Mind the economy

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La macchina della verità, i filtri informativi e l’amore pericoloso di madame Cunégonde

I Commenti de "Il Sole 24 Ore" - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore

di Vittorio Pelligra

pubblicato su Il Sole 24 ore del 10/10/2021

Che mondo sarebbe un mondo nel quale potessimo utilizzare un certo meccanismo per spingere gli altri, di loro spontanea volontà, senza nessuna coercizione, a dire sempre la verità? Un meccanismo attraverso il quale ognuno di noi ricevesse i giusti incentivi per rivelare informazioni private. Sarebbe un mondo utopico o distopico? Una società ideale od una terribile forma di dittatura? Questa società, in parte, già esiste così come esiste il meccanismo “estrattore di informazioni”. Se lo sono inventati gli economisti un po' di anni fa, per cercare di risolvere problemi di inefficienza dei mercati derivanti dalla presenza di informazione asimmetrica.

Abbiamo visto come la presenza di informazione privata, per esempio, sulla qualità di un certo bene possa portare all'implosione del mercato di quel particolare bene; ad una situazione nella quale un potenziale compratore vorrebbe acquistare quel bene ed un produttore vorrebbe venderlo, ma a causa della presenza di informazioni private sulla reale qualità di quel bene da acquistare o finanziare – un'auto usata, un prodotto alimentare, un progetto imprenditoriale, un mutuo bancario, un'assicurazione sanitaria etc. – domanda e offerta non si incontreranno e, così, uno scambio che sarebbe potuto andare a vantaggio di entrambe le parti, non si verifica; da qui l'inefficienza.

Abbiamo visto che esistono, fortunatamente, dei modi per mitigare questa asimmetria informativa. Uno di questi è la “segnalazione”: la parte informata spende per veicolare informazioni in modo credibile alla parte meno informata. Un'assicurazione “soddisfatti o rimborsati” è un segnale di questo tipo; è credibile perché solo chi realmente vende beni di alta qualità può permettersi di offrire una simile promessa senza correre il rischio di andare in bancarotta. Un titolo di studio, soprattutto se rilasciato da un'istituzione rispettata e con una reputazione di affidabilità, rappresenta un segnale allo stesso modo circa le potenzialità di una certa persona sul mercato del lavoro. E così via.

Nel caso della segnalazione sarà dunque la parte informata a fare la prima mossa verso la parte non informata. Esiste anche un secondo principio attraverso il quale si possono affrontare e limitare i danni derivanti dall'asimmetria informativa. Si tratta del principio dello “screening”, di un processo che, attraverso l'utilizzo di uno o più “filtri ci può aiutare a selezionare persone, beni o servizi con certe qualità rispetto a quelli che hanno qualità differenti: un collaboratore talentuoso da uno meno talentuoso, un bene di alta qualità da uno di bassa qualità, un progetto rischioso da uno meno rischioso. In questo caso, diversamente da quanto accade con la “segnalazione”, è la parte non informata a fare la prima mossa. In situazioni normali un accordo si raggiunge attraverso questa linea logica: il venditore (la parte informata) fa un'offerta, il compratore (la parte non informata) accetta o rifiuta e, se accetta, solo in seguito, la qualità del bene acquistato viene effettivamente scoperta.

Quando applichiamo il processo di “screening”, il venditore, o il datore di lavoro, o il finanziatore, non fa un'unica offerta alla controparte, ma offre un menù di alternative, un insieme di contratti differenti ognuno con caratteristiche differenti. Un datore di lavoro, per esempio, può offrire ad un aspirante collaboratore un contratto con una remunerazione fissa e uno a provvigione e lasciare che la controparte, scegliendo la tipologia di contratto preferita, si auto-selezioni rivelando in questo modo un'informazione privata non posseduta dal datore di lavoro, per esempio, la propensione al rischio, l'autostima, la determinazione dell'aspirante collaboratore.

