L'evento voluto da papa Francesco al quale partecipano mille giovani economisti e imprenditori si è aperto con un dibattito a tutto campo sui conflitti dall'Ucraina alla Colombia
di Cinzia Arena
pubblicato su Avvenire il 22/09/2022
«L’unica guerra giusta è quella che non combattiamo» è il messaggio di pace lanciato dal popolo di The Economy of Francesco riunito da stamattina ad Assisi. Mille giovani economisti, imprenditori e studiosi sono al lavoro da stamattina nella cittadina umbra per la terza edizione dell’evento voluto da papa Francesco, la prima totalmente in presenza dopo due anni di pandemia. Grande emozione e grande partecipazione – con presenze da cento Paesi e collegamenti in video con chi non è potuto venire in Italia – e la convinzione radicata che sia possibile costruire una nuova economia più equa e solidale che metta al centro l'uomo e l'ambiente. Senza conflitti e senza carestie. «Non siamo ad Assisi per caso, siamo qui per scelta» e ancora «Tutto il mondo è qui: dalla Corea alla Colombia passando per il Camerun» sono stati i saluti di benvenuto che i giovani si sono scambiati.
Dibattito acceso sulla lotta alle guerre e alla produzione di armi. «Riuscite a sentire? È il grido della nostra umanità, guerre e attacchi terroristici, persecuzioni razziali e religiose, conflitti violenti. Situazioni che sono diventate così comuni da costituire una terza guerra mondiale combattuta in modo frammentato. Le persone però vogliono la pace, vogliono vedere riconosciuti i propri diritti umani e la dignità. Per questo dobbiamo promuovere la cooperazione» è il quadro drammatico della situazione attuale.
Ma i giovani di papa Francesco sono decisi a cambiare il mondo perché non possono e non vogliono «permettere che vengano sottratte rirsorse alla scuola, alla sanità, al nostro futuro e al nostro presente soltanto per costruire armi e alimentare le guerre necessarie a venderle. Vorremmo dire ai nostri figli che il mondo in guerra è finito per sempre».
Il primo passo è prendere spunto dal racconto di chi ogni giorno combatte per le sue idee. "Costruttori di pace" come Martina Pignatti direttrice dei programmi «Un ponte per» che ha raccontato il lavoro della sua ong nelle zone di guerra e post conflitto in Iraq e Siria, basato sul dialogo e l’educazione alla pace nelle scuole.
Un lavoro di mediazione che andrebbe fatto anche in Europa dove «il razzismo e l’intolleranza sono aumentati e si sono accumulate scelte strategiche che hanno portato ad una guerra devastante, alimentata dalla volontà di potenza, la decisione criminale del governo russo di attaccare un paese sovrano ma anche dalle normi quantità di miliardi di dollari di armi che inondano questo Paese» ha sottolineato Pignatti aggiungendo che «sfidare le economie di guerra, le istituzioni, il sistema bancario e le aziende che finanziano le armi sarà uno dei cambiamento più grandi da realizzare insieme alla transizione ecologica».
Dalla Colombia è arrivato il grido di dolore di due giovani contadini della regione di San José (Sayda Arteaga Guerra di 27 anni e José Roviro Lopez Rivera di 31 anni). Il loro Paese da decenni è dilaniato dalla guerra e dalle ingiustizie. Un territorio ricco di risorse minerarie e agricole dove i gruppi armati seminano morte e violenza favorendo traffici illegali di droga e interessi delle multinazionali. «La nostra comunità della pace è riuscita ad acquistare piccoli appezzamenti di terreno». L’irachena Fatima Alwardi ha raccontato la scelta di utilizzare lo sport come strumento di inclusione e di dialogo: nel 2015 l’associazione di volontariato da lei fondata ha realizzato la prima maratona di Bagdad, nel 2018 è stato raggiunto un altro traguardo quello della partecipazione delle donne.
Per seguire l'appuntamento di Assisi, anche in diretta vai al sito The Economy of Francesco.