I Commenti de «Il Sole 24 Ore» - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore.
di Vittorio Pelligra
Pubblicato su Il Sole 24 Ore il 24/03/2024
La Teoria della giustizia del filosofo americano John Rawls rappresenta l’opera di filosofia politica certamente più influente del XX secolo. Nonostante l’oggettiva complessità della sua costruzione, la finalità, nelle sue linee essenziali, può essere presentata in maniera piuttosto semplice. Lo fa, per esempio, Thomas Pogge, uno dei suoi ultimi allievi del filosofo americano, con queste parole: “Rawls mira a proporre un criterio pubblico di giustizia che i cittadini possano comprendere e applicare insieme in modo trasparente a tutte le questioni riguardanti la progettazione, il mantenimento e l’adeguamento della struttura di base della loro società”. L’idea di giustizia di Rawls, quindi, è innanzitutto un’idea applicabile; dev’essere cioè basata su principi operativi capaci di dare risposte e suggerire una linea d’azione davanti a problemi concreti. Dev’essere, poi, pubblica e semplice da comprendere. Questi requisiti di pubblicità e semplicità, derivano dall’impostazione generale di tutta la filosofia politica rawlsiana che si pone come uditorio privilegiato non tanto i filosofi di professione, quanto i cittadini comuni, coloro che vivono e sperimentano i problemi della vita associata e che hanno necessità di acquisire dei principi di base in virtù dei quali formarsi idee e preferenze relative a tutti quei problemi fondamentali su cui, in ogni democrazia liberale, i cittadini sono chiamati ad esprimersi attraverso il voto. Ci dice Pogge, infine, che la giustizia non riguarda tanto le azioni dei singoli, ma piuttosto la struttura di base della società, le istituzioni che ci diamo per regolare le nostre relazioni e i principi che utilizziamo per allocare i benefici della cooperazione sociale.
Struttura teorica e fasi dell’argomentazione rawlsiana
Abbiamo analizzato nelle settimane scorse la struttura teorica e le fasi attraverso le quali si sviluppa l’argomentazione rawlsiana. Nel solco della tradizione contrattualista essa prevede un processo di negoziazione che, procedendo da una “posizione originaria”, porterà gli agenti, individui razionali e liberi, a sottoscrivere un accordo che prevede l’adozione dei principi di giustizia. Un accordo che da quel momento diventerà vincolante e andrà a regolare il funzionamento delle istituzioni di base della società. Il ruolo di tali istituzioni, come spiega Rawls, è quello di distribuire “i doveri e i diritti fondamentali e determina[re] la suddivisione dei benefici della cooperazione sociale” (Una Teoria della Giustizia, Feltrinelli, 1982). I diritti e doveri e gli altri benefici che devono essere distribuiti vengono definiti “beni primari”. Si tratta, nelle stesse parole del filosofo di “cose che si presume ogni individuo razionale desideri. Questi beni, di norma, sono utilizzabili, qualunque sia il piano razionale di vita di una persona”. Rawls propone una lista provvisoria di questi beni che comprende “diritti, libertà, opportunità, ricchezza e reddito” ai quali si aggiungerà in una seconda fase “il bene primario del rispetto di sé”. Questo insieme di “beni primari” costituiscono i cosiddetti “beni primari sociali”. A questi si affiancano i “beni primari naturali”, costituiti dalla salute, la forza, l’intelligenza e la fantasia. Distinguere tra beni primari sociali e beni primari naturali è importante perché mentre la distribuzione dei primi è fortemente influenzata dalla natura delle istituzioni della struttura di base, i secondi, invece, pur essendo fondamentali per un’esistenza degna, sono in buona parte indipendenti dalle istituzioni sociali.
