I Commenti de "Il Sole 24 Ore" - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore.
di Vittorio Pelligra
Pubblicato su Il Sole 24 Ore il 06/11/2022
Immaginate di dover dividere una torta con un vostro amico. La torta ha dieci fatte e sia voi che il vostro amico ne potete reclamare quante ne volete tra zero e dieci. Le regole sono queste: dovete scrivere la vostra richiesta su un foglietto e se la somma delle fette richieste da voi e dal vostro amico sarà inferiore o uguale a dieci, allora ognuno di voi si prenderà le fette richieste, ma se la somma, invece, sarà maggiore di dieci, allora nessuno otterrà niente e sia voi che il vostro amico rimarrete a bocca asciutta. Cosa fareste? Quante fette richiedereste?
Da un punto di vista teorico questa situazione ha molte soluzioni possibili e cioè ogni coppia di richieste compatibili: zero-dieci, uno-nove, due-otto, e così via. Se io so che tu chiederai sette fette, per esempio, la scelta che massimizza il numero di fette che io potrò ottenere sarà quella di chiederne tre. Se ne chiedessi di meno avrei una riduzione del mio benessere, posto che più fette sono meglio di meno fette, e se ne chiedessi più di tre la somma sforerebbe il massimo consentito e nessuno otterrebbe niente. Quindi “tre” e “sette” rappresenta una coppia di risposte ottimali, ciò che i teorici dei giochi chiamano un equilibrio. Uno tra gli undici possibili in questo gioco e tutti equivalenti.
Scelta “focale”
Se però osserviamo come questo gioco viene giocato in situazioni reali, da persone reali, scopriremo che non tutti gli equilibri sono equivalenti; uno, in particolare, ci sembra più attraente degli altri. Si tratta di quello che prevede una equa divisione della torta. Quando il gioco viene giocato realmente l'equilibrio “cinque-cinque” è quello scelto nella maggioranza dei casi. Perché? Perché pur essendo teoricamente uguale agli altri, la scelta “cinque-cinque” ha qualcosa che lo differenzia, che lo rende “focale”. Provate ad immaginare un'altra situazione nella quale avete davanti quattro carte con quattro nomi di città: Roma, Milano, Londra, Venezia. Vincerete un premio solo se riuscirete a scegliere la stessa carta che un altro giocatore ha scelto prima di voi. Quale scegliereste? Anche qua ci sono quattro possibili equilibri tutti teoricamente equivalenti, quindi dovreste semplicemente scegliere a caso nella speranza che l'altro giocatore abbia scelto la stessa carta.
Ma non è così che generalmente noi decidiamo perché quelle carte non sono tutte uguali. Una, in particolare, è “focale”, attira, cioè, la nostra attenzione più delle altre. Quella con scritto “Londra” si differenzia perché è l'unica tra le quattro con il nome di una città non italiana. Scegliere “Londra” è ciò che la maggior parte dei giocatori fa, e ragionevolmente, perché in questo modo aumentano le probabilità di vincita.
Ciò che questi semplici esperimenti ci dicono è che molto spesso per risolvere situazioni di coordinamento sociale andiamo a ricercare elementi esterni alle situazioni stesse, elementi contestuali, simbolici, elementi che pur essendo teoricamente irrilevanti funzionano in pratica molto bene per favorire la comprensione e l'anticipazione del comportamento altrui. Questa possibilità di coordinamento può anche essere manipolata, resa, cioè, più semplice o più complicata attraverso, per esempio, il modo in cui vengono descritte le diverse situazioni, attraverso, cioè, quelli che vengono chiamati “frames”.
Dilemma del prigioniero” e cooperazione
In un famoso studio gli psicologi Varda Liberman, Steven Samuels e Lee Ross chiesero a degli studenti universitari di indicare coloro che, tra i colleghi di studio, ritenevano i più cooperativi e i meno cooperativi. Questi vennero poi coinvolti in un tipico “dilemma del prigioniero”, un tipo di interazione dove la capacità di cooperare viene messa dura prova. L'idea era quella di verificare quanto la reputazione personale fosse realmente correlata con il comportamento effettivo degli individui. Ma la parte forse più interessante dell'esperimento è quella che riguarda il “frame”, appunto, con il quale il “dilemma del prigioniero” viene descritto. A metà dei soggetti viene detto che dovranno confrontarsi in un “Community game” (il gioco della comunità), mentre all'altra metà, la stessa identica situazione, viene descritta come il “Wall Street Game” (il gioco di Wall Street).
La posta in gioco e le opzioni a disposizione dei giocatori in entrambi le situazioni sono esattamente le stesse però quello che si verifica è che quando il gioco viene descritto come “Wall Street Game” solo il 33% dei soggetti coinvolti sceglie di cooperare mentre quando il gioco viene descritto come il “Community game”, allora, la percentuale di cooperazione cresce significativamente: il 67% di coloro che erano stati descritti dai colleghi come i più cooperativi e, addirittura il 75% di quelli che erano stati indicati come i meno cooperativi, scelgono, invece, di cooperare (“The Name of the Game: Predictive Power of Reputations versus Situational Labels in Determining Prisoner's Dilemma Game Moves”. Personality and Social Psychology Bulletin 30, pp. 1175-85, 2004).
