L'esilio e la promessa

L'esilio e la promessa/7 - Non nei “centri” dei potenti falsi profeti, ma nelle periferie e tra gli ultimi

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 23/12/2018

Ezechiele 07 rid«Io ti supplico: Dio, mio sognatore, continua a sognarmi»

J. L. Borges, Storia della notte

La Bibbia è narrazione di migrazioni, di esili, di popoli nomadi e di tende mobili, è la stupenda storia di un arameo errante che insegue una voce dentro un orizzonte infinito. In un villaggio di esuli nei pressi di Babilonia, per ordine di YHWH, la profezia prese la forma del migrante, e l’homo migrans divenne parola biblica nella carne di uno dei profeti più grandi. E vi è rimasta per sempre. In Ezechiele, profeta povero e esiliato, sacerdote senza tempio di un Dio sconfitto, ogni emigrato della terra può leggere la propria storia, può pregare con le sue parole se ha esaurito le proprie, può sentirlo compagno di bagaglio e di fughe notturne per terra e per mare, sotto lo stesso velo che oscura gli occhi per non morire di dolore.

L’esilio e la promessa/28 - C’è sempre un pezzo di terra sacra non in vendita, dunque senza prezzo

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 19/05/2019

«Il prezzo della vita proviene da cose senza prezzo. Nella sfera dell’atto gratuito, del dono di ciò che possiede e di ciò che è, l’uomo raggiunge la sua più alta dignità»

François Perroux, Le capitalisme

Siamo giunti alla fine del commento del libro di Ezechiele. La sua ultima parola è sulla città, a ricordarci che il senso della profezia è parlarci di cielo per fare migliore la terra.

Chi teme la gratuità e il dono non cerca, in genere, di eliminarli. Più intelligentemente li ricolma di parole di stima e di lodi, e poi li chiude in un ambito angusto e separato perché, legati e imprigionati, non disturbino il normale commercio che si svolge al di fuori del recinto. I nomi di questi tentativi di recinzioni ideologiche oggi sono: non profit, volontariato, Terzo settore, religione. Ci sono falsi profeti che fanno di tutto per convincerci che il dono e la fraternità sono buoni e utili solo se restano docili dentro un territorio definito e limitato, perché sanno che se si liberassero e uscissero metterebbero in profonda crisi i loro affari. Le grandi innovazioni avvengono quando, grazie a qualche profeta onesto, la gratuità oltrepassa il suo confine e fa irruzione in città, trasformandola e cambiandola per sempre.

L'esilio e la promessa/1 - Nella Bibbia più si tocca la terra, più facile è udire il cielo

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenireil 11/11/2018

Ezechiele 01 ridÈ Pasqua. Mio padre, levando in alto il bicchiere, mi dice d’andare ad aprire la porta. A un’ora così tarda aprire la porta per fare entrare il profeta Elia? Ma dov’è Elia, e il suo carro bianco? Forse sotto le spoglie di un misero vecchio, d’un mendicante ricurvo, con un sacco sulle spalle e un bastone in mano, sta per entrare in casa? «Eccomi! Dov’è il mio bicchiere di vino?»

Marc Chagall, La mia vita

L’esilio è una dimensione della condizione umana. Nascendo lasciamo un luogo familiare e sicuro per entrare in un altro sconosciuto, e senza due mani che ci accolgono e un corpo che ci riscalda e nutre non inizieremmo la nostra avventura sulla terra. I profeti sono la madre che ci accoglie, ci nutre e ci accompagna negli esili della vita; fino alla fine, quando lasceremo questo luogo per un altro. E se ascolteremo ancora una parola diversa, quell’ultimo viaggio sarà più buono. Tutti i profeti sono così, ma soprattutto Ezechiele. Lui è profeta che riceve la vocazione nell’esilio di Babilonia, durante la prova più grande del suo popolo, e dirà le sue parole più alte per mantenere vivi la promessa e il patto quando attorno tutto parlerà di dolore e di morte. La profezia è dono sempre, ma diventa bene essenziale quando la vita ci deporta in terre straniere, dopo che il grande sogno si è infranto, quando la speranza e la fede rischiano di spegnersi. Tanti, troppi esili restano disperati e sconsolati perché non riusciamo a viverli insieme ai profeti.