La distinzione tra beni primari sociali e naturali
Questa distinzione tra beni primari sociali e naturali è centrale nel pensiero di Rawls ed è necessaria per poter segnare in modo chiaro una differenza netta tra la sua concezione della giustizia e altri due approcci alternativi, quello degli “egualitaristi della sorte” (luck-egalitarians), da una parte e quello degli utilitaristi dall’altra. I primi sono convinti che una società giusta debba in qualche modo compensare gli svantaggi che la sorte distribuisce ai cittadini in maniera imprevedibile, per il fatto di essere nati con una disabilità, in un certo luogo, in una certa famiglia, per esempio, quando questi ed altri fattori determinano una condizione di svantaggio e non possono essere attribuiti alla responsabilità personale. Per questa ragione i luck-egalitarians propendono per principi distributivi che assegnano maggiori risorse a chi si trova in condizioni sfavorevoli a causa della lotteria della nascita. Occorrerebbe, per esempio, investire di più nelle periferie e nelle regioni svantaggiate o fornire migliori servizi educativi a chi parte da situazioni di difficoltà. Gli utilitaristi, d’altro canto, essendo interessanti alla massimizzazione della somma delle utilità individuali, tenderanno a prediligere regole distributive che assegnano più risorse a coloro che sono in grado di trarre comparativamente maggiore utilità dalle stesse. Secondo questa logica, allora, bisognerebbe investire di più su chi è più bravo a scuola, trasferire il reddito da chi non se lo può godere (disabili?) a chi ne può trarre maggior godimento. La posizione di Rawls al riguardo è mediana, proprio in virtù della distinzione tra beni primari naturali e beni primari sociali. Egli non immagina dei principi di giustizia capaci di compensare le differenze naturali. Gli effetti della lotteria della nascita e le differenze che questi determinano non devono essere presi in considerazione né in senso positivo né in senso negativo. “La società non è responsabile della giustizia o ingiustizia dell’universo”, commenta Thomas Pogge – ma solo per la condotta delle proprie istituzioni. Per questo è necessario concentrarsi esclusivamente su quei beni la cui distribuzione è regolata o intenzionalmente influenzata dalle istituzioni, cioè sui “beni primari sociali”.
Ogni cittadino possiede la stessa dotazione di beni sociali principali
L’argomento rawlsiano procede, poi, immaginando una ipotetica situazione iniziale in cui ogni cittadino possiede la stessa dotazione di beni sociali principali. Ogni cittadino ha gli stessi diritti e doveri, lo stesso reddito e la stessa ricchezza. Non che questa situazione sia, per Rawls, auspicabile di per sé, ma essa serve solo come punto di partenza e di riferimento. Se per esempio, a partire da questa situazione di uguaglianza, l’applicazione di un certo principio distributivo producesse un’allocazione nella quale tutti i cittadini hanno una dotazione maggiore di beni primari rispetto alla situazione iniziale, anche se questa allocazione dovesse prevedere incrementi differenti per cittadini differenti, sarebbe comunque auspicabile – un miglioramento paretiano, in termini economici – e il principio distributivo otterrebbe il consenso di tutti i cittadini. Ma se non fosse possibile far aumentare il benessere di tutti, sia pure in misura differente? È in questi casi che le differenti idee di giustizia diventano davvero dirimenti ed è per regolare situazioni come queste che i due principi rawlsiani prendono forma.
La priorità delle libertà
Il punto di partenza di questa fase dell’argomentazione è la cosiddetta “priorità delle libertà”. Per Rawls è impensabile che per promuovere il benessere della maggioranza possa essere sacrificata la libertà di una qualche minoranza di persone. “Ogni persona – scrive il filosofo - possiede un’inviolabilità fondata sulla giustizia, su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri (…) I diritti garantiti dalla giustizia non possono essere oggetto né della contrattazione politica, né del calcolo degli interessi sociali”, afferma Rawls. Calcolo degli interessi che, invece, è perfettamente coerente con un approccio utilitarista. Ciò significa che nella costruzione rawlsiana la libertà assume un valore “lessicografico”: si può ragionare di un certo principio distributivo o di un altro solo ed esclusivamente dopo aver assicurato in maniera assoluta il rispetto delle libertà individuali. Tra benessere e libertà non può esserci, cioè, nessun rapporto di scambio. Non si possono imporre restrizioni alle libertà personali neanche nel caso in cui queste portassero in cambio un maggior benessere. Il tema è complesso è problematico. Per risolvere le difficoltà tecniche connesse ad un simile ragionamento Rawls propone una procedura particolare: si tratta di separare, nell’ambito della lista dei beni primari sociali, le libertà e i diritti da tutti gli altri beni primari e di dare priorità lessicografica, appunto, a tutte le considerazioni relative alla distribuzione delle libertà e dei diritti e di subordinare le questioni che riguardano l’allocazione degli altri beni a queste.
