La settimana di Papa Francesco - Assisi, 24 settembre
di Luigino Bruni
pubblicato sull'Osservatore Romano del 30/09/2022
«Il tempo è superiore allo spazio». Quindi attivare processi, non occupare spazi. Con questo principio antropologico e teologico Papa Francesco aveva inaugurato con l’Evangelii gaudium il suo pontificato. Economy of Francesco (EoF, come la chiamano i giovani) è uno dei processi che ha attivato. I giovani sono soltanto processo: per loro il tempo è superiore allo spazio per vocazione naturale. Hanno solo il tempo e il futuro come loro capitale. Quindi ogni volta che si dà fiducia ad un giovane si attiva un processo, e ogni volta che si dà fiducia ad un insieme di giovani si genera un processo collettivo dagli esiti imprevedibili: «Martin Luther King amava dire: “se mi dicessero che domani ci sarà la fine del mondo, pianterei un albero”: noi siamo l’albero che tu hai piantato, un albero che cresce mentre una foresta cade». Con queste parole i giovani hanno accolto Francesco nella terra di Francesco, ad Assisi, il 24 settembre 2022.
Un processo innescato nel maggio del 2019, da una lettera di convocazione firmata dal Papa, che chiamava i giovani ad Assisi per il 26-28 marzo 2020. In migliaia risposero a quell’invito, che per tanti è stata una autentica vocazione. Poi arrivò il covid, tutto il mondo si fermò, e il 27 marzo invece di essere ad Assisi il Papa stava da solo, in preghiera, in una vuota piazza San Pietro.
Quel male comune globale ha generato un bene comune globale: l’Economia di Francesco. I giovani non si fermarono, e mentre il mondo si bloccava impaurito, i giovani iniziarono ad incontrarsi online. Crearono una piattaforma, centinaia di incontri via zoom, scuole (EoF School), persino una Academy con 18 borsisti. Hanno creduto, hanno sperato che quel grande dolore potesse trasformare un evento mancato in un vero e proprio processo innovativo.
Il covid è durato due anni e oltre, nel frattempo è esplosa una guerra, ma quei giovani, chiamati uno ad uno per nome non si sono fermati: hanno continuato a credere, a sperare, ad amare.
Dietro l’abbraccio infinito dei giovani col Papa ad Assisi c’erano il covid, il dolore per i molti nonni e amici persi durante la pandemia, la sofferenza per la guerra in Ucraina e in molti altri paesi del mondo, la grave crisi ambientale che peggiora ogni giorno; ma c’erano anche le loro speranze, la loro fede, la loro agape, la loro voglia di futuro e quindi di un presente diverso: «Noi non siamo futuro, un futuro che non arriva mai: noi siamo presente», hanno detto ancora al Papa. I giovani sono un modo diverso di pensare e interpretare il presente: con ottimismo, positività, gratuità, generosità, speranza.
Tra i numerosi messaggi partiti da Assisi ne voglio sottolineare tre.
Innanzitutto Assisi, san Francesco, santa Chiara. Assisi è tutta un messaggio, lo sappiamo. È una città il cui solo nome contiene un intero umanesimo, contiene la terra e il cielo. È stato enorme l’impatto di Francesco sui giovani. Era impressionante vederli, nei lunghi spazi del programma riservati ai “tu-a-tu con Francesco” nei luoghi storici e carismatici (Spoliazione, Rivotorto, San Damiano...), in dialogo con quel giovane vissuto ottocento anni fa eppure così loro amico contemporaneo.
Assisi non lascia indenne nessuno, soprattutto i giovani. Quel «Va’ Francesco e ripara la mia casa che va in rovina» tanti l’hanno sentito rivolto oggi a loro. Hanno risentito il fascino di quel giovane nato ricco e diventato povero perché incantato da un’altra ricchezza più grande. Hanno provato una nuova stima per la povertà evangelica come via di libertà e di felicità.
I giovani hanno una naturale assonanza con il carisma francescano, perché nato da un giovane e perché ogni giovane sente il fascino di una vita liberata dai beni materiali per cercare beni più grandi e durevoli. L’incontro con Francesco li ha segnati, commossi, mossi all’azione, quella sua povertà diversa li ha incantati. E questo poteva avvenire soltanto ad Assisi.
Un secondo messaggio riguarda i giovani. In questi ultimi anni sono profondamente cambiati. La grande crisi ambientale per loro non è sentita come dagli adulti. Per i giovani curare la terra è questione di vita o di morte. E quindi vogliono cambiare l’economia, che vedono come la prima responsabile della profanazione del pianeta. Lo abbiamo visto con la generazione Greta, lo abbiamo rivisto ad Assisi. Questi giovani si incontrano perché si sentono chiamati ad un impegno di cambiamento in ambiti precisi della vita, in questo caso l’economia e l’ecologia.
Siamo dentro a un nuovo Sessantotto: anche questi giovani sono critici verso i loro padri, e vogliono cambiare il mondo. Un Sessantotto però meno ideologico e meno violento, con la Chiesa che non è più il nemico da combattere perché il Papa è un loro leader (è stato straordinario vedere la forza simbolica della persona di Francesco, una figura di “buon pastore” di cui i giovani hanno un estremo bisogno in tempo di “mercenari” e falsi profeti).
Dovremmo riflettere nel pensare alle nuove Giornate mondiali della gioventù: i giovani vogliono cantare e fare festa, certo: ma oggi vogliono impegno per cambiare il mondo nei luoghi dove si concentrano le sfide del nostro tempo.
Infine la spiritualità e la preghiera. In quei tre giorni non ci sono state liturgie, preghiere collettive né messe. Ma quando alla fine del suo apprezzatissimo discorso Papa Francesco ha recitato una preghiera, si è creato un clima sacro di paradiso. Quella preghiera e la stessa parola «Dio» scesa in uno spazio vuoto ha prodotto qualcosa di immenso. A dirci che i giovani sono grandi cercatori di spiritualità, Dio interessa loro ancora molto; hanno però bisogno di nuove narrative, di nuovi codici simbolici, di nuovi spazi liberati per poter ascoltare una «sottile voce di silenzio» (profeta Elia).
Questa voce sottile è diventata canto (inclusa la bellissima canzone di Guccini sulla «sentinella»), un canto che non si fermerà perché è inarrestabile.
Buon viaggio ragazzi.