I Commenti de "Il Sole 24 Ore" - Mind the Economy, la serie di articoli di Vittorio Pelligra sul Sole 24 ore
di Vittorio Pelligra
pubblicato su Il Sole 24 ore del 17/04/2022
La disuguaglianza non ci piace. In società più diseguali si vive male: sono più pronunciati i problemi sociali e la criminalità, ci si fida meno gli uni degli altri e la salute dei cittadini risulta più precaria, maggiore è l'incidenza del disagio mentale e l'aspettativa di vita è più bassa. I neuroeconomisti ci spiegano che davanti ad una situazione di ingiustizia e disuguaglianza il nostro cervello produce rabbia e disgusto.
Queste reazioni sono così radicate nella nostra storia evolutiva che si osservano anche nei primati superiori, i nostri cugini filogenetici. Ma la rabbia e il disgusto non rimangono silenti, si manifestano di solito attraverso comportamenti di protesta.
Le scimmie cappuccine esposte all'ingiustizia reagiscono rifiutando il cibo. Sono disposte a sopportare un costo pur di manifestare il loro disappunto rispetto al trattamento ingiusto al quale sono sottoposte. Gli esseri umani, analogamente, sono disposti a rinunciare ad un guadagno materiale pur di punire chi si è comportato ingiustamente nei loro confronti. È questo il principale risultato che emerge dagli studi condotti sull'ultimatum game di cui abbiamo parlato diffusamente nei Mind the Economy delle settimane scorse. Un modello comportamentale osservato in tutto il mondo, ci spiegano gli antropologi, e presente in tutte le culture.
Il ruolo che le emozioni giocano nel plasmare le nostre reazioni davanti all'ingiustizia è stato esplorato attraverso una serie di esperimenti basati su differenti varianti dell'ultimatum game. Nella sua versione standard, questa situazione, prevede che due giocatori siano chiamati a spartirsi una certa risorsa.
Il ruolo delle emozioni
Il giocatore A, o proposer, riceve 10 euro come dotazione iniziale e deve decidere quanti darne al giocatore B, detto anche receiver. L'offerta può andare da zero fino all'intera somma. Una volta comunicata l'offerta il receiver potrà accettare o rifiutare. In caso di rifiuto nessun dei giocatori otterrà niente. I risultati tipici che si osservano sia in laboratorio che sul campo, in situazioni del genere, ci dicono che le offerte inferiori al 30-40% dell'intera dotazione vengono di solito rifiutate e per questo, raramente, i proposer offrono meno del 50% della loro dotazione. Rifiutare un'offerta per quanto bassa, rappresenta naturalmente un costo per i receiver che, pure, non esitano a rigettare sistematicamente quelle proposte che ritengono inique.
a che ruolo giocano le emozioni in questo processo? L'economista cinese Erte Xiao assieme il suo collega Dan Houser della George Mason University hanno escogitato una variante dell'ultimatum game nella quale, pur preservando l'anonimato tra i giocatori, viene data al receiver la possibilità di mandare dei messaggi al proposer attraverso un computer. L'idea di fondo è quella che se il rifiuto di offerte inique è un modo per manifestare il disappunto e la rabbia per un trattamento ingiusto, l'attivazione di un canale di comunicazione alternativo ed esplicito attraverso il quale comunicare la propria indignazione, avrebbe dovuto rendere i receiver maggiormente disponibili ad accettare offerte anche basse.
La comunicazione esplicita mi consente di protestare e di sfogare la mia rabbia potendomi risparmiare, in questo modo, i costi legati al rifiuto dell'offerta monetaria. I risultati dello studio mostrano, innanzitutto, una stretta correlazione tra le emozioni espresse attraverso i messaggi dai receiver e le offerte ricevute: offerte basse suscitano risposte indignate mentre offerte alte inducono sentimenti di comprensione e gratitudine.
Dal punto di vista comportamentale, poi, i dati mostrano che le emozioni contano: quando le offerte sono basse, al di sotto del 20% della dotazione iniziale, vengano rifiutate con maggiore probabilità se i rispondenti non hanno la possibilità di comunicare il proprio disappunto al proposer. La possibilità di condividere le proprie emozioni con il proposer costituisce, quindi, un efficace canale alternativo attraverso il quale il receiver può esercitare la propria punizione simbolica senza essere costretto a subire il costo materiale associato al rifiuto dell'offerta. Questi messaggi contribuiscono, in altri termini, a “raffreddare” (cooling down) gli animi e a rendere le scelte un po' più razionali (Xiao, E.m D. Houser (2005). “Emotion expression in human punishment behavior”. Proceedings of the National Academy of Sciences 102, pp. 7398–401).
