Un solo uomo vale più di ogni capitale, la sua vita non è misurabile con il metro economico.
di Luigino Bruni
pubblicato su Il Messaggero di Sant'Antonio il 29/12/2021
Mi ha sempre colpito e incuriosito l’episodio narrato da Marco (5,1-20) dell’indemoniato di Gerasa: Gesù lo guarisce, mandando il suo demone plurale («legione») in una mandria di duemila porci, i quali poi si gettano in un lago dove muoiono tutti, provocando la protesta dei loro proprietari che pregano il Messia di andarsene. Forse Marco inserì il materiale che narrava l’episodio di un esorcismo di Gesù particolarmente difficile e spettacolare in un fatto analogo avvenuto nella zona (una mandria di porci suicidatasi nel lago). Il dettaglio dei duemila porci, però, è importante.
Ciò che sembra colpire gli abitanti di Gerasa e i mandriani non è tanto la guarigione dell’indemoniato, ma il suicidio collettivo dei maiali. Ed è a causa di questa perdita patrimoniale (i maiali erano un «asset» essenziale nell’economia del tempo) che i proprietari implorano Gesù di andarsene. Siamo all’interno di un conflitto anche economico-patrimoniale. Come accadrà a Efeso (At 19,27) con Demetrio, che costruiva tempietti di argento e oro di Artemide: Gesù, gli apostoli e il loro messaggio entrano in conflitto con i patron dell’economia locale.
L’arrivo del Vangelo si annuncia come una minaccia concreta per i loro affari. Non capiamo infatti l’ostilità nei confronti di Gesù e poi della Chiesa primitiva senza considerare gli effetti diretti e collaterali che il suo messaggio produceva nell’economia. Ormai gli storici sono concordi nell’individuare nelle dimensioni economiche una delle cause del triste epilogo della storia di Gesù, il quale, criticando radicalmente l’industria del tempio e i ricchi, ed esaltando i poveri, si mise contro i principali interessi della sua società, soprattutto quelli del tempio.
In questo episodio Marco ci dice che per Gesù una sola anima salvata è più importante del valore economico di una enorme mandria di animali. Un solo uomo vale più di ogni capitale, la sua vita non è misurabile con metro economico. L’aver voluto riportare la reazione dei proprietari della mandria ci rivela allora una intenzione esplicita di Marco: voler mettere in luce anche questo conflitto socio-economico. Gesù non era criticato e perseguito soltanto da scribi e farisei, non era amato neanche dai padroni, dai proprietari terrieri, dai possessori di capitali mobili e immobili, che diventano alleati impliciti dei demoni.
Colpisce, infatti, che le due categorie che si rattristano del miracolo di liberazione di Gesù sono «i demoni e i padroni dei porci», i quali, insieme, gli dicono di andarsene via. I proprietari gli chiedono «con insistenza» di andare via; i demoni lo implorano «con insistenza» che «non li cacciasse fuori dal paese». La stessa insistenza, per salvare un contratto di mutuo vantaggio tra demoni e porci: ci sono padroni dei capitali che preferiscono la coabitazione coi demoni all’arrivo del Vangelo, perché sanno che i loro capitali potrebbero continuare a esistere e a produrre rendite anche ospitando al loro interno i demoni; sono disposti a tutto, anche a vendere l’anima al diavolo, pur di non rinunciare ai loro interessi.
Meglio dunque vivere in co-abitazione con i demoni che dover condividere le ricchezze con i poveri. Anche perché, mentre Dio e mammona sono incompatibili, ricchezze e demoni stanno molto bene assieme, e i capitalisti hanno sempre sperato di poter mettere a reddito anche il demonio. Ma non sanno che qualche volta i porci si gettano nel mare, perché la forza della Parola che libera è più grande degli interessi. Spesso non lo vediamo. Questo racconto ci dice che l’ultima parola sulla vita non sarà quella del capitale.
Credits foto: © Giuliano Dinon / Archivio MSA