Le possibili configurazioni alternative delle istituzioni della struttura di base
Tra tutte le possibili configurazioni alternative delle istituzioni della struttura di base, dovremmo preferire sempre quella che produce una migliore distribuzione delle libertà fondamentali e dei diritti, a prescindere dalla distribuzione dei restanti beni sociali primari. Questa divisione lessicografica che stabilisce la priorità di libertà e diritti rispetto agli altri beni sta alla base della necessità di individuare non uno ma due principi di giustizia. Il primo che trova la sua applicazione rispetto all’ordinamento politico e giuridico della società e il secondo che, invece, concerne il suo assetto sociale ed economico. Come sottolinea Thomas Pogge “La priorità lessicale del primo principio significa che i vari progetti di strutture di base praticabili devono essere giudicati principalmente dalla distribuzione dei diritti e delle libertà fondamentali che ciascuno di essi dovrebbe produrre. Il secondo principio entra in gioco solo nella misura in cui si stima che queste distribuzioni siano equivalenti (…) I progetti alternativi di strutture di base praticabili devono essere classificati in analogia a come le parole sono ordinate in un dizionario. Il primo è stimare innanzitutto, attraverso il primo principio di giustizia di Rawls, la qualità della distribuzione dei diritti e delle libertà fondamentali che ogni progetto di struttura di base produrrebbe. Se un progetto di struttura di base fa meglio di un altro in questo punteggio, viene classificato più in alto solo per questo motivo (come una parola che inizia con d viene elencata prima di una che inizia con f, indipendentemente dalle lettere successive). Quando si stima che due progetti strutturali di base producano distribuzioni equivalenti dei diritti e delle libertà fondamentali, allora il legame viene rotto attraverso il secondo principio di giustizia: valutando le rispettive distribuzioni dei restanti beni sociali primari” (John Rawls: His Life and Theory of Justice, Oxford University Press, 2007). Dopo non poche enunciazioni e formulazioni, al paragrafo 46 di Una Teoria della Giustizia, Rawls enuncia i due principi. Il primo: “Ogni persona ha un eguale diritto al più ampio sistema totale di eguali libertà fondamentali compatibilmente con un simile sistema di libertà per tutti”. Il secondo: “Le ineguaglianze economiche e sociali devono essere: a) per il più grande beneficio dei meno avvantaggiati, compatibilmente con il principio di giusto risparmio, e collegate a cariche e posizioni aperte a tutti in condizioni di equa eguaglianza di opportunità”. A questi principi Rawls affianca due regole di priorità. La prima, la “la priorità della libertà” afferma che “I principi di giustizia devono essere ordinati lessicalmente, e quindi le libertà fondamentali possono essere limitate solo in nome della libertà stessa. Vi sono due casi:
a) una libertà meno estesa deve rinforzare il sistema totale di libertà condiviso da tutti;
b) una libertà inferiore alla eguale libertà deve essere accettabile per coloro che godono di minore libertà”.
Infine, la seconda regola di priorità “la priorità della giustizia rispetto all’efficienza e al benessere” stabilisce che “Il secondo principio precede lessicalmente il principio di efficienza e quello della massimizzazione della somma dei vantaggi; l’equa opportunità precede il principio di differenza. Vi sono due casi:
a) un’ineguaglianza di opportunità deve accrescere le opportunità di coloro che ne hanno di meno;
b) un tasso di risparmio eccessivo deve, a conti fatti, ridurre l’onere di coloro che per esso sopportano privazioni”.
La teoria rawlsiana della giustizia
Questo il nocciolo della teoria rawlsiana della giustizia. Principi apparentemente semplici da cui derivano implicazioni complesse. Ne discuteremo a lungo i particolari e le sottigliezze nei prossimi Mind the Economy. Concludo con un accenno alla lista delle libertà che Rawls pone sotto la protezione del suo “primo principio”. Si tratta della libertà politica (il diritto di voto e quello di ricoprire cariche pubbliche), la libertà di parola e di riunione, la libertà di coscienza e quella di pensiero, la libertà della persona, che include la libertà dall’oppressione psicologica e quella dall’aggressione fisica, il diritto alla proprietà personale e la libertà dall’arresto arbitrario. “Queste libertà – continua Rawls - devono essere eguali come previsto dal primo principio”. Proviamo a chiederci ora: “E noi, con la nostra struttura di base, con le nostre istituzioni, con la nostra cultura politica, con le nostre pratiche sociali, con la nostra recente storia passata, a questo riguardo a che punto siamo?”
Credits foto: © Diego Sarà