Luigino Bruni

Il mistero rivelato/3 - Gli esili e le guerre non finiscono mai se decidiamo di non sognare più.

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 17/04/2022

"Simone Weil: «L’agnello è in qualche modo sgozzato in cielo prima di esserlo sulla terra. Chi lo sgozza?». È la domanda ultima della cristianità - e non ha trovato risposta."

Roberto Calasso, Sotto gli occhi dell’Agnello

Il rifiuto del cibo da parte di Daniele alla corte di Babilonia apre la via a importanti riflessioni su come comportarsi, con intelligenza e creando legami, in terra straniera e con i potenti.

Il nostro tempo ama e cerca la felicità. E per questo non capisce la resurrezione, non capisce la Pasqua. Come reazione a generazioni passate che l’avevano collocata troppo nel cielo, dopo la morte e in quella dei figli, noi cerchiamo la felicità nostra, sulla terra e durante la vita. Si moltiplicano ormai scuole, professionisti, corsi che cercano di insegnarci tecniche per raggiungerla. Citano Aristotele, Buddha, qualcuno anche Cristo. Poi un giorno apriamo finalmente la Bibbia, cerchiamo tra le sue pagine la felicità e incontriamo solo un arameo errante, un liberatore di schiavi che non raggiunge la terra promessa, profeti non ascoltati e perseguitati, Giobbe che sul mucchio di letame non riceve da Dio le risposte che chiedeva, giovani che preferiscono morire pur di non perdere l’anima, un profeta diverso che promette la beatitudine nei luoghi della non-felicità (povertà, lacrime, persecuzioni…) e che termina la sua vita inchiodato a una croce, per poi incontrare, dentro un sepolcro, un’altra gioia inattesa, che non era per sé ma tutta e solo per gli altri, tutta e solo per noi. 

La gratuità giunge nel mondo nel nostro manifestarci per ciò che siamo

di Luigino Bruni

pubblicato su Messaggero Capuccino di gennaio-febbraio 2024

Gratuità è diventata una parola difficile. Viene confusa, soprattutto quando è usata come aggettivo (gratuito, gratuita), con il gratis, qualche volta con l’inutile o il dannoso - ad esempio: una affermazione o cattiveria “gratuita”.

Capitali narrativi/1 - Il nuovo inizio di un ereditato patrimonio spirituale e di opere

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 12/11/2017

171112 Capitali narrativi 1 rid«Dobbiamo lavorare in quelle zone intermedie fra parecchi ordini di discipline, nelle quali come al contatto di due terreni diversi si trovano sovente accumulate ricchezze eccezionali»

Achille Loria Le basi economiche della costituzione sociale

Le comunità, le associazioni, i movimenti, le istituzioni e le imprese vivono grazie a molte forme di capitali. Una di queste è il capitale narrativo, una risorsa preziosa in molte organizzazioni, che diventa essenziale nei momenti di crisi e nei grandi cambiamenti dai quali dipendono la qualità del presente, la possibilità del futuro, la benedizione o la maledizione del passato. È quel patrimonio – cioè munus/ dono dei padri – fatto di racconti, storie, scritti, a volte poesie, canti, miti. È un autentico capitale perché, come tutti i capitali, genera frutti e futuro. Se gli ideali della organizzazione o della comunità sono alti e ambiziosi, come accade in molte Organizzazioni a Movente Ideale (OMI), anche il suo capitale narrativo è grande. È una risorsa preziosa durante le prime difficoltà, quando raccontarsi l’un l’altro i grandi episodi di ieri dà il coraggio per continuare a sperare, credere, amare oggi.

Economia e virtù nel tempo delle crisi

Fidarsi di uno sconosciuto 450Luigino Bruni

Dehoniane, Bologna, 2015
Collana "P9 - Lampi"

Acquista su Dehoniane

Perché dovrei fidarmi di uno sconosciuto? A questa domanda fondamentale di ogni economia di mercato si potrebbe rispondere che la storia degli scambi e dei commerci ha lungamente beneficiato della fiducia e della giustizia e che nel tempo delle crisi anche tutte le altre virtù – dalla speranza alla prudenza, dalla fortezza alla temperanza – hanno svolto e svolgono un ruolo importante. La spersonalizzazione delle relazioni economiche dipende in larga parte da un sistema finanziario lontanissimo e indipendente dai rapporti umani di fiducia, retto sulla ricerca del massimo tornaconto dei proprietari delle grandi banche, delle assicurazioni e delle imprese multinazionali.