Indipendentemente da ogni altra informazione, più o meno credibile, che questi possa aver riferito al suo prossimo datore di lavoro, il meccanismo dello “screening” consente di contrastare la selezione avversa filtrando le informazioni false e conservando solo le informazioni vere. Informazioni che la parte informata (l'agente) rivela spontaneamente.

Nel mercato del lavoro questo processo di auto-selezione viene messo in atto attraverso diversi strumenti: dai test attitudinali alla valutazione del titolo di studio, alla media dei voti di tutta la carriera universitaria, alle lettere di referenze, all'offerta, naturalmente, di diversi pacchetti di compensazioni. Se fossimo un'istituzione di ricerca e volessimo attirare i cervelli migliori e i ricercatori più produttivi cosa dovremmo offrire? Se promettessimo solo lauti stipendi probabilmente attireremmo buoni ricercatori appassionati alla ricerca, ma forse anche ricercatori principalmente interessati alla remunerazione monetaria. Non sempre un buon affare. In questo caso il nostro meccanismo di selezione non è in grado di filtrare gli appassionati dai meno appassionati.

Potremmo però, invece, pensare di offrire uno stipendio magari un po' più basso, ma, contemporaneamente, abbondanti finanziamenti per la ricerca, attrezzature all'avanguardia, ed un carico ridotto di insegnamento. In questo caso, con maggiore facilità, riusciremmo a distinguere i ricercatori veri da quelli meno interessati. Accettando o rifiutando questo tipo di contratto l'aspirante ricercatore rivelerebbe implicitamente e spontaneamente le sue qualità nascoste, la sua informazione privata.

Meccanismi simili vengono utilizzati nel mercato del credito e in quello delle assicurazioni e in molti altri ambiti dove le informazioni tra le parti sono tanto opache quanto importanti. Le relazioni sociali sono permeate di simili meccanismi attraverso i quali cerchiamo di ottenere e rivelare preziose informazioni. Nella ballata intitolata “Il guanto” (Der Handschuh), Friedrich Schiller riporta un fatto realmente avvenuto alla corte di Francesco I di Francia. Durante dei giochi circensi il re e la sua corte stanno assistendo ad un combattimento tra animali feroci. Un leone viene fatto entrare nell'arena e poi una tigre, ma, invece di azzannarsi, entrambi gli animali si sdraiano pacificamente al suolo. Vengono allora fatti entrare due leopardi che dapprima attaccano la tigre, risvegliando anche il leone, ma poi, subito dopo, tutt'e quattro si quietano pacificamente. A questo punto una nobildonna, madame Cunégonde, si sfila il guanto, lo lancia in mezzo alle bestie feroci e chiede al cavaliere Delorges di andare a recuperarlo come segno del suo amore per lei. Un notevole meccanismo di “screening”. Sarà Delorges così innamorato della dama da rischiare la sua vita per lei? Delorges accetta ed entra nell'arena in mezzo alle fiere e riesce a recuperare il guanto incolume. Tutti sono ammirati dal suo coraggio e dal suo amore che, a questo punto, appare sincero e profondo. Ma Delorges sorprende tutti, raggiunge Cunégonde e le getta il guanto in faccia. Lui avrebbe voluto il suo amore non la sua gratitudine. E la scelta di fargli rischiare la vita in mezzo alle bestie feroci gli ha fatto capire che, in fondo, lei non l'amava. Schiller mette in versi un doppio screening: quello della dama che voleva far rivelare le vere intenzioni al cavaliere che però, a sua volta, attuando il suo stratagemma mostra di non provare nessun amore per lui, tanto da fargli rischiare la vita.

Nel 2007 il Premio Nobel per l'economia venne assegnato Leonid Hurwicz, Eric Maskin e Roger Myersonper aver posto le basi della teoria del mechanism design”, quella branca dell'economia e, in particolare, della teoria dei giochi che studia processi e insiemi di regole (giochi) grazie ai quali le parti sono indotte a rivelare sempre e comunque in maniera veritiera le informazioni private non osservabili esternamente che possiedono. Un meccanismo efficiente di questo tipo spingerebbe il proverbiale oste a dirci che il vino è buono se questo è veramente buono e a dirci che è cattivo se questo è realmente di bassa qualità. Lo stesso per il venditore di auto usate e per tutti quegli agenti economici che in condizioni normali avrebbero tutto da guadagnarci a tenere private le loro informazioni a scapito delle controparti.

Uno di questi meccanismi viene definito Asta di Vickrey, dal nome dell'economista William Vickrey che nel 1996 venne premiato con il Nobel appena tre giorni prima di morire. Vickrey assieme al collega inglese James Mirrlees vennero premiati quell'anno “per i fondamentali contributi alla teoria economica degli incentivi in presenza di informazioni asimmetriche”. Un'asta di Vickrey è una variazione delle aste inglesi a busta chiusa come quelle comunemente utilizzate per assegnare gli appalti pubblici. In queste aste, generalmente, ogni partecipante indica il prezzo al quale sarebbe disposto ad eseguire il lavoro o a fornire il servizio e si aggiudicherà l'appalto colui che avrà proposto il prezzo più basso.

L'asta di Vickery presenta una variazione sul tema perché il vincitore, in questa versione, sarà colui che proporrà il prezzo più basso ma, per questo, riceverà come compenso non il prezzo più basso, ma il secondo prezzo più basso tra tutti quelli offerti. I tecnicismi che dimostrano che in questo modo ogni offerente sarà disposto a rivelare il suo effettivo “valore di riserva”, il valore minimo al quale è disposto ad eseguire il lavoro, sono un po' complessi, ma l'intuizione è semplice. Immaginiamo che vogliamo mettere in vendita un certo bene e che ci siano diversi potenziali compratori interessati.

Ogni compratore, in genere, attribuisce al bene un valore differente per gusti, opportunità, disponibilità economica, etc. Questo “valore di riserva” è il prezzo massimo che ogni potenziale acquirente sarebbe disposto a pagare per il bene. I valori di riserva sono, naturalmente, informazioni private ignote al venditore. Se fossero note, il venditore potrebbe semplicemente vendere il bene al potenziale acquirente con il valore di riserva più alto per un prezzo appena inferiore a tale valore. È per questo motivo che gli acquirenti non hanno nessun interesse a rivelare volontariamente i loro valori di riserva. Ma qui interviene il meccanismo di Vikcrey grazie al quale è nell’interesse di ogni potenziale acquirente fare un'offerta che è pari al suo vero valore di riserva, né più né meno. Immaginiamo di avere quattro potenziali acquirenti: A, B, C e D, con prezzi di riserva rispettivamente pari a 100, 70, 40 e 20. Quanto dovrebbe offrire, per esempio B nell'ambito di un'asta di Vickrey?

Supponiamo che B faccia un’offerta 125. Se questa fosse l’offerta più alta e la seconda offerta più alta fosse 100, allora a B verrebbe assegnato il bene al prezzo di 100. Con qualsiasi offerta superiore a 100, B finirebbe per pagare 100, qualcosa che per lui vale solo 70. Quindi, presentare un’offerta al di sopra del proprio valore di riserva è una scelta decisamente poco razionale. Cosa succederebbe, invece, se B facesse un'offerta inferiore a 70 e l’offerta più alta fosse 100? Dal punto di vista di B, il risultato sarebbe lo stesso che se dichiarasse 70 o meno: il bene andrebbe a qualcun altro. Con lo stesso ragionamento è possibile mostrare che né C né D potrebbero mai trarre vantaggio da un'offerta diversa dai propri valori di riserva. Ora, mettiamoci nei panni di A. Se l’offerta più alta presentata da qualche altro acquirente è 70, allora A otterrebbe il bene al prezzo di 70 se offrisse 100 o qualsiasi altro prezzo maggiore di 70. In questo caso A otterrebbe un profitto pari a 30 (100 meno 70). Se, invece, l'offerta di A è inferiore a 70, e qualcun altro offre 70, allora A non otterrà il bene e avrà perso il profitto di 30. Anche in questo caso vediamo che un'offerta differente rispetto al vero valore di riserva non farebbe altro che danneggiare l'acquirente A.

E' possibile quindi dimostrare che, indipendentemente da quello che è il tuo valore di riserva, un'informazione privata e sconosciuta a tutti gli altri acquirenti e allo stesso venditore, offrire un prezzo pari al valore di riserva, cioè rivelare l'informazione privata, è la strategia migliore che ogni potenziale acquirente può seguire in un'asta di Vickrey. Sarebbe così anche se ogni giocatore potesse conoscere il valore di riserva di tutti gli altri giocatori e se tutti gli altri giocatori fossero del tutto irrazionali nelle loro scelte. Questo meccanismo, in altri termini, non è affetto da interdipendenza strategica. Tornando al nostro tema principale è facile capire come un'asta di Vickrey non è altro che un meccanismo di “screening” che un venditore può mettere in atto davanti a una molteplicità di possibili acquirenti per indurli a rivelare il loro vero valore di riserva.

Una estensione del ragionamento sui contratti di “screening” ha un'interessante applicazione ad un problema di grande attualità.

Proviamo a immaginare un laboratorio di ricerca che ha brevettato una nuova tecnologia, un vaccino, per esempio. Questo lo pone in una posizione di monopolio rispetto al mercato. Il laboratorio però è specializzato nella ricerca di base e non ha capacità produttive, o, comunque, non a sufficienza per la domanda che sta crescendo a causa di quella che appare come una nuova probabile pandemia. Tuttavia, ci sono due altre imprese che hanno questa capacità. Ognuna di queste imprese potrebbe con una certa probabilità avere successo nella produzione del vaccino, a condizione che ottenga una licenza dal monopolista. Un'impresa produttrice, però, può ottenere un vantaggio economico se è l'unica fornitrice del nuovo prodotto. Tuttavia, se il monopolista vende le licenze ad entrambe le imprese, allora entrambe potranno sviluppare il vaccino e, in questo caso, vedrebbero ridursi i loro profitti a causa della concorrenza. Per questa ragione il monopolista potrebbe spuntare un guadagno più elevato dalla vendita in esclusiva della licenza ad una sola impresa.

Questo risultato standard è messo in discussione quando ci sono asimmetrie informative relativamente alle caratteristiche delle imprese produttrici e alla loro probabilità di successo. Il risultato interessante è che, in questo caso, il monopolista sarà indotto a vendere più licenze e non solo una. L'intuizione è questa: proviamo a considerare un monopolista che vende un bene privato a due potenziali acquirenti. Il monopolista vorrebbe che gli acquirenti rivelassero i loro prezzi di riserva per poter vendere al prezzo più alto possibile tra quelli accettabili dagli acquirenti. Tuttavia, gli acquirenti hanno tutto l'interesse a non rivelare questo valore per poter acquistare ad un prezzo più basso. Il monopolista in questo caso può minacciare di ridurre la quantità che un acquirente può aspettarsi di ricevere in cambio di una offerta bassa.

Questa riduzione danneggia maggiormente un acquirente con una valutazione alta rispetto ad uno con una valutazione bassa. In questo modo si induce chi ha una valutazione elevata a rivelare la sua vera valutazione. Allo stesso modo si può indurre l'acquirente a rivelare la sua vera valutazione minacciando di vendere la licenza anche all’altro acquirente. Ecco perché, in alcuni casi, l'informazione privata può andare a beneficio del monopolista e, contemporaneamente, dei consumatori finali.

Ci auguriamo tutti che questo sia il caso anche nella realtà odierna e che i meccanismi di screening possano, magari, aiutare a produrre una quantità di vaccino sufficiente affinché possa diffondersi anche in tutti quei paesi nei quali al momento scarseggia. Del resto, la salute è un bene comune globale. Potremo proteggere veramente la nostra solo proteggendo veramente anche la loro.

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