The Economy of Francesco

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#EoF - Messico. Terre del caffè libere dalla speculazione: così un'altra economia è possibile

#EoFStories - Erika Ruiz Lara è tra i giovani di Economy of Francesco ed è una delle colonne della cooperativa “Yomol A’tel” che ha tolto il controllo della filiera agli intermediari che penalizzavano i produttori.

pubblicato su Avvenire il 24/08/2023

Il prossimo evento globale di Economy of Francesco si terrà il 6 ottobre in streaming (ma non solo). Verrà trasmesso dal Teatro dell’Istituto Serafico di Assisi e sarà l’occasione per riflettere su un’economia inclusiva, capace di comprendere i capitali spirituali, sociali e narrativi di una comunità. La riflessione sui capitali narrativi e spirituali ha accompagnato la EoF community durante tutto il 2023, pertanto sarà il macro-tema anche dell’incontro di ottobre. In un mondo che cambia continuamente sono necessari alcuni punti fermi: la community si ritrova, riflette e chiama all’azione.

The Economy of Francesco, il progetto ideato per cambiare modello economico: il 6 ottobre da Assisi il prossimo evento globale.

Nella lingua tseltal maya, la terza più diffusa in Messico, non c’è una parola esatta per tradurre il termine “cooperativa”. Gli indigeni parlano di “Yomol A’tel”, che significa: “Insieme camminiamo, insieme sogniamo, insieme lavoriamo”. Il lavoro, in quest’ottica, non è solo un atto: è il risultato di un’esperienza condivisa e di un progetto comune. Sta, in tal modo, in bilico, tra passato e futuro. 

Non poteva, dunque, chiamarsi in nessun’altra maniera l’iniziativa avviata una ventina d’anni fa nella selva del Chiapas, Stato messicano tra i più ricchi – per risorse – e i più poveri – per condizioni di vita della popolazione, al 90 per cento nativa. Negli altipiani boschivi del nord cresce abbondante il caffè, prodotto base dei non tantissimi appezzamenti che le comunità sono riuscite a conservare – a costo di lotte durissime – dalle mire dei potenti latifondisti locali. Alla pressione per sottrarre la terra, negli ultimi decenni si è aggiunta un’altra forma, più indiretta, di speculazione. Per i contadini è difficile avere accesso al mercato internazionale. È nata così la figura dell’intermediario. I Maya, però, preferiscono parlare di “coyotes”, trafficanti, la stessa parola impiegata per definire quanti commerciano in esseri umani, lucrando sulla disperazione dei migranti in fuga verso il miraggio statunitense. I “coyotes” del caffè cercano di massimizzare lo scarto tra il prezzo di acquisto pagato ai produttori e quello di vendita nella grande distribuzione. Sono loro a dettare le regole. E quando il costo dei chicchi cala alla Borsa di New York, il guadagno degli agricoltori quasi si azzera, costringendo tantissimi a indebitarsi o a unirsi al flusso di profughi diretti a Nord.

Erika Ruiz Lara, tra i giovani di The Economy of Francesco, è una delle colonne di “Yomol A’tel”, cooperativa che in Chiapas
ha tolto il controllo dell’intera filiera agli intermediari che penalizzavano i produttori: «Un’altra economia è possibile»

«Eliminare la figura del coyote e riappropriarci del controllo della catena di distribuzione era la chiave per trasformare la produzione del caffè da icona di sfruttamento a germe di un’altra economia possibile», racconta Erika Ruiz Lara, chiapaneca di 32 anni, nata nel villaggio di Chilón e laureata in business, tema in cui si sta ulteriormente specializzando con un master all’Università Iberoamericana di Città del Messico. È lei una delle colonne portanti di “Yomol A’tel”, cooperativa di cui fanno parte 350 famiglie delle comunità sparse nelle zone di Chilón, Sitalá, Ocosingo e Pantelhó. Unendo le forze, i produttori hanno preso in mano il processo di lavorazione del caffè e della sua distribuzione, anche grazie al sostegno dei gesuiti che operano nella regione da oltre sette decenni.

«Il nostro è un caffè buono sotto molti punti di vista. È di alta qualità perché viene coltivato in modo organico. Senza la mediazione dei “coyotes”, inoltre, riusciamo a venderlo ad un prezzo giusto per chi lo produce». Il fine è garantire il “lekil kuxlejalil”, dicono i Tseltal, una vita in armonia con la terra e la comunità. Il caffè di “Yomol A’tel” viene commercializzato attraverso i bar delle università dei gesuiti sparse per il Messico. «Quando lo bevo, qui alla Iberoamericana, mi sento a casa», aggiunge Erika. Di recente, si può trovare anche in alcune caffetterie di San Cristóbal de las Casas, località tra le più turistiche e simboliche del Chiapas. I guadagni vengono ripartiti tra i contadini Tseltal in modo che abbiano un reddito sufficiente. «Ma cerchiamo di mettere da parte le eccedenze per fare ulteriori investimenti. Così abbiamo potuto affiancare alla coltivazione del caffè, la produzione di miele, il cui prezzo internazionale è molto meno volatile». L’ultima invenzione è un progetto di creazione di cosmetici, saponi e tessuti ricamati rivolto specificamente alle donne. «Ci lavorano in novantasei. Non sono tante in numero assoluto ma sono triplicate dopo la pandemia». Erika sa che la cooperativa è un processo che non si esaurisce nel risultato immediato.

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