Direttamente dalla Convention dell'Edc Italia 2024, il testo dell’intervento introduttivo di Maria Gaglione, co-responsabile di Economia di Comunione Italia, assieme a Luca Guandalini e Stefania Nardelli, nonché amministratore delegato della E. di C. Spa, la società che gestisce il Polo Lionello Bonfanti
di Maria Gaglione
Talento, in greco antico: scala, bilancia, somma. Antica unità di misura della massa. Un peso di riferimento per il commercio, nonché una misura di valore pari alla corrispondente quantità di metallo prezioso. Nell’Iliade, Achille dà mezzo talento d’oro ad Antiloco come premio; nella Bibbia, sono citati i talenti d’oro, d’argento, di bronzo e di ferro, donati per l’edificazione del primo tempio di Gerusalemme.
Il talento come unità di valore è menzionato da Gesù nella nota parabola dei talenti e da questa ha assunto il significato di “dono” o “capacità”, adattando all’uso corrente il significato metaforico presente nella parabola. In effetti, l’Economia di Comunione mettendo dentro l’economia il “principio attivo” buono della comunione, ha iniziato un tale, profondo cambiamento nel modo di vedere e vivere l’impresa e la teoria economica che possiamo definirlo proprio un talento.
Perché l’economia non solo può non distruggere la comunione tra le persone, ma può edificarla e promuoverla: economia e comunione diventano più belle quando sono una accanto all’altra. Più bella l’economia, certamente, ma più bella anche la comunione, perché la comunione spirituale dei cuori è ancora più piena quando diventa comunione di beni, di profitti, di talenti. (cfr incontro di papa Francesco con la Edc nel 2017)
La comunione è un talento perché è misura di quella logica per cui, se non si dona tutto non si dona mai abbastanza: è quella somma dei 5 pani e 2 pesci su cui Dio opera sempre; impegno e provvidenza. È dono e conquista, vocazione e riposta, fraternità e mutuo vantaggio; è traguardo ma è anche metodo; è immagine del mondo che sogniamo e grammatica del linguaggio economico e relazionale nel mondo che abbiamo sognato.
È inquietudine di fronte alle ingiustizie. È sguardo di donna sul mondo: meno merci e più relazioni, meno denaro e più redistribuzione, più attenzione a chi ha e a chi non ha, più realtà e meno astrazione, più corpo e meno chiacchiere. È amicizia con i poveri, è mettere tenda in periferia, sulle faglie della storia e dell’esistenza e, per chi si dedica allo studio dell’economia, anche alle periferie del pensiero, che non sono meno importanti.
La comunione è cammino peregrino, sempre rischioso, intessuto di fiducia e di vulnerabilità: chi lo intraprende, presto, riconosce la sua dipendenza dagli altri, lungo il percorso: anche l’economia di comunione è mendicante, nella reciprocità, di altri talenti, sguardi ed esperienze, con cui sa costruire amicizie, relazioni, sinergie, contratti.
La comunione (ci) mette in discussione e (ci) sporca le mani, perché solo le mani sporche sanno cambiare la terra. Allora la comunione non è solo divisione ma anche moltiplicazione dei beni, creazione di nuovo pane, di nuovi beni, di nuovo Bene e resta attiva ed efficace solo se, proprio come un talento, lo traffichiamo e messo in circolo, è speso, consumato e rigenerato. Raccontato, atteso, sperato. Parlando dell’Economia di Comunione, papa Francesco si raccomandava nel 2017: «Donatela a tutti e prima ai poveri e ai giovani, che sono quelli che più ne hanno bisogno e sanno far fruttificare il dono ricevuto!».
Tornando alla parabola dei talenti, in conclusione, mi soffermo sul secondo “servo”, quello che ha ricevuto due talenti – né uno né 5. Forse noi siamo come lui: non siamo i più geniali, i migliori, i vincenti, i meritevoli: siamo quelli medi, intermedi, normali, con qualche talento, né troppi né pochi.
Ci auguriamo che frugando nelle nostre tasche troveremo ancora, scopriremo forse per la prima volta, oppure ritroveremo dopo tanto tempo, quel talento donato che abbiamo atteso, amato e custodito. Pronto ad essere investito, trafficato, messo in circolo per il bene comune, con umiltà e senza scoraggiarsi.