L'anima e la cetra/1 - I salmi sono via alla preghiera pure per chi non crede e non trova parole

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 29/03/2020

Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,

ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.

È come albero piantato lungo corsi d'acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.

Non così, non così gli empi,
ma come pula che il vento disperde;

perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio
né i peccatori nell'assemblea dei giusti,

poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre i malvagi svaniscono nel nulla. (Salmo 1)

I salmi sono un concentrato dell’intera Bibbia. Oggi iniziamo il loro commento, ponendoci nel bivio tra la via del giusto e quella dell’empio.

Iniziamo il commento del Libro dei salmi. Ma i salmi non si commentano. Si pregano, si cantano, si urlano. Sono troppo umani, troppo intrisi di dolore e di amore, troppo impastati di uomo e di Dio. Eppure li commenteremo, coscienti che resteremo alla periferia del loro mistero. Insieme ai vangeli, i Salmi sono il libro più noto e tradotto della Bibbia. Sono parte essenziale e amatissima della Bibbia, anche perché sono una sorta di suo distillato, con l’aggiunta della poesia, del canto e della liturgia. In essi si incontrano i profeti, la Legge, i testi sapienziali, Giobbe - e in questi si incontrano i salmi. La composizione dei salmi ha accompagnato tutta la storia di Israele, che con essa si interseca e intreccia. I primi risalgono (almeno) all’epoca di Davide, gli ultimi giungono fino alle soglie del Nuovo Testamento.

Logiche del mercato e beatitudini evangeliche

Gli Imperi di sabbia 450Luigino Bruni

Dehoniane,
collana P9 - Lampi
Bologna, Maggio 2016
ISBN    978881056727
acquista su Dehoniane

«Ho visto un ragazzo prendere un piccolo bidone di latta da una discarica, farlo diventare la cassa di un violoncello e suonare Bach. È la felicità dentro le sofferenze il primo grande motore della storia dei giusti».

Che fine faranno le promesse di sostegno finanziario della UE alla svolta ecologica dopo le urgenze imposte dalla presente crisi pandemica? Strumenti Politici lo ha chiesto a Luigino Bruni

di Marco Fontana

pubblicato su Strumenti Politici il 22/10/2020

Jeffrey Sachs, fondatore dell’Earth Institute della Columbia University e dello United Nations Sustainable Development Network (due tra i più noti centri di ricerca sullo sviluppo sostenibile nel mondo) ha affermato che gli Stati Uniti, così come l’Europa, “si trovano ad un punto di svolta” per le politiche economiche Green. Sachs ha ricordato che “persino i 10 milioni di americani che vivono di oil & gas si stanno rendendo conto che questo business è in declino, per il calo della domanda da parte di clienti attenti all’impronta ecologica e per la calante competitività rispetto alle fonti rinnovabili” tanto che durante l’amministrazione Trump, nonostante le ingenti politiche di sostegno messe in campo, questi lavoratori hanno perso 30mila posizioni retribuite, mentre l’indice S&P Oil & Gas è sceso del 51,5% nell’ultimo anno. Al contrario del Clean energy, in aumento del 50,7%. Il virus però pare aver cambiato le priorità della politica e quindi è da valutare se questa svolta ecologica verrà confermata. L’UE ad esempio aveva promesso un grande sostegno finanziario per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, prevedendo di movimentare addirittura 1000miliardi di euro. Questo programma però era stato studiato prima della pandemia Covid-19, prima del Recovery Fund, insomma in una “era geologica” fa; in un mondo che non esiste più. Abbiamo deciso quindi di intervistare il professor Luigini Bruni, economista e storico del pensiero economico, per comprendere quale futuro può ancora ritagliarsi l’economia Green in Europa.

