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Imprenditori: re, profeti e sacerdoti

Se un imprenditore non è re, non avrà la capacità di guidare la sua azienda. Se non è profeta o sacerdote, non saprà discernere né mediare. 

di Luigino Bruni

pubblicato sul Messaggero di Sant'Antonio il 12/03/2020

All’inizio delle grandi storie spirituali, come quelle di movimenti spirituali o di comunità carismatiche, nei fondatori coesistono le vocazione di re, profeta e sacerdote. I fondatori governano, combattono, conquistano, guidano (re), parlano al loro popolo in nome di Dio (profeta), e dicono a Dio le parole e i gesti degli uomini (sacerdote). Questa natura una e trina è tipica dei momenti aurorali delle comunità ed è dono straordinario per persone che hanno compiti speciali.

Ma ogni persona, non solo quelle con doni speciali, se la vita cresce bene e fiorisce, si trova nel corso della vita a essere profeta, sacerdote, re. Tutti, prima o poi, nell’arco dell’esistenza, fondiamo e governiamo una famiglia, un’impresa, una comunità, un ufficio, promuoviamo un’azione collettiva, piccola o grande (re). Udiamo una voce che ci sussurra dentro parole diverse dalle nostre, e ci chiama a ripeterle a qualcuno, per poterlo salvare (profeta). E tutti, alla sera, abbiamo sentito almeno una volta il bisogno di alzare gli occhi e dire «grazie» per il frutto del nostro lavoro, per una sposa, per un figlio, e di dire grazie anche per loro e in nome loro e, alla fine della vita, siamo capaci di prendere il nostro corpo e, con il nostro ultimo amen, trasformarlo in eucaristia della terra (sacerdote). Ciò quindi che la Chiesa attribuisce al Cristo, in realtà è qualcosa che appartiene a ogni uomo e a ogni donna. Poi è anche vero che ciascuno di noi sviluppa e incarna soprattutto una di queste tre note, e spende la vita a guidare gruppi di persone, a sentire dentro una voce che parla e gli dice di parlare, a svolgere funzioni di mediazione tra cielo e terra. Ma le tre dimensioni restano tutte attive e operanti, fino alla fine.

Pensiamo alla figura dell’imprenditore. Questi, senz’altro, è soprattutto qualcuno/a che incarna una funzione di guida, di capo, di leader (di «re»). Deve fondare, orientare, decidere, combattere, non mollare, dare sicurezze, creare mezzi e risorse per tutti, mostrarsi capace di nuovi orizzonti e nuove idee, più o meno ogni giorno. Ma se mentre svolge questa funzione di guida non sa ascoltare, in certi momenti cruciali, una voce interiore che gli parla, non sa discernere la voce buona dalla voce del serpente, se non sa fare silenzio per ascoltare le parole di questa voce buona, la sua leadership è molto debole, dura poco e porta pochissimi frutti. E se non è capace di mediare tra la sua comunità aziendale e altre persone e comunità più grandi e alte, come quella politica o civile, se non sa mediare tra economia e politica, tra economia e società, se non sa interagire con persone e istituzioni più in alto di lui/lei, l’imprenditore non riesce a superare le crisi decisive che sempre arrivano, prima o poi, nel cammino di un’azienda.

Quando all’imprenditore manca la dimensione del «re» abbiamo aziende senza personalità e senza capacità di orientare e guidare, ed è facile intravvedere la fine immediata. Più difficile è vedere le lacune quando viene meno la funzione di profeta e di sacerdote. Queste aziende non vanno in crisi subito e velocemente, perché la crisi ha un lungo tempo di incubazione e possono trascorrere molti anni senza che emerga. Ma, prima o poi, arriva, e con essa la fine.

Non è facile notare la carenza di queste altre due funzioni nei responsabili di comunità e imprese. Ma grande è il dono di avere qualcuno capace di vederle e di denunciarle, perché è il primo passo di una cura che diventerà decisiva.

Credits foto: © Giuliano Dinon / Archivio MSA

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