L'esilio e la promessa/6 - La nuova e vera festa è là dove non sembra esserci alcun "merito"

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 16/12/2018

Ezechiele 06 rid«E forse pace avremo
quando tutto sarà perduto
e inutili sentiremo le parole
e questi incontri che ci illudono.

Allora l'angoscia sarà
d'avere scoperto ― troppo tardi ―
questa smarrita esistenza …»

David Maria Turoldo, da O sensi miei

Le vigilie segnano il ritmo delle feste e della loro attesa. È il tempo nel quale il giorno diverso si prepara e matura, quando si forma e cresce il desiderio. I bambini sono i grandi esperti delle vigilie – dei compleanni, del primo giorno di scuola, della gita. Loro sanno che nel “villaggio” il sabato è un giorno bello perché sarà seguito da un giorno ancora più bello. Perché sanno che le feste sono vere, che non sono soltanto l’illusione di un desiderio strozzato nel momento in cui si compie, perché veri sono i genitori, i maestri, i compagni, perché sono veri i doni. È la verità della festa che rende veri il desiderio e l’attesa nella sua vigilia. Una innovazione del nostro tempo è l’invenzione di vigilie senza festa, perché nell’era delle feste scandite dal business ci restano solo le vigilie. Non sapendo, collettivamente, chi e che cosa festeggeremo veramente, restiamo in una successione continua di “sabati del villaggio”. Alla viglia di Natale seguirà la vigilia dei saldi, e poi quella di san Valentino, e così via per tutto l’anno, dove nuove vigilie ci faranno dimenticare la tristezza della festa negata. E l’anno volerà via velocissimo, perché derubato del tempo diverso della festa, che starebbe lì per farci gustare un boccone di eternità – anche se vivremo più anni dei nostri nonni, stiamo vivendo giorni molto più brevi dei loro.

L'esilio e la promessa/19 - Speciale, e davanti a Dio piena, è la solidarietà con la propria comunità

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 17/03/2019

«Abbiamo perso la capacità di cantare. L’uomo nella sua angoscia è un messaggero che ha dimenticato il messaggio. La Bibbia non è un libro su Dio: è un libro sull’uomo. Nella prospettiva della Bibbia: Chi è l’uomo? Un essere posto nel travaglio, ma che ha i sogni e i disegni di Dio»

Abraham Heschel, Chi è l’uomo?

Esiste una grande amicizia tra il compito del profeta e quello della sentinella. I profeti amano moltissimo questa immagine che faceva parte della vita quotidiana e laica delle loro città, e vi ricorrono spesso – il canto notturno della sentinella di Isaia (cap.21) è tra i passi più intensi e profondi di tutta la Bibbia. Della sentinella i profeti condividono il compito, la fedeltà assoluta al posto di guardia, l’essere maestri della vista e dell’udito, il saper stare sulla frontiera tra il dentro e il fuori, guardiani della soglia che separa un regno da un altro. La sentinella ha una missione molto chiara: deve suonare il corno, avvisare, allertare. Deve fare solo questo, ma quando non lo fa le conseguenze sono gravissime. Ed ecco che giunti nel mezzo del dramma vocazionale di Ezechiele, mentre Gerusalemme cade, torna la sentinella: «O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia... Se tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te» (Ezechiele 33,7-9). 

L'esilio e la promessa/22 - Parole per questi tempi di templi distrutti e di terre promesse scomparse

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 07/04/2019

«Disse a Gesù Nicodemo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?».»