Quando le persone sono più grandi delle loro organizzazioni

I colori del cigno 500Luigino Bruni

Città Nuova, Roma, 2020
Collana "I Prismi - I Semi"
ISBN: 9788831175548
Acquista su Città nuova

Viene chiamato ‘cigno nero’ un evento altamente improbabile e dagli effetti molto rilevanti. È il grande nemico delle imprese e delle organizzazioni per i suoi effetti potenzialmente devastanti. Ma gli eventi totalmente inattesi e sorprendenti possono rappresentare anche la salvezza delle organizzazioni e delle comunità. Se, infatti, guardiamo bene dentro le dinamiche delle organizzazioni reali ci accorgiamo che il vero grande nemico, il cigno nero cattivo, è la tendenza, invincibile, alla creazione di routine gestionali rigide, costruite sull’osservazione del passato e che quindi impediscono la comprensione dell’arrivo delle grandi novità. La gestione che guida l’oggi guardando indietro fa ‘conoscere’ solo ciò che si sapeva già. Il pericolo veramente grave delle organizzazioni non sta allora nell’esistenza dei cigni neri ma nella loro gestione, troppo spesso errata. L’errore più comune nasce dal timore dell’arrivo del cigno nero cattivo che rende ostili nei confronti di ogni cigno con un piumaggio leggermente diverso dal bianco. Se però blocchiamo tutti i colori difformi nel loro momento aurorale, forse preveniamo l’arrivo del cigno nero devastante, ma di certo impediamo alle novità vere e buone di arrivare, maturare e portare i loro frutti.

L'esilio e la promessa/1 - Nella Bibbia più si tocca la terra, più facile è udire il cielo

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenireil 11/11/2018

Ezechiele 01 ridÈ Pasqua. Mio padre, levando in alto il bicchiere, mi dice d’andare ad aprire la porta. A un’ora così tarda aprire la porta per fare entrare il profeta Elia? Ma dov’è Elia, e il suo carro bianco? Forse sotto le spoglie di un misero vecchio, d’un mendicante ricurvo, con un sacco sulle spalle e un bastone in mano, sta per entrare in casa? «Eccomi! Dov’è il mio bicchiere di vino?»

Marc Chagall, La mia vita

L’esilio è una dimensione della condizione umana. Nascendo lasciamo un luogo familiare e sicuro per entrare in un altro sconosciuto, e senza due mani che ci accolgono e un corpo che ci riscalda e nutre non inizieremmo la nostra avventura sulla terra. I profeti sono la madre che ci accoglie, ci nutre e ci accompagna negli esili della vita; fino alla fine, quando lasceremo questo luogo per un altro. E se ascolteremo ancora una parola diversa, quell’ultimo viaggio sarà più buono. Tutti i profeti sono così, ma soprattutto Ezechiele. Lui è profeta che riceve la vocazione nell’esilio di Babilonia, durante la prova più grande del suo popolo, e dirà le sue parole più alte per mantenere vivi la promessa e il patto quando attorno tutto parlerà di dolore e di morte. La profezia è dono sempre, ma diventa bene essenziale quando la vita ci deporta in terre straniere, dopo che il grande sogno si è infranto, quando la speranza e la fede rischiano di spegnersi. Tanti, troppi esili restano disperati e sconsolati perché non riusciamo a viverli insieme ai profeti.

L’anima e la cetra/21 -Non si può credere senza stimare tutta l’umanità, nulla e nessuno escluso

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 23/08/2020

"Il libro dei Salmi sovrasta tutti gli altri perché riassume quello che gli altri contengono e nel canto aggiunge ciò che ha di suo e di proprio. Altri libri contengono la Legge, annunciano il Messia; questo libro descrive i movimenti dell’anima".

Anastasio Epistola a Marcellino(IV sec. d.C.)

La fiducia e la fede sono parole sorelle. Senza l’una non c’è l’altra, e la fede è un rapporto segnato dalla vulnerabilità. Il Salmo 91 ci parla della natura della fede in quanto fiducia.

