L’anima e la cetra/12 - Il Signore sta dalla parte della liberazione non della condanna
di Luigino Bruni
Pubblicato su Avvenire il 14/06/2020
"Urlate, urlate, urlate! Oh, siete fatti di sasso! Se avessi io le vostre lingue e i vostri occhi, li userei in maniera che la volta del cielo si squarcerebbe"
William Shakespeare, Re Lear
Il Salmo 22, una delle vette poetiche e spirituali della Bibbia, è anche il pentagramma su cui è stata scritta la sinfonia della passione di Cristo. E ci aiuta a comprendere qualcosa dei crocifissi e del loro mistero.
Un uomo è perseguitato, torturato, umiliato, disprezzato da altri uomini. Sente la morte molto vicina. Quell’uomo è innocente – come tanti altri, ieri e oggi. Sa di non meritare quel grande dolore, quella violenza, quelle umiliazioni – e chi le merita? Ma quell’uomo, oltre a essere un giusto sofferente e umiliato, è anche un uomo di fede. E lì, in quella notte buissima, forse in un carcere, sopra un mucchio di spazzatura o dentro una cisterna, nasce una preghiera, gli affiora nell’anima un ultimo canto disperato. Che inizia con parole che vanno incluse tra le più preziose, tremende e stupende della Bibbia, tra le più tremende e stupende della vita: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Salmo 22,1). Una vetta poetica, spirituale e antropologica del Salterio, forse quella più alta.