I Commenti de "Il Sole 24 Ore" - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore.
di Vittorio Pelligra
Pubblicato su Il Sole 24 Ore il 09/10/2022
Quando San Valentino si avvicinerà (14 febbraio) magari voi vorrete fare una bella sorpresa alla vostra fidanzata. Siete indecisi tra cioccolatini e fiori? Cosa sarà meglio scegliere? Pensandoci bene, però, vi rendete conto che, in realtà, non importa tanto il “cosa”, ma il “ciò che lei non si aspetta”. Cioè la sorpresa sarà riuscita solo se avrete deciso di regalarle esattamente quello che lei non si aspettava le avreste regalato: i fiori faranno centro se si aspettava i cioccolatini e i cioccolatini saranno la scelta vincente se lei si aspettava un mazzo di fiori.
Nei termini della teoria dei giochi, la teoria che sta alla base dell'approccio economico alla scelta strategica, questa semplice situazione rappresenta una difficoltà insormontabile: il risultato della scelte – sorpresa riuscita oppure no – infatti, non dipende solo dalla scelta fatta, ma dalla scelta più le credenze dell'altro soggetto in campo, cioè la vostra fidanzata. In questo caso, dunque, la scelta dovrà essere basata non soltanto, come avviene nella teoria dei giochi standard, sulle vostre aspettative sul comportamento degli altri giocatori, ma sulle vostre aspettative circa le credenze degli altri soggetti sulle vostre scelte.
Se pensate che lei si aspetti i cioccolatini allora preferireste andare a comprare i fiori e viceversa. Questo genere di ragionamento può apparire complesso e involuto, ma, in realtà, è lo stesso che molto naturalmente caratterizza moltissime, forse la maggioranza delle nostre relazioni interpersonali. Provate a pensare a un amico che vi presta un libro. Voi dovrete decidere se restituirglielo in tempo e in buone condizioni oppure prendervela calma e magari non prestare troppa attenzione a come tratterete il libro durante la lettura. Sottolineature, orecchie alle pagine, etc.
Quali effetti potranno avranno queste scelte? Nel primo caso il vostro amico, il proprietario del libro, sarà certamente più felice rispetto al secondo. Ma la sua reazione non dipenderà solo dal risultato materiale della vostra scelta – libro restituito in buone condizioni oppure no – ma anche da quello che lui, originariamente, già pensava che voi avreste fatto. Può infatti aver deciso di prestarvi il libro pur sapendo che non glielo avreste più restituito – magari ne aveva una seconda copia e la cosa non gli avrebbe pesato troppo – oppure sperava vivamente che glielo avreste restituito in buone condizioni – perché magari era una copia firmata dall'autore. Ecco, sono le aspettative del vostro amico congiuntamente alle vostre azioni a determinare l'esito dell'interazione. E voi fareste bene a tenerne conto nel momento in cui dovrete decidere cosa fare, perché anche per voi le conseguenze saranno diverse: se tradite la fiducia di qualcuno che non si fidava di voi è un conto, ma se tradite qualcuno che, invece, aveva riposto in voi grande fiducia, allora le cose cambierebbero radicalmente.
Il sommo poeta posiziona i traditori molto in basso tra i gironi infernali, segno della gravità del peccato commesso, ma modula questa gravità usando un criterio particolare. All'inizio, in posizione grave ma non troppo, pone i traditori dei parenti, Camicione de’ Pazzi, Napoleone e Alessandro Alberti, Ugolino della Gherardesca e molti altri. Questi si trovano in un lago ghiacciato, il Cocito, in una zona detta la “Caina”, dal nome di Caino, primo e più infame tra i traditori. In un'altra zona, più interna, la “Antenora”, da Antenore traditore dei troiani, si trovano, tra gli altri, Bocca degli Abati, Buoso da Duera e Tesauro Beccaria, traditori dello Stato. C'è poi una terza zona, detta Tolomea, dove vengono posti i traditori degli ospiti. Questi non possono neanche piangere sul loro peccato perché le lacrime appena sgorgate si congelano moltiplicando il loro, già, terribile tormento.
E, infine, c'è la Giudecca, la zona peggiore di tutte, intitolata a Giuda Iscariota e presidiata da Lucifero stesso, nelle cui fauci troviamo i peggiori di tutti, Giuda assieme a Bruto e Cassio. C'è tutta una gerarchia di traditori, che viene resa plasticamente nella geografia del Cocito: prima i traditori dei parenti, poi quelli che hanno tradito lo Stato, seguiti da coloro che hanno tradito gli ospiti e infine i traditori degli amici e dei benefattori. Cosa regola questa tassonomia dantesca? A pensarci bene la gravità del peccato non dipende tanto e solo dal peccato stesso quanto dalle aspettative che i traditi nutrivano sui traditori. Tanto maggiore era la fiducia riposta in loro, tanto maggiore lo scandalo recato dal loro tradimento, e la conseguente colpa.