La fiducia è una relazione radicalmente vulnerabile. Quando una persona si fida di un’altra mette nelle sue mani qualcosa di proprio di cui l’altro può disporre e persino abusare. Sta in questa esposizione di colui che dà fiducia la radice di quella gioia speciale che proviamo quando qualcuno ripone in noi la sua fiducia, perché sentiamo che ci ha chiesto di custodire qualcosa di prezioso che riguarda la sua persona, la sua intimità, il suo mistero, anche quando passa attraverso semplici cose materiali. Questa condizione di vulnerabilità cresce con il valore di quel "qualcosa" che si deposita nelle mani dell’altro, nel "palmo della sua mano". Una vulnerabilità che ha anche un suo valore, ha delle proprietà tipiche che cambiano e in genere migliorano la natura di un rapporto. Mostrare all’altro la mia vulnerabilità, rendergliela intenzionalmente evidente, mentre ci rende più deboli ci rende anche più forti, grazie alla dimensione trasformativa della fiducia vulnerabile. La prima e più importante garanzia che chi ha ricevuto fiducia la onori sta nel suo sentirsi onorato dallo stesso atto di fiducia – troppi debiti non vengono onorati perché la nostra finanza invece di onorare il debitore lo umilia. 

L'esilio e la promessa/6 - La nuova e vera festa è là dove non sembra esserci alcun "merito"

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 16/12/2018

Ezechiele 06 rid«E forse pace avremo
quando tutto sarà perduto
e inutili sentiremo le parole
e questi incontri che ci illudono.

Allora l'angoscia sarà
d'avere scoperto ― troppo tardi ―
questa smarrita esistenza …»

David Maria Turoldo, da O sensi miei

Le vigilie segnano il ritmo delle feste e della loro attesa. È il tempo nel quale il giorno diverso si prepara e matura, quando si forma e cresce il desiderio. I bambini sono i grandi esperti delle vigilie – dei compleanni, del primo giorno di scuola, della gita. Loro sanno che nel “villaggio” il sabato è un giorno bello perché sarà seguito da un giorno ancora più bello. Perché sanno che le feste sono vere, che non sono soltanto l’illusione di un desiderio strozzato nel momento in cui si compie, perché veri sono i genitori, i maestri, i compagni, perché sono veri i doni. È la verità della festa che rende veri il desiderio e l’attesa nella sua vigilia. Una innovazione del nostro tempo è l’invenzione di vigilie senza festa, perché nell’era delle feste scandite dal business ci restano solo le vigilie. Non sapendo, collettivamente, chi e che cosa festeggeremo veramente, restiamo in una successione continua di “sabati del villaggio”. Alla viglia di Natale seguirà la vigilia dei saldi, e poi quella di san Valentino, e così via per tutto l’anno, dove nuove vigilie ci faranno dimenticare la tristezza della festa negata. E l’anno volerà via velocissimo, perché derubato del tempo diverso della festa, che starebbe lì per farci gustare un boccone di eternità – anche se vivremo più anni dei nostri nonni, stiamo vivendo giorni molto più brevi dei loro.

Il mistero rivelato/8 - Ci vuole una vita intera per riuscire a guardarci come ci guarda Dio.

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 22/05/2022

Parole della preghiera, pronunciate da Nabonide, re di Babilonia, il grande re: «Io, Nabonide, fui afflitto da un’ulcera maligna per sette anni, e lontano dagli uomini sono stato allontanato. Un veggente perdonò i miei peccati. Era un giudeo».

La Preghiera di Nabonide, trovata fra i manoscritti di Qumran

Il compimento del sogno tremendo che il re di Babilonia narra a Daniele ci svela alcuni brani della grammatica della «maledizione del successo» che tocca imperi e comunità.

I nostri atti di giustizia non sono il prezzo della nostra salvezza, sono solo espressione di una legge di reciprocità. L’interpretazione del sogno del grande albero si conclude con un consiglio di Daniele al re Nabucodònosor: «Perciò, o re, accetta il mio consiglio: sconta i tuoi peccati con la giustizia e le tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti, perché tu possa godere lunga prosperità» (Daniele 4,24-25). La conversione del re e le sue opere di misericordia non sono la condizione per essere ristabilito un domani nel suo regno. Il consiglio di Daniele ci dice comunque che è conveniente convertirsi e fare atti di giustizia e di misericordia verso gli afflitti. È bene tornare giusti e misericordiosi. Potremmo non farlo, e Dio ci amerebbe lo stesso, perché se non lo facesse sarebbe peggiore di noi che amiamo i nostri figli anche quando sono cattivi e ingrati. Ma possiamo anche decidere di essere misericordiosi, possiamo desiderare di somigliare a Dio. Lo possiamo fare proprio perché siamo liberi, perché siamo certi di essere amati anche se non lo facessimo. Sta in questo incontro di eccedenze, in questo dialogo di libertà d’amore, il cuore della Bibbia e, forse, il mistero del suo Dio. Ci vogliono una intera vita e una infinita mitezza per riuscire a mantenere i nostri sguardi al livello degli occhi di Dio, e dentro questo incontro alto di pupille imparare che siamo più belli dei nostri meriti e meno brutti delle nostre colpe. 