Il “fattore tempo”
Gli effetti legati alla possibilità di “raffreddare gli animi” sono stati esplorati in un secondo studio condotto dalle economiste tedesche Veronika Grimm e Friederike Mengel. La loro idea era quella di verificare l'effetto di una risposta rimandata nel tempo. Quando siamo in preda ad emozioni forti, soprattutto con valenza negativa, rabbia, disappunto, delusione, la saggezza popolare suggerisce di respirare, contare fino a dieci e, solo dopo, agire.
Cosa succede se obblighiamo il receiver ad aspettare un certo periodo di tempo prima di decidere se accettare o rifiutare l'offerta del proposer? I risultati che emergono sono significativi. Quando introduciamo il periodo di “raffreddamento” la probabilità che anche le offerte basse vengano accettare cresce sensibilmente. Quando il proposer, per esempio, offre il 10% della sua dotazione, tale proposta viene rifiutata nel 100% dei casi, ma se introduciamo il periodo di “raffreddamento” allora l'offerta viene accettata nel 63% dei casi (Grimm, V., F. Mengel (2011). “Let me sleep on it: delay reduces rejection rates in ultimatum games”. Economics Letters 111, pp. 113–15).
Una delle critiche più diffuse a questi studi comportamentali riguarda il fatto che le somme in gioco sono di solito molto piccole, nell'ordine della decina di dollari o euro. Secondo gli scettici quando la posta in gioco dovesse crescere si osserverebbero comportamenti più in linea con le previsioni della teoria standard che, nel caso dell'ultimatum game, prevede l'accettazione di ogni offerta positiva per quanto piccola.
L’esperimento con somme elevate
Fortunatamente anche questo è un tema che può essere investigato sperimentalmente. L'evidenza raccolta finora, al riguardo, non è del tutto conclusiva, ma alcuni studi ci mostrano che il comportamento tende a non cambiare anche se la posta in gioco aumenta significativamente. Lisa Cameron, economista dell'Università di Melbourne ha condotto un esperimento in Indonesia, dove il tasso di cambio con la moneta locale consente di utilizzare somme che sono per i locali decisamente allettanti. La Cameron ha proposto varianti dell'ultimatum game con dotazioni di 5.000, 40.000 e 200.000 rupie indonesiane, equivalenti, in quest'ultimo caso, a tre mesi di stipendio medio. Nonostante le notevoli differenze rispetto alla posta in gioco l'esperimento non ha evidenziato cambiamenti di rilievo rispetto alle somme offerte e al tasso di rifiuto (Cameron, L., (1999). “Raising the stakes in the ultimatum game: experimental evidence from Indonesia”. Economic Inquiry 37, pp. 47‒59).
Anche Jeffrey Carpenter assieme ad alcuni colleghi hanno esplorato lo stesso tema facendo variare la dotazione iniziale da $10 a $100. Anche in questo caso non viene evidenziata nessuna differenza degna di nota (Carpenter, G., Verhoogen, E., Burks, E., (2005). “The effect of stakes in distribution experiments”. Economics Letters 86, pp. 393–8). Per osservare cambiamenti significativi nelle scelte dei proposer e dei receiver le variazioni nell'entità delle somme devono essere veramente rilevanti.
È ciò che hanno mostrato John List, Uri Gneezy e i loro colleghi che in India hanno condotto esperimenti facendo variare di ben mille volte, da 20 a 20 mila rupie, l'ammontare della dotazione iniziale. In questo caso sì che si notano delle differenze: la propensione a rifiutare offerte percentualmente basse si riduce al crescere della dotazione, così come, allo stesso modo, si riduce la percentuale mediamente offerta dai proposer (Andersen, S., et al. (2011). “Stakes matter in ultimatum games”. American Economic Review 101, pp. 3427‒39)
Questi studi sembrano aver stabilito un nesso diretto tra le emozioni negative e la disponibilità ad agire istintivamente e a punire e aver mostrato come tale spinta istintiva possa essere mitigata favorendo la comunicazione tra le parti così come attraverso un periodo di riflessione e raffreddamento. Alcune start-up stanno cercando di applicare tecniche di machine learning e sentiment analysis per implementare dei plug-in per i più diffusi programmi di posta elettronica che verificano il tono delle mail e impediscono di rispondere immediatamente a messaggi provocatori, in modo da risparmiarci reazioni che potremmo poi rimpiangere amaramente. Nonostante la tecnologia avanzata e i notevoli investimenti i risultati concreti non appaiono ancora del tutto soddisfacenti. Continuiamo a respirare e a contare fino a dieci, in questi casi. Rimane sempre il rimedio più efficace.