Orizzonti - Nel suo secondo romanzo-apologo il botanico Mancuso dà veste narrativa a scienza ed ecologia, in un immaginario mondo alternativo le piante parlano e fanno comunità. Mentre gli uomini sono esseri dannosi.
di Luigino Bruni
pubblicato su Agorà di Avvenire il 31/12/2024
La grande crisi climatica del nostro tempo avrebbe bisogno di una svolta narrativa e dell’attivazione di più emozioni positive e passioni felici. Se l’unica dimensione coinvolta è quella razionale, e le sole passioni attivate dalla crisi sono la paura, l’ansia e il senso di colpa, è molto difficile che riusciremo nell’impresa titanica di invertire la rotta negli stili di vita individuali e collettivi. I “non si può”, “è sbagliato”, “vergogna” sono insufficienti per ottenere un cambiamento radicale di cultura. Stefano Mancuso, nella prima parte della sua carriera di scienziato e botanico, ha lavorato con il metodo scientifico, quindi con osservazioni, ipotesi, dati, esperimenti, e ha cercato di argomentare con lo strumento primo della scienza: la ragione. Ha dedicato decenni a farci conoscere la diversa intelligenza delle piante, la loro vita misteriosa, le loro scelte, la loro funzione essenziale e sconosciuta per l’equilibrio del pianeta.