La fedeltà e il riscatto/4 - E se questa "gran notte di Dio" fosse un lungo combattimento con l’angelo?
di Luigino Bruni
Pubblicato su Avvenire il 18/04/2021
"L'attaccamento è rovinoso, ed è il tuo nemico. Chi si forma un legame è perduto".
Philip Roth, L’animale morente
Noemi arriva, assieme a Rut, a Betlemme. Qui continua il dialogo con altre donne e, sentendosi condannata da Dio, chiede invano di essere chiamata non “la dolce” ma “l’amara”.
«Vedendo che era davvero decisa ad andare con lei, Noemi smise di parlarle» (Rt 1,18). Rut aveva appena pronunciato la sua dichiarazione di fedeltà incondizionale a Noemi, e questa non reagisce, anzi sembra quasi infastidita da quella ostinazione ("smise di parlarle"). Chi ha la vocazione a seguire Noemi è Rut, non Noemi a stare con Rut. È Rut che vede in quel rapporto fedele il proprio posto al mondo, non Noemi.
Non è raro ritrovare nelle vocazioni umane questi assetti asimmetrici, questa reciprocità imperfetta. Qualcuno, qualcuna, sente chiaramente una vocazione, legge il proprio nome nella sequela di una persona, di una comunità, di un carisma. Lascia tutto, parte, piange, arriva. E lì, giunto nella terra promessa, si ritrova come Abramo in una terra straniera, ospite non-residente e non-gradito dagli abitanti. E qualche volta la persona dalla quale ci siamo sentiti chiamati sembra quasi disturbata dal vederci attorno - o, quantomeno, così ci appare. Queste cose capitano (e possono anche durare molti mesi e anni) perché, semplicemente, le voci che ci chiamano sono più grandi delle persone che le incarnano. Nessun carismatico è il carisma: gli dà voce, volto e carni, ma è diverso ed è più piccolo. Le persone hanno limiti, fanno errori e peccati; i nostri ideali no, sono puri e perfetti. Partiamo inseguendo un ideale e ci ritroviamo, inevitabilmente, a seguire persone, e quindi i loro limiti e i loro peccati. Le vocazioni non vanno a male se, e fino a quando, riescono a camminare senza farsi bloccare dai limiti e dai peccati che solo il cammino ci svela (non la prima vocazione).
Il momento decisivo nella vocazione di Rut fu affrontare il silenzio della strada, elaborare le non-parole di Noemi, accettare il suo essere di troppo, che continuerà anche arrivando a Betlemme, quando nei dialoghi di Noemi con le donne Rut sembra invisibile, e incapace di portare consolazione e gioia a Noemi. «Esse continuarono il viaggio, finché giunsero a Betlemme. Quando giunsero a Betlemme, tutta la città fu in subbuglio per causa loro, e le donne dicevano: "Ma questa è Noemi!?"» (1,19). Noemi torna nella sua città, dopo dieci anni da quando era partita con suo marito e i suoi due figli maschi. Le tradizioni rabbiniche hanno interpretato in molti modi questo "subbuglio" della città (la Bibbia è ancora viva grazie alle sue molte interpretazioni delle parole scritte e non scritte). Il Midrash Rabbah aggiunge che nel giorno del ritorno di Noemi si stava svolgendo il funerale della moglie di Boaz, il futuro "riscattatore" di Rut, e «tutto Israele si radunò per renderle omaggio».
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