Intervista a Felix Finkbeiner che dall’età di nove anni ha iniziato a piantare alberi. La sua associazione “Plant for the Planet” è ormai diffusa in tutto il mondo grazie all’aiuto di altri ragazzi attenti all’ambiente.
Di Lorenzo Russo
Pubblicato su Città Nuova il 20/11/2018
Felix Finkbeiner, è un ragazzo tedesco di 20 anni ed è considerato un Change Maker, ovvero colui che fa qualcosa per cambiare le regole attraverso buone pratiche, volte a favorire modelli economici alternativi, orientati allo sviluppo umano integrale e alla sostenibilità. Ha già piantato oltre 20 miliardi di alberi in giro per il mondo.
Lo abbiamo incontrato a Castel Gandolfo in occasione del convegno Prophetic Economy che ha riunito oltre 500 persone che hanno in comune la voglia di cambiare il mondo con un’economia volta al bene comune.
Felix come porti avanti questa iniziativa e che impatto ha per il clima?
Con il supporto di molte aziende governative e organizzazioni di tutto il mondo che ci hanno aiutato negli ultimi 10 anni, siamo riusciti a piantare circa 15 miliardi di alberi in tutto il mondo. Perché ogni albero che piantiamo, assorbe carbonio, prende una CO2 che estraiamo dall’atmosfera e il nostro obiettivo è convincere il mondo a piantare un trilione di alberi. Quindi circa centocinquanta alberi per ogni persona nel mondo. Questo è il numero massimo di alberi che potremmo piantare. E se riuscissimo a piantare questi trilioni di alberi, catturerebbero circa un quarto delle emissioni di carbonio prodotte dall’uomo.
Da quanto tempo pianti alberi e com’è nata questa passione?
Ho iniziato a piantare alberi circa 11 anni fa (a 9 anni) perché mi è stato chiesto di fare una piccola presentazione a scuola, sulla crisi climatica. Preparando la presentazione ho scoperto Wangari Maathai, una donna keniota che aveva piantato 30 milioni di alberi in 30 anni insieme a molte altre donne. Quindi, noi bambini, noi studenti di quarta elementare pensavamo di poter anche iniziare a piantare un milione di alberi in ogni paese del mondo. E poco dopo abbiamo piantato il nostro primo albero. Alcune altre scuole hanno iniziato a unirsi a noi. E uno studente un po’ più grande ha creato per noi un sito web molto semplice, che era essenzialmente solo una classifica tra le scuole locali di chi aveva piantato più alberi e molte scuole hanno iniziato una competizione su chi piantava più alberi. Ed è così che Plant for the planet si è diffuso rapidamente. Inizialmente in Germania e dopo un anno avevamo piantato circa 50 mila alberi. E dopo tre anni un milione di alberi. E poco dopo Plant for the planet si è diffuso in molti altri paesi. E ora abbiamo circa 70.000 membri. Quindi giovani bambini in circa 70 paesi che piantano alberi nei loro paesi e convincono gli altri ad aiutarli. Ma ovviamente non possiamo raggiungere questi obiettivi da noi, solo da noi come bambini, e giovani che piantano alberi. Abbiamo anche bisogno che le aziende e le organizzazioni governative, oggi potenti, ci aiutino a piantare un trilione di alberi.
Con questa iniziativa, in che modo si può trasformare l’economia in economia profetica?
Bene, la nostra visione sul piantare miliardi di alberi potrebbe rimodellare profondamente la nostra intera civiltà globale. Se aumentassimo la copertura forestale globale da circa il 30% al 40%, non solo ci aiuterebbe ad affrontare la nostra più grande sfida della crisi climatica, ma avrebbe anche molti altri vantaggi. Ci aiuterebbe a prevenire la crescita dei deserti. Significherebbe più acqua dove c’è pochissima acqua. Significherebbe più agricoltura produttiva. Significherebbe tanti benefici e in particolare significherebbe risorse in parti del mondo che oggi sono le parti più povere del mondo. Quindi riformerebbero profondamente la nostra economia globale.
Cos’hai pensato quando è uscita l’enciclica del papa Laudato Sì?
La Laudato sii è stata assolutamente fantastica perché ha chiarito a tutti quali sono le maggiori sfide che affrontiamo e che possiamo affrontare queste sfide solo se lavoriamo insieme globalmente come una società globale, perché queste non sono sfide che possono essere risolte singoli paesi, ma possono essere risolti solo attraverso la collaborazione globale. E credo che la bellezza di questo sia che se prendiamo seriamente queste soluzioni e le implementiamo impareremo che possiamo affrontare tali sfide globali su scala globale, qualcosa che non abbiamo mai fatto prima nella storia umana.
Che interesse avevi quando hai iniziato a piantare alberi?
Quando abbiamo iniziato Plant for the planet, volevo salvare l’orso polare, l’orso polare era il mio animale preferito e volevo fare qualcosa per salvarlo. Ecco perché abbiamo iniziato a piantare alberi. Ma subito dopo abbiamo capito che la crisi climatica e queste sfide globali non riguardano il salvare l’orso polare, si tratta di salvare il nostro futuro, salvare noi stessi. Sperimenteremo le conseguenze della crisi climatica nel corso della nostra vita. Ed è per questo che siamo attivi, per noi stessi. Siamo interessati perché riguarda il nostro futuro.
Come possiamo sensibilizzare i giovani con questa tua iniziativa?
Una delle cose principali che facciamo con Plant for the planet è cercare di convincere gli altri a insegnare agli altri questi temi e convincerli a unirsi a noi per affrontarli. E per questo stiamo costruendo una rete globale di giovani e bambini. Ora siamo settantamila membri e non solo piantano alberi da soli, ma danno presentazioni nelle loro scuole e nei loro circoli, spesso nelle loro comunità ecclesiali, per convincerli, per raccontare loro di queste sfide globali e convincerli che dobbiamo fare qualcosa, perché i giovani sono meravigliosi messaggeri per una sfida globale che sta per avere un impatto proprio su di noi giovani”.