Idee - La philia e l’eros dell’antica Grecia acquistano una diversa ricchezza di significato alla luce dell’agape evangelica. Il libro di Pietro Del Soldà

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 09/04/2020

Uno degli effetti collaterali del covid19 è la ri–scoperta (o scoperta) della semantica dell’amicizia. Ci stiamo abituando a lezioni online, riunioni di lavoro via zoom, videochiamate, tesi di laurea online con il vestito buono e applauso dei genitori commossi e nascosti dietro la camera; ma ogni volta che terminiamo queste sessioni telematiche ci nasce, troppo spesso, una forte nostalgia per i nostri studenti, per i colleghi, per genitori e amici, per il bar dove andavamo per “consumare” prima la chiacchierata poi il caffé. Gli incontri che stanno continuando ad accadere in questa lunga quarantena non sono solo semplicemente incontri “virtuali” (parola che morirà con la fine della pandemia), sono comunque incontri ai quali mancano alcune dimensioni fondamentali, e tra queste il corpo. Ci sono voluti migliaia di anni per imparare a stare vicini a meno di un metro di distanza, a dare la mano allo sconosciuto per dirgli che su quella mano non c’era un pugnale, e poi ad abbracciare e baciare gli amici.

Oikonomia/9 - La vita è potente perché è promiscua, perché è grano e zizzania insieme

Pubblicato su Avvenire il 08/03/2020

"Osservo l’icona e dico dentro di me: – È Lei stessa – non la sua raffigurazione, ma Lei stessa. Come attraverso una finestra vedo la Madre di Dio, la Madre di Dio in persona, e Lei prego, faccia a faccia, non la sua raffigurazione."

Pavel A. Florenskij,Le porte regali: saggio sull’icona

I pellegrinaggi, le reliquie e le icone sono importanti fenomeni economici del Medioevo. La Riforma protestante ha favorito senza volerlo il passaggio dagli “oggetti di culto” al “culto degli oggetti” del capitalismo.

I pellegrinaggi medioevali sono un altro "luogo" dove il cristianesimo si è incontrato con lo spirito economico. Un fenomeno molto antico che riprende tradizioni precedenti aggiungendovi alcuni elementi tipici del cristianesimo. Quella di pellegrino era una condizione che accomunava ecclesiastici, nobili, poveri insieme a indebitati insolventi in fuga. Le vie dei pellegrini tracciarono le arterie commerciali della nuova Europa, punteggiate da locande e ostelli attorno ai quali nacquero nuovi villaggi, città e fiere. Sulle stesse Vie Francigena e Lauretana il viaggio del pellegrino si incontrava con quello dei mercanti: commercianti di merci e beni diversi e uguali, moventi simili e distanti, una biodiversità di cose e di motivazioni che ha generato l’Europa. 

Stella dell’assenza/6 - Il libro di Ester ci ricorda il peso persino mortale degli anelli dei re

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 08/01/2023

Nobunaga, grande guerriero giapponese, decise di attaccare il nemico. Si fermò e disse: Butterò una moneta, se viene testa vinceremo, se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino’. Venne testa, i suoi soldati vinsero la battaglia. ‘Nessuno può cambiare il destino’, disse uno scudiero. ‘No davvero’, rispose Nobunaga, mostrandogli una moneta che aveva testa su tutt’e due le facce.

Tratto da 101 Storie Zen, Adelphi

L’inizio del conflitto tra Mordecai e Aman ci svela alcune dinamiche del potere e della resistenza dei giusti che pur di non abbassare la testa rischiano la vita loro e della loro comunità.

