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Spartaco Lucarini: un precursore dell'EdC

Domani 3 luglio 2021 la città di Cortona ricorderà la figura del suo cittadino Spartaco Lucarini, attraverso la cerimonia di intitolazione delle nuove scale mobili di accesso alla città.

di Patrizia Mazzola

pubblicata su FocolariItalia il 30/06/2021

A Spartaco Lucarini, figura luminosa della storia del Movimento dei Focolari,  è intitolato il Polo brasiliano "Spartaco", primo Polo industriale Edc, nelle vicinanze di Vargem Grande Paulista. Ci pare importante conoscerlo almeno un po', attraverso il ricordo della figlia Fatima.

Nato nel 1924 a Cortona (Italia), autore di numerosi articoli, saggi, libri,  consigliere comunale, giornalista, Spartaco Lucarini, uno dei primi focolarini sposati, collabora con Chiara Lubich alla nascita del movimento Famiglie Nuove e diventa primo direttore della rivista “Città Nuova”. Nei suoi scritti affronta temi scottanti per quegli anni come quelli del divorzio, dell’aborto, dell’emancipazione della donna, della ribellione dei figli, della crisi della politica e della democrazia. Nel 1949 sposa Iolanda Castellani e insieme condivideranno una vita impegnata e costituita da molteplici interessi comuni. Dal loro matrimonio nasceranno cinque figli, Maria Chiara, Gianni, Piergiorgio, Bernadette, Fatima. Si spegne a Roma in seguito a una grave malattia nel 1975 a soli 51 anni. In occasione dell’evento di Cortona, abbiamo intervistato la figlia di Spartaco, Fatima Lucarini, presentatrice, cantante, attrice.

Spartaco Lucarini, una personalità poliedrica: scrittore, giornalista, politico. La sua precoce scomparsa come ha segnato la tua vita e quella dei tuoi fratelli?

Io sono la più piccola dei cinque figli e avevo 14 anni quando è venuto a mancare. Per tutti noi figli è stata una grande perdita, anche se la mamma ha fatto tantissimo per compensare la sua mancanza. Era un padre veramente speciale, qualsiasi desiderio io avessi lui mi accontentava sempre. Era molto aperto e ci incoraggiava nelle nostre scelte, qualunque strada avessimo deciso di percorrere. Ci diceva sempre di non preoccuparci del futuro lavorativo perché gli ambienti non si cambiano da fuori ma standoci dentro. Il Movimento dei Focolari ci è stato vicinissimo in questa circostanza. Per esempio a Roma stava nascendo un complesso musicale, il “Gen Alleluia”, e due focolarine hanno chiesto a me e mia sorella Bernadette, di partecipare come cantanti, proprio per coinvolgerci in un’esperienza che poteva anche aiutarci in quel momento. In quel periodo della morte di mio padre questo ci ha colpito molto e abbiamo sentito tutto l’amore concreto della comunità di Roma per noi.

Puoi condividere alcuni ricordi che hai di tuo padre?

Era una bella personalità, era allegro, amava la compagnia. Infatti portavamo a casa sempre gli amici e lui li accoglieva e poi volentieri li riaccompagnava a casa, anche se era impegnatissimo. Di notte, quando a volte mi alzavo, lo trovavo sempre al lavoro, chinato sulle sue carte. Ogni sera faceva il giro delle camere di noi figli, ci segnava con un piccolo segno di croce sulla fronte per augurarci la buona notte e a volte facevo finta di dormire aspettando questo rito. Quando tornava a casa dopo una conferenza ci mostrava una busta nella quale c’era il compenso per quel lavoro e io, che non capivo ancora il valore dei soldi, gli dicevo: “Ma ti hanno dato così poco, solo un pezzo di carta?”. E lui mi rispondeva dicendomi che con quel “pezzo di carta” una famiglia poteva andare avanti anche per un mese. E poi continuava: “Dato che non avete necessità particolari, che ne dite se diamo questi soldi a una famiglia che ha bisogno?”.  Noi non abbiamo mai avuto il di più, il superfluo, abbiamo avuto il giusto. C’era un’economia familiare attenta e non si sprecava niente.

