fangwen Lu ha organizzato un esperimento sul campo per analizzare sia l’effetto degli incentivi diretti che dell’azzardo morale di secondo ordine sul comportamento di un campione di medici in Cina. I pazienti coinvolti variano secondo due dimensioni: la prima riguarda il fatto che alcuni acquisteranno le medicine prescritte direttamente dal medico che le prescrive mentre altri invece da un fornitore terzo. La seconda dimensione, invece, riguarda il fatto che alcuni pazienti sono assicurati mentre altri, invece, pagano direttamente le loro spese mediche. I risultati suggeriscono che, quando i medici si aspettano di lucrare sulla spesa per i farmaci dei pazienti, se questi sono assicurati, allora prescrivono farmaci per un costo maggiorato del 43% rispetto a quelli prescritti agli altri pazienti non assicurati.

In un’economia nella quale vengono prodotti e scambiati sempre più beni immateriali, servizi alla persona, prestazioni personalizzate e ad alto contenuto relazionale, la rilevanza dei “beni di fiducia” è destinata ad aumentare considerevolmente. Gli strumenti normativi ed istituzionali tradizionali non sembrano particolarmente efficaci nel garantire l’efficienza di questi mercati. Si nota quasi una divergenza tra esigenze sempre nuove e strumenti di regolazione che faticano a tenere il passo. Quello dei mercati dei credence goods può, certamente, essere un interessante laboratorio di sperimentazione ed innovazione per nuovi strumenti capaci di tutelare quel bene prezioso che si chiama “fiducia”.

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