La Bibbia è molto esperta di uomini e donne prima di essere esperta, un poco, anche di Dio. Così sa che quelle che appaiono azioni libere e tutte dipendenti dal nostro libero arbitrio, sono condizionate e qualche volta determinate dalla nostra storia, dall’educazione, dalle ferite e dalle benedizioni della vita. Non usa la categoria di destino (cara ad altri umanesimi), perché ama presentarci un Dio che scrive la nostra storia insieme a noi mentre viviamo (non prima), e così può salvare la nostra vera libertà. Ma, in alcuni racconti decisivi, ci dice anche che siamo profondamente legati al nostro passato, sebbene la corda non sia tanto robusta da impedirci di spezzarla e così diventare più grandi del nostro destino. Sta qui la radice del valore morale delle nostre scelte, senza però che la verità di questa libertà neghi un’altra verità: che siamo un capitolo di un libro che si comprende se letto insieme a quanto lo precede (e a quanto lo segue). Perché l’umanesimo biblico si apre a chi non ha paura di abitarne i paradossi e le contraddizioni, e da lì imparare gli uomini e le donne, imparare Dio. 

il capitalismo e il sacroLuigino Bruni

Vita e Pensiero,
Collana Pagine prime
Milano, novembre 2019
ISBN: 9788834340158
acquista su Vita e Pensiero

A dispetto delle apparenze, il capitali­smo non ha eliminato il sacro nel mon­do secolarizzato. È esso stesso diventato una religione, non solo in Occidente, ma ormai su scala globale. Alla sua forma ultima, quella neo-liberista, vie­ne reso un culto indiscusso nella prassi quotidiana di miliardi di persone, i suoi dogmi (consumo in primis, crescita illi­mitata, incentivi, meritocrazia, profitto) vengono pacificamente condivisi, i suoi sacerdoti (i manager) ossequiati, le sue pratiche sacrificali accettate come ine­luttabili, le sue comunità chiesastiche (le imprese) desiderate. La forza cultu­rale del capitalismo odierno si insedia nelle coscienze fino a configurarsi come un’esperienza assoluta e onnipervasiva.

Oikonomia/1 - Evidenze e domande su spirito del capitalismo e suoi rapporti parassitari

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 12/01/2020

«Se volessimo definire l’umana civiltà nel giro di una espressione pregnante, potremmo dire che essa è la potenza formale di far passare nel "valore" ciò che in natura corre verso la "morte"»

Ernesto de Martino, Morte e pianto rituale nel mondo antico

S’inizia una nuova serie di articoli sul rapporto tra capitalismo e religione, tra cristianesimo e oikonomia. Quanto e che cosa dei valori cristiani è entrato nell’attuale capitalismo? E il cristianesimo ne è solo il nido?

Il Novecento ci ha lasciato in eredità un ricco e duro dibattito sul capitalismo. È stato qualcosa di più e di diverso di un dibattito intellettuale o accademico. È stato sangue e carne, vita e morte, paradiso e inferno. I critici del capitalismo sono sempre stati molti, ma il capitalismo ha mostrato una sorprendente capacità di adattamento al mutare delle condizioni di contesto. Ha saputo cambiare forme assorbendo le istanze dei suoi critici, e come tutti i grandi imperi è stato fatto più grande e forte dai nemici inglobati nelle proprie truppe e nella propria cultura. È cambiato al punto che oggi la stessa parola “capitalismo” ha perso forza – la continuo a usare per mancanza di parole migliori. In questi ultimissimi anni, però, alcuni cambiamenti globali, drammatici e repentini hanno complicato gli scenari, ma hanno anche fortemente ridotto e semplificato i dibattiti sulla valutazione etica di questo capitalismo. Perché è fin troppo evidente che per quanto riguarda alcune variabili fondamentali della vita individuale e sociale, il capitalismo non ha mantenuto le sue promesse di progresso e benessere. Lo stato di salute dei beni comuni, dei beni relazionali e della Terra ci dicono ormai chiaramente e concordemente che esiste una incompatibilità radicale tra la loro salvaguardia e la logica capitalistica. Da queste prospettive, sempre più decisive, non sta aumentando né la ricchezza delle nazioni né la pubblica felicità. Su questo non c’è più nulla di serio da dibattere. Dobbiamo semplicemente cambiare logica, ci servono nuovi paradigmi, e soprattutto dobbiamo fare presto: il tempo è scaduto, o siamo in piena “zona Cesarini” del pianeta e delle comunità umane.