Vangelo di Giovanni, capitolo 3

I profeti sono esperti e maestri dello spirito. Lo riconoscono quando soffia sulla terra, fuori e dentro di loro. Tra i molti vènti, sanno intercettarlo come vento diverso. Ne hanno un bisogno vitale per rispondere alla loro vocazione. Senza lo spirito i profeti non sarebbero capaci di capire le parole che ascoltano e riferiscono. È l’esegeta della parola che ricevono. Lo attendono, lo pregano, lo implorano, e sanno stare in silenzio quando pur ricevendo le parole non ricevono anche lo spirito. Nella Bibbia lo spirito è affratellato con la parola. Entrambi danno la vita, entrambi creano, trasformano, fecondano, bagnano, generano e rigenerano. Elohim, Parola, Ruah; Padre, Logos, Pneuma. L’unità e la molteplicità del Dio biblico erano già presenti nella Bibbia e nell’esperienza storica di quella fede. I profeti, poi, sono essenziali per discernere gli spiriti, per distinguere il vento della vanità, l’havel, dal vento dello spirito, la ruah. La Bibbia li conosce bene entrambi, i profeti li conoscono e riconoscono benissimo. 

L’esilio e la promessa/27 - Il tempio è troppo piccolo per contenere l’Amore e l’acqua della sapienza

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 12/05/2019

«Alioscia stava ritto e guardava, e all’improvviso, come abbattuto, si gettò a terra. Non sapeva perché l’abbracciasse così, non sapeva spiegare quel suo irresistibile desiderio di baciarla tutta, ma la baciava piangendo, singhiozzando e irrorandola delle sue lacrime e giurava, nella sua esaltazione, di amarla per sempre… Dopo tre giorni uscì dal monastero, il che era in accordo con le parole del suo defunto stàrets, il quale gli aveva ordinato di "dimorare nel mondo"»

Fëdor Dostoevskij,I Fratelli Karamazov - Cana di Galilea

La pagina del luogo sacro circondato dalle acque che irrorano la terra è una delle più grandi di Ezechiele e della Bibbia. Vi è contenuta l’immagine di una fede autenticamente laica, dove il tempio di Dio diventa la terra intera.

L’acqua è uno dei grandi simboli della Bibbia. Ne è l’alfa e l’omega. Pison, Tigri, Eufrate, Nilo, Giordano, Yabbok, Noè, Abramo, Agar, Rachele, Mosè, Mara, il Battista, la donna Samaritana, il Golgota. Fiumi, pozzi, donne. L’acqua e la vita, l’acqua è la vita. Sempre e ovunque, soprattutto in quelle regioni semi-aride del Vicino Oriente, o nella nostra terra inaridita e ridesertificata dalla non-custodia degli eredi di Adam e di Caino.

L'esilio e la promessa/12 - Neanche Dio può far a meno di uomini e donne che accettino i suoi doni

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 27/01/2019

«La solitudine è venuta... Gli uomini si sono ritirati; le amicizie smorte, gli interessi finiti. Ingratitudine? Vanità? Illusione?... Certo. Ma è sopra tutto la logica dell’esistenza che irrompe sino ad una certa età dell’uomo; e poi, sulla cresta degrada dall’altro versante, per tuffarsi nel mistero. Solo: dunque libero»

Igino Giordani, Diario di Fuoco

Nelle esperienze di dono, il primo dono non basta. C’è bisogno di un secondo atto co-essenziale di accoglienza. Perché il dono è un discorso che si svolge nel tempo, è una sintassi sociale di atti liberi. Molte patologie relazionali nascono da rapporti nei quali il donatore è talmente preoccupato di fare il proprio dono da impedire all’altro di pronunciare liberamente il suo sì. In molti rapporti, la parte più debole non è chi accetta ma chi fa il dono, perché il rifiuto è fonte di molto dolore e frustrazione (come quella provata da Caino per il suo dono non accolto). Tutti noi abbiamo paura che i nostri doni più importanti non vengano accolti (da un figlio, dal nostro capoufficio), e così siamo tentati di togliere all’altro la libertà di rifiutare il nostro dono, e, se possiamo, lo facciamo spesso. Il Dio biblico non ha voluto privarci della libertà di rifiutare il suo dono più grande, l’Alleanza e la Legge, e così ha esaltato la nostra dignità proprio mentre registrava le nostre infedeltà - e continua a farlo.