La leva del “framing sociale”
Questo risultato mostra come il “frame sociale”, il modo in cui una certa situazione sociale viene descritta ha un impatto fortissimo sul comportamento dei soggetti coinvolti, un impatto che supera anche la barriera della reputazione e dei pregiudizi che gli altri hanno su di noi. In termini tecnici questa è una violazione di ciò che i logici chiamano “estensionalità” e i teorici delle decisioni, invece, definiscono “invarianza descrittiva”. In termini pratici il “framing sociale”, invece, rappresenta una forza potentissima a disposizione di chi si trova nelle condizioni di creare narrazioni pubbliche. Un altro interessante esperimento mostra come la disponibilità a fidarsi e a rispondere positivamente alla fiducia ricevuta possa essere facilmente manipolata semplicemente descrivendo la persona con la quale stiamo interagendo nell'esperimento o come “opponent” (avversario) o come “partner” (compagno).
Anche in questo caso la struttura formale della situazione era identica, così come la posta in gioco, eppure, anche in questo caso, “frame” differenti riescono a indurre comportamenti significativamente differenti: il 68% dei fiduciari risponde in modo affidabile a un “partner”, mentre lo stesso è vero solo nel 33% dei casi in cui i soggetti interagiscono con un individuo etichettato come “opponent” (Burnham, T., McCabe, K., Smith, V. “Friend-or Foe. Intentionality Priming in an Extensive Form Trust Game”. Journal of Economic Behavior and Organization 43, pp. 57-74, 2000). Questi studi, e altri che sono seguiti, concordano nel mostrare come la descrizione semantica delle caratteristiche dell'interazione, anche semplicemente l'etichetta che viene associata al gioco o ai giocatori, esercitano un effetto rilevante nel fornire agli agenti informazioni significative sul comportamento atteso degli altri, sia perché questo può essere soggetto a norme sociali differenti che vengono evocate dalla descrizione (a Wall Street si compete, mentre nella comunità si coopera), sia perché viene facilitato il processo di lettura e attribuzione delle intenzioni (un “partner” sarà cooperativo mentre un “opponent” conflittuale).
Frames di natura conflittuale facilitano la formazione di credenze del primo e del secondo ordine che portano a equilibri non cooperativi. “Io credo che tu non coopererai” ma anche “credo che tu creda che io farò lo stesso”. Al contrario, frames cooperativi agiscono sulle credenze di primo e di secondo ordine favorendo la convergenza verso esiti cooperativi. “Io so che tu coopererai e so che tu pensi che io coopererò”. Se da un lato l’evidenza empirica mostra che le persone in carne ed ossa sono straordinariamente capaci di coordinarsi su risultati ottimali utilizzando informazioni teoricamente irrilevanti, i teorici dei giochi non sono stati in grado, fin qui, di fornire una spiegazione soddisfacente di tale capacità."
"False consensus effect”
Le teorie dei “punti focali” mirano a comprendere il processo attraverso il quale i giocatori collegano le proprie strategie al contesto di gioco utilizzando la ricchezza informativa di quest'ultimo e cercando nell'ambiente indizi utili a coordinare le proprie scelte. Frames differenti, in questo senso, possono, dunque, favorire o ostacolare l'individuazione di tali informazioni. L'idea alla base del concetto di “punto focale” presuppone che, in una situazione strategica, un particolare “frame” possa segnalare spunti che favoriscono il coordinamento delle scelte perché un certo “frame” influenza le aspettative sulle scelte degli altri.
Ma c'è di più: se gli agenti sono sensibili alle intenzioni degli altri, come abbiamo visto nel “Mind the Economy” della settimana scorsa, allora la descrizione di una situazione influenza il comportamento indipendentemente dalle aspettative sulle scelte degli altri. In questo modo sorge un secondo canale attraverso il quale i “frame” segnalano informazioni che ora influenzano le aspettative sulle aspettative degli altri. Questo meccanismo è sorprendentemente coerente con vari fenomeni ben noti, per esempio, con il cosiddetto “false consensus effect”: le persone che si aspettano che gli altri collaborino tendono ad essere più disposte a collaborare da sole.
Clima culturale e narrazione prevalente
Si comprende, bene, allora, il ruolo che il “clima culturale” e la “narrazione prevalente” - per usare due espressioni molto comuni nella nostra comunicazione pubblica - possono esercitare nel plasmare i comportamenti effettivi e le scelte di tutti noi. Utilizzare il termine “zingaraccia”, per esempio, per indicare una persona di etnia Rom, non è solo un dispregiativo, ma è un'esplicita mossa nella costruzione di un certo “frame” nel quale vengono indentificati molto chiaramente “opponent” e “partner” e, in questo modo, vengono influenzati, non solo le opinioni, ma i comportamenti di chi all'interno di quel determinato “frame” vive e opera. Tutti i temi più dibattuti nell'attuale dibattito pubblico, dal merito al reddito di cittadinanza, dalla flat-tax agli aiuti all'Ucraina, fino agli sbarchi e alla vaccinazione, possono essere “incorniciati” in modi alternativi, posso essere presentati dentro “frame” differenti.
La prossima volta che ascoltiamo una di queste notizie e assistiamo ad un talk-show proviamo a pensare non solo alla notizia, ma anche alla cornice nella quale viene presentata; scopriremo una profondità di significati insospettata e magari riusciremo anche a comprendere meglio il fine ultimo di chi quella notizia la da o la commenta.