Il suo incontro con Chiara Lubich, che lo designò quale primo direttore del giornale Città Nuova, l’esperienza di essere uno dei primi focolarini sposati, novità assoluta per quei tempi, cosa cambiò nella sua vita e nella vostra? Come testimoniava questa sua grande passione per l’unità, carisma proprio dei Focolari?

Abbiamo abitato a Firenze per alcuni anni  e poi ci siamo trasferiti a Roma perché Chiara Lubich ha chiesto a papà di collaborare al Centro dei Focolari a Rocca di Papa, insieme con Igino Giordani. La richiesta avvenne in maniera molto singolare. Chiara chiese prima a mamma se era contenta di trasferirsi a Roma, in quanto avrebbe chiesto a papà solo dopo che mia madre avesse dato il suo consenso.

Papà sentiva molto anche l’impegno politico che lo portò a essere consigliere comunale per la Dc a Cortona. A casa si parlava di politica, specialmente con i miei fratelli e con Gianni in particolare che era diventato simpatizzante delle idee della sinistra, sempre attraverso un dialogo aperto e franco.

Mi portava dai poveri per donare loro dei pacchi alimentari. Ricordo di una signora anziana molto povera, alla quale portavamo con papà regolarmente la spesa e lui la invitava alla messa. Lei rispondeva che si vergognava perché non aveva i vestiti adatti. Un giorno, in chiesa, sorpreso e felice mi ha detto: “Girati Fatima, c’è proprio quella signora”!

Era anche un uomo di preghiera. Un episodio che ricordo bene era quando in estate andavamo a Cortona dai nonni e la domenica eravamo presenti alla messa al Duomo delle 11.00. Lui restava assorto in preghiera, in ginocchio, dopo la conclusione della messa mentre lo aspettavamo fuori e io rientravo sempre in chiesa pregandolo di uscire, tirandogli anche la giacca. Un giorno mi ha  detto: “Siediti vicino a me. Sai Fatima, io ti devo chiedere scusa ma quando parlo con Gesù, non mi accorgo del tempo che passa. È talmente così bello che non me ne rendo conto”. Da quel giorno non l’ho più chiamato, rispettando questo suo momento di preghiera.

Un altro momento forte che ho vissuto con lui è stato quando ho avuto la fortuna di poterlo accompagnare a Parigi dove per tre mesi è stato ricoverato perché operato per una grave malattia. In aprile doveva partire per la Terrasanta ma la notte si era sentito male. È stato subito ricoverato a Roma ma i medici ci dissero che aveva poche possibilità di salvarsi, sarebbe vissuto al massimo una settimana. Forse a Parigi avrebbero potuto aiutarlo ma l’aspettativa di vita era quella di vivere ancora per un altro anno. Siamo andati io e mia sorella a trovarlo dopo la scuola in ospedale a Roma, prima di partire, e lui ci fece trovare un pupazzetto ciascuna, che ancora posseggo. Aveva tante attenzioni nei nostri confronti, voleva tenerci su, ci incoraggiava. E questo ha fatto durante tutto il decorso della malattia, consapevole della gravità della sua situazione.

Ha scritto parecchi libri su tematiche sociali. In particolare, sulla questione femminile, ha pubblicato “La rivolta delle donne” nel 1969.  Come era il suo rapporto con tua madre?

Aveva idee progressiste su svariati temi rispetto al pensiero comune. Per lui non c’erano dubbi sulla questione della parità di genere, infatti i miei fratelli sapevano far tutto a casa. Quando lui andava fuori per lavoro, anche all’estero, si faceva sempre accompagnare da mamma e noi bambine eravamo accudite dai miei fratelli che cucinavano, stiravano e avevamo i turni di lavoro a