Recensioni - L’ultimo saggio di Recalcati offre nuove domande e nuovi sguardi sul grande racconto biblico: centrale la critica alla teologia economico-retributiva

di Luigino Bruni

pubblicato su Agorà di Avvenire il 29/05/2021

«Facendosi uomo e indossando la nostra sofferenza ben oltre il limite stesso patito da Giobbe, il Dio assente si è fatto Dio presente, ha rimediato all’assurdo della sua inaccessibilità, si è giustificato, si è insomma riscattato. In Cristo si redime Dio: ovvero, il Signore ha potuto pronunziare il suo perdono solo dopo che sulla croce si è fatto perdonare».

Logica carismatica/6 - La maturità di una comunità sta nel liberarsi dal mito del fondatore perfetto.

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 26/09/2021

«E tu, Moshé, perché preghi»? «Prego il Dio che è in me di darmi la forza di potergli fare delle vere domande»

Elie Wiesel, La notte

L'uso generativo (e umile) del patrimonio passato è mestiere decisivo per non compromettere il futuro, e purtroppo spesso si sbaglia nell'individuare quale sia davvero il lievito buono.

«Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!» (Mc 8,15). Questa è una parola (loghion) di Gesù. Non semplice da interpretare, e sulla quale sono state scritte molte pagine, a partire dai Padri della Chiesa. Lievito è una parola forte della Bibbia, basti pensare ai pani azzimi pasquali. È simbolo di vita, ma anche di contaminazione. Lievito è usato per discorso, insegnamento, ma soprattutto come principio di cambiamento del mondo. Nel Nuovo Testamento lo troviamo come sinonimo del Regno dei cieli (Mt 13,13). Il riferimento al lievito di Erode, dei farisei, dei "sadducei" (Mt 16,6) ha dunque a che fare con il tipo di regno che il Messia dovrebbe portare sulla terra. Al tempo di Gesù il messianismo aveva assunto una forte connotazione apocalittica, rafforzata dall’occupazione romana. 

Stella dell’assenza/11 - In una gran pagina biblica ritroviamo orrori e una saggezza alta e popolare.

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 12/02/2023

"Dio aveva convocato tutti gli alberi chiedendo quale di loro acconsentisse a dare il suo legno per la croce di Aman. Il fico disse: “Sono pronto”; la vite disse: “Sono pronta”. La palma disse: “Io desidero servire, quindi sono simbolo d’Israele”. Infine il rovo disse: “Sono io l’albero adatto, perché gli empi sono come rovi spinosi” (…) La croce fu alta abbastanza per appenderci Aman e i suoi dieci figli."

Aggadat Esther 61,62,73

Il supplizio di Aman apre uno scenario imprevisto e affascinante sul parallelismo con la morte di Cristo. Solo un’ipotesi ma che dice la storia e parla all’anima.

«Disse il re: “Sia impiccato su quel palo”. Allora Aman fu appeso al legno che aveva preparato per Mordecai» (Ester 7.9-10). Le sorti di Aman il malvagio e Mordecai il giusto sono ormai perfettamente ribaltate. 

Image

Nach Kategorien filtern

Die Datenbankzeile ist leer!

Folgen Sie uns:

Presseberichte

Rapporto Edc 2017

Rapporto Edc 2017

DOKUMENTEN HERUNTERLADEN

DOKUMENTEN HERUNTERLADEN

Le strisce di Formy!

Le strisce di Formy!

Conosci la mascotte del sito Edc?

Wer ist online

Aktuell sind 740 Gäste und keine Mitglieder online

© 2008 - 2024 Economia di Comunione (EdC) - Movimento dei Focolari
creative commons Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons . Progetto grafico: Annette Löw - webmaster@edc-online.org.

Please publish modules in offcanvas position.

Diese Website verwendet Cookies, auch von Drittanbietern, um die Nutzung zu erleichtern. Wenn Sie diesen Hinweis schließen, stimmen Sie der Verwendung der Cookies zu.