L'esilio e la promessa/21 - È la straordinaria alchimia dello Spirito a cambiare la pietra in carne

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 31/03/2019

«E l'anima mia si è addolorata per i figli dell'uomo, perché essi sono ciechi nel cuore, e poiché sono venuti al mondo nudi, essi cercano di uscire di nuovo nudi dal mondo»

Vangelo  di Tommaso

I bambini che imparano le parole sono uno degli spettacoli più belli sulla terra. Nel giro di qualche settimana il loro vocabolario esplode, e le pochissime parole dei primi due anni di vita si moltiplicano, diventano centinaia e poi migliaia. Ogni giorno porta con sé la sua dote di parole nuove, che il bambino apprende tutte assieme. Una volta divenuti adulti, però, le parole si reimparano solo una alla volta, quando un incontro, una malattia, una grande crisi diventano levatrici di parole. All’improvviso una parola-suono pronunciata migliaia di volte diventa parola-carne. Chissà che cosa sapeva Abramo della parola altare finché non ci distese sopra un figlio; o che cosa pensasse del mare Mosè prima di vederlo aperto davanti ai suoi occhi. Era cresciuto in mezzo ai legni nell’officina di suo padre, ma forse il senso della parola legnoGesù lo capì veramente sul Golgota. La Bibbia è anche una grande mappa per orientarsi nell’universo e nel mistero della parola e delle parole. Molte persone, dopo decenni di mutismo spirituale e morale, un giorno l’hanno incontrata e hanno reimparato a parlare, e con quelle parole donate hanno iniziato a pregare, senza accorgersene.

L'esilio e la promessa/15 - La parola può farci scorgere Dio e, prima ancora, le donne e gli uomini

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenireil 17/02/2019

In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è finito

Ignazio Silone, Fontamara

Paternità, figliolanza e matrimonio sono immagini presenti in molte religioni per esprimere il rapporto tra i popoli e le loro divinità. Anche la Bibbia le conosce, ma le usa con molta parsimonia. Perché l’urgenza di segnare la differenza tra YHWH e gli idoli ha generato una forte diffidenza verso le immagini umane per poter parlare di Dio. Il Cristianesimo ha poi generato forse l’innovazione religiosa più grande quando ci ha mostrato un uomo-Dio che chiamava YHWH con l’appellativo familiare di Abbà: babbo. Ma cadremmo nello stesso errore dei cananei e dei caldei se pensassimo che la paternità di Dio mostrataci da Gesù Cristo sia una copia della paternità umana. Le somiglia soltanto, come noi somigliamo a Dio di cui siamo "immagine e somiglianza"; una formula che dice vicinanza e distanza, entrambe massime. Molte malattie religiose si sono sviluppate da una distanza troppo grande che ha annullato la vicinanza, e altre da una eccessiva vicinanza che ha fatto di Dio qualcosa di talmente simile a noi da renderlo banale o inutile.

Image

aller à L'ARCHIVE

Langue: FRANÇAIS

Filtrer par Catégories

Nous suivre:

TELECHARGER LES DOCUMENTS

TELECHARGER LES DOCUMENTS

Les bandes dessinées de Formy!

Le Cube de l’entreprise

Le Cube de l’entreprise

La dernière révolution pour les petites Entreprises. Pliez-le ! Lancez-le ! Lisez-le ! Vivez-le ! Partagez-le ! Faites-en l'expérience !

Le Cube de l'entreprise en français!
Télécharger l'APP pour Android!

Qui est en ligne

Nous avons 972 invités et aucun membre en ligne

© 2008 - 2024 Economia di Comunione (EdC) - Movimento dei Focolari
creative commons Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons . Progetto grafico: Marco Riccardi - info@marcoriccardi.it

Please publish modules in offcanvas position.

Ce site utilise des cookies techniques, y compris ceux de parties tierces, pour permettre une exploration sûre et efficace du site. En fermant ce bandeau, ou en continuant la navigation, vous acceptez nos modalités d’utilisation des cookies. La page d’informations complètes indique les modalités permettant de refuser l’installation d’un cookie.