Non credo che Martin Dufwenberg, economista svedese trapiantato in Arizona, avesse in mente Dante quando nel 2002 iniziò a inserire l'idea della “colpa” come spiegazione della nostra tendenza a ripagare la fiducia ricevuta (“Marital Investment, Time Consistency & Emotions”. Journal of Economic Behavior & Organization 48, pp. 57-69). Un'intuizione che svilupperà assieme a Pierpaolo Battigalli della Bocconi, prima in un modello teorico basato sulla avversione al senso di colpa (“Guilt in Games”. American Economic Review (Papers & Proceedings) 97, pp. 170-76, 2007) e poi in una vera e propria teoria generale delle motivazioni basate sulle credenze (“Belief-Dependent Motivations and Psychological Game Theory”. Journal of Economic Literature 60, 833-82, 2022). Ma immaginate che qualcuno decida di fidarsi di voi: un amico, il vostro capo, un collega, i vostri figli adolescenti o il ristoratore dal quale avete cenato e a cui non funziona il POS, solo per fare qualche esempio di vita vissuta.
Per poter parlare di un atto di fiducia, naturalmente, chi si è fidato di voi deve correre il rischio che la sua fiducia venga tradita. Ciò significa che voi avreste un vantaggio dal tradimento. Perché allora, come spessissimo osserviamo nella vita reale, così come negli esperimenti di laboratorio, le persone non colgono questo vantaggio? Le ragioni sono tante, naturalmente: reputazione, senso morale, norme sociali, etc. Ma tra queste c'è indubbiamente anche il costo psicologico che molti di noi pagherebbero nel sentirsi in colpa per questo tradimento. Nel modello di Dufwenberg, esattamente come nella tassonomia dantesca, tale colpa è proporzionale alla fiducia che gli altri hanno riposto in noi. O meglio, è proporzionale a quanto noi pensiamo che gli altri si siano fidati di noi. Se, cioè, pensiamo che chi si è fidato di noi creda veramente nella nostra buona fede, allora la colpa del tradimento sarà elevatissima, ma se, invece, crediamo che il nostro fiduciario si sia fidato di noi consapevole che con grande probabilità quella fiducia si sarebbe rivelata mal riposta, allora il costo psicologico legato al tradimento sarà particolarmente basso.
Questo ragionamento fa capire come, da un punto di vista teorico, i risultati di questi tipo di interazione siano endogeni, non dati, cioè, dall'esterno, ma si sviluppano nell'ambito stesso della relazione tra i due. Ciò significa anche che nessuno è affidabile o inaffidabile di per sé, indipendentemente da quello che gli altri pensano di lui. La nostra affidabilità - e questo è il messaggio centrale di tutta questa teoria - cresce con la fiducia che riceviamo dagli altri e si riduce quando sperimentiamo la loro diffidenza. Provate a pensare, anche solo per un attimo, ad alcune delle implicazioni di questo risultato. Viviamo in organizzazioni basate fondamentalmente sul comando e sul controllo, dove le relazioni sono esplicitamente regolate sulla base della diffidenza reciproca. Ripensiamo all'avversione al senso di colpa e proviamo a chiederci cosa può produrre questa diffidenza. Produrrà, naturalmente, opportunismo. Come? Semplicemente abbassando il costo psicologico del senso di colpa associato al tradimento della fiducia.
Organizzazioni costruite sull'autonomia, invece, e regolate esplicitamente sulla base della fiducia assoceranno costi elevati ai tradimenti e, in questo modo, riusciranno a promuovere l'affidabilità dei loro membri. Ne abbiamo parlato la settimana scorsa a proposito di David Packard, fondatore della HP, che scelse di promuovere l'affidabilità dei suoi dipendenti eliminando ogni manifestazione di diffidenza nei loro confronti. Si potrebbe anche fare l'esempio della Handelsbanken, una delle maggiori banche Svedesi e di uno dei suoi amministratoreìi, Jan Wallander, che negli anni ‘70 decise di improntare i rapporti coi creditori sulla base del fatto che “la fiducia promuove l'iniziativa e l'affidabilità”. Oggi la banca è al numero uno delle banche svedesi, secondo il rapporto SKI Bank 2021, per quanto riguarda la soddisfazione dei suoi clienti. Si potrebba anche citare il caso di “Lemonade”, innovativa compagnia di assicurazioni americana, quotata in borsa, che ha scelto di fidarsi dei propri clienti e per questo ha deciso di considerare i premi pagati come soldi ancora dei clienti e quindi di restituirli in caso di richiesta di risarcimento in maniera istantanea, oltre che di donare ciò che avanza dai ricavi, una volta sottratta una commissione fissa, a cause individuate dai clienti stessi: ambiente, salute, impatto sociale.
Ora, tutto questo, in un paese come il nostro dove, secondo l'ultimo Rapporto Gallup “State of the Global Workplace” la percentuale dei lavoratori italiani che si sentono “engaged”, cioè realmente coinvolti nella loro realtà lavorativa è pari al 3%, la più bassa tra tutte le 38 nazioni europee considerate e una delle più basse al mondo, e dove la produttività del lavoro, intesa come PIL per ora lavorata, era nel 2000 del 20% superiore alla media dei paesi OCSE e oggi è invece calata al 9% in più della stessa media, considerazioni come quelle svolte fin qui non dovrebbero continuare a essere sottovalutate troppo a lungo.