I Commenti de "Il Sole 24 Ore" - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore
di Vittorio Pelligra
pubblicato su Il Sole 24 ore del 21/03/2021
Allora, ci vacciniamo o non ci vacciniamo? Con AstraZeneca, Pfizer, Sputnik, Johnson&Johnson o altro? La scelta individuale è naturalmente volontaria e libera, ma importante per tutti, perché la scelta di uno ha ricadute sulla salute di molti. Gli economisti le chiamano esternalità. La tua scelta di vaccinarti protegge, infatti anche la mia salute, quella dei miei figli, quella dei miei genitori, e così abbiamo una esternalità positiva, così come la tua, pur legittima, decisione di non vaccinarti, mette a repentaglio la salute di molte altre persone, e allora avremo una esternalità negativa.
Questa dimensione pubblica di simili scelte individuali chiama la necessità di capire a fondo quali sono i criteri che utilizziamo per prendere simili decisioni. Ci vacciniamo o non ci vacciniamo? La settimana scorsa abbiamo approfondito la questione delle piccole probabilità che sistematicamente vengono sovrastimate e delle alte probabilità che, al contrario, vengono sottostimate. Così il rischio di una assai improbabile reazione avversa assume dimensioni importanti, mentre quella di un possibile contagio viene regolarmente trascurata.
Il rimpianto, una punizione psicologica autoinflitta
Oltre a questo “bias” sistematico nella nostra percezione delle probabilità occorre tener conto di un altro elemento importante: si tratta di quell'emozione controfattuale che definiamo “rimpianto”. Il rimpianto è una punizione psicologica che ci autoinfliggiamo per aver fatto una cosa invece di un'altra. «Se avessi fatto così, invece che cosà, come sarebbe stata migliore la mia vita». Perché il rimpianto sia giustificato, però, occorre che il controfattuale, sapere cosa sarebbe accaduto se avessimo preso decisioni differenti, sia chiaro e inequivocabile. Altrimenti il rimpianto rischia di essere infondato e, in definitiva, un'inutile pena. Molto spesso è così. Ci crucciamo, spesso, per cose per le quali non siamo responsabili e, invece, sviamo la colpa per vicende delle quali abbiamo piena responsabilità. Responsabilità. Un concetto piuttosto relativo. Immaginate di apprendere che il signor Rossi, che, per principio non dà mai passaggi agli autostoppisti, l'altra sera ha deciso di caricarne uno ed è stato rapinato.
Anche il signor Bianchi, che invece dà regolarmente passaggi agli autostoppisti, quella stessa sera è stato rapinato. Chi dei due, secondo voi, proverà più rammarico? In un famoso studio sulla questione della percezione della realtà e delle sue alternative, Daniel Kahneman e Dale Miller, posero una domanda molto simile ai partecipanti al loro esperimento. L'88% disse che il signor Rossi provava un rammarico maggiore di quello del signor Bianchi (“Norm theory: Comparing reality to its alternatives”. Psychological Review, 93(2), 1986, pp. 136–153). Se sono tendenzialmente contrario ai vaccini e questa volta mi vaccino e ho una reazione avversa, il mio rimpianto sarà molto maggiore di quello che proverebbe chi, tendenzialmente favorevole alla vaccinazione, dovesse sperimentare una simile reazione avversa.
C'è poi, a complicare ulteriormente la questione, un altro fattore, quello relativo all'asimmetria tra azione ed omissione.
Un altro esempio. Immaginate di possedere un certo numero di azioni dell'azienda Alfa.
Qualche mese addietro avete valutato la possibilità di venderle per acquistare, invece, azioni dell'azienda Beta, ma non lo avete fatto. Ora scoprite che se lo aveste fatto avreste guadagnato 10.000 euro. Immaginate, ora, invece, lo scenario nel quale effettivamente possedevate le azioni dell'azienda Beta, che avete venduto per acquistare quelle dell'azienda Alfa. Scoprite ora, che, se le aveste tenute, sareste più ricco di 10.000 euro. Quali dei due scenari genererebbe maggiore rammarico? Anche qui le risposte sono state inequivocabili: il 92% dei rispondenti indica il secondo e solo l'8%, invece, il primo.
Le ripercussioni psicologiche di azione e omissione
Eppure, le conseguenze delle scelte sono identiche in entrambi i casi. Se avessimo posseduto azioni dell'azienda Beta saremmo stati più ricchi di 10.000 euro, ma, sfortunatamente, possediamo solo azioni dell'azienda Alfa, e questo sia nello scenario uno che nello scenario due. Perché, allora, tendiamo a valutare le due situazioni in modo molto differente, rispetto alla generazione del rammarico? Perché nel secondo caso le conseguenze negative derivano da una azione, mentre, nel primo, da una omissione. Se faccio qualcosa che produce un esito negativo, ciò produce molto più rimpianto di quanto non ne produrrebbe lo stesso esito, come conseguenza di una inazione. In questo senso, la nostra intuizione morale, non è per nulla “conseguenzialista”, ma piuttosto “proceduralista”.
Contano certamente i risultati, ma anche, intrinsecamente, le scelte che li hanno prodotti. Se gioco al lotto e vinco una certa somma, sarò più felice di quanto non lo sarei stato se, non avendo giocato, non avessi perso esattamente la stessa somma. «Non siamo logici, siamo psico-logici», afferma spesso il neuroeconomista Colin Camerer.
Nel caso dei vaccini, poi, c'è un ulteriore elemento di complicazione: la salute non è un bene come tutti gli altri. È piuttosto complesso associarvi un prezzo. In un altro classico esperimento, il premio Nobel Richard Thaler, pose i partecipanti davanti a questi due differenti scenari.
Il “prezzo” della salute
Nel primo siete stati contagiati da un virus che porta ad una morte rapida e non dolorosa con una probabilità di 1/1000. Esiste un vaccino che però è efficace solo prima della comparsa di qualunque sintomo. Quanto sareste disposti a pagare per farvi vaccinare? Nel secondo scenario vi viene chiesto se volete partecipare alla sperimentazione di un nuovo vaccino contro una malattia grave. Partecipare alla sperimentazione vi espone ad un rischio di contrarre la malattia pari a 1/1000. Qual è la cifra minima che sareste disposti ad accettare per partecipare come volontario/a allo studio? I risultati di Thaler furono piuttosto sorprendenti.
Nel primo caso le persone erano disposte a pagare cifre piuttosto rilevanti per avere l'opportunità di vaccinarsi e ridurre il rischio, già piuttosto basso, di contagio. Nel secondo caso invece, le cifre richieste per la partecipazione alla sperimentazione, come volontario, erano enormemente più elevate, nell'ordine di 50 a 1 (“Toward a positive theory of consumer choice”, Journal of Economic Behavior & Organization 1(1), 1980, pp. 39-60).
Questa discrepanza tra il prezzo che si è disposti a pagare per ridurre il rischio di contagio e quello che si è, invece, disposti ad accettare per correre il rischio di essere contagiati, trae origine da due elementi distinti. Il primo riguarda il fatto che la salute non è una merce e quindi associarvi un prezzo è un'operazione innaturale e moralmente biasimevole. Per questo il prezzo tende a salire. In secondo luogo, entra in gioco l'asimmetria tra azione e inazione. Se dovessimo svegliarci una mattina con i sintomi della malattia nel primo caso sarebbe nonostante abbiamo fatto tutti gli sforzi per evitarlo, mentre nel secondo caso, perché ci saremmo messi nei guai con le nostre stesse mani. Naturalmente il livello di rimpianto sarebbe massimo nel secondo caso rispetto al primo.
L’effetto “mamma informata”
Nel suo “Pensieri lenti e veloci” (Mondadori, 2012) Daniel Kahneman riporta i risultati di un altro studio che mettono in luce un terzo elemento rilevante per la nostra discussione: la responsabilità dei genitori. Il titolo di “mamma informata” è diventato quasi un'icona dei no-vax, dei genitori che si oppongono all'obbligatorietà dei vaccini per i loro figli. Come possiamo spiegare tale avversione? Le ragioni che abbiamo illustrato più sopra, come quelle di cui abbiamo parlato nel “Mind the Economy” di domenica scorsa, sono tutte, naturalmente, in gioco. In più, in questo caso, interviene anche un altro elemento e cioè, “l'avversione per il trade-off”. Immaginate, ci dice Kahneman, di dover decidere se acquistare, oppure no, un insetticida che rischia di intossicare i vostri figli con una probabilità pari a 15 volte per ogni 10.000 bombolette utilizzate.
Ora, in commercio viene introdotto un nuovo insetticida leggermente più tossico ma molto più economico. Quanto dovrebbe costare in meno rispetto all'altro per convincervi a passare all'insetticida meno costoso ma un po' più tossico? A questa domanda più dei due terzi dei partecipanti allo studio rispose che non avrebbe mai deciso di acquistare l'insetticida più tossico, a nessun prezzo. La salute dei loro figli non era in vendita, non poteva essere barattata. Però, gli autori dello studio fanno notare che, con uno sconto sufficientemente grande sul prezzo dell'insetticida, i genitori avrebbero avuto le risorse per proteggere la salute dei loro figli in maniera molto più efficace, con un'alimentazione più sana, per esempio, con l'iscrizione ad una società sportiva e in molti altri modi.
Il rimpianto va “sfruttato”
Un piccolo incremento del rischio alla salute legato all'insetticida avrebbe potuto portare ad una notevole riduzione del rischio associato ad altre attività che il risparmio nel costo dell'insetticida avrebbe potuto finanziare. Ma la salute non è un bene cui si può associare un prezzo, non è una merce, e quindi la logica del trade-off, del rapporto di scambio, non può essere applicata. Anche qui la nostra intuizione morale, ci blocca. Lo stesso discorso che fanno le “mamme informate” coi loro figli potrebbero farlo i “figli informati” coi loro anziani genitori. Ora che è indispensabile vaccinare tutti a partire soprattutto dai più anziani, la comunicazione istituzionale che deve convincere il maggior numero di cittadini alla scelta più saggia, socialmente ed individualmente, non può trascurare la complessità dei nostri processi cognitivi che tutto sono, in questi casi, tranne che lineari.
Il rimpianto è un'emozione potente, va sfruttata per farci pensare non tanto a cosa potrebbe capitarci se ci vaccinassimo, ma a cosa potrebbe capitare a noi e ai nostri cari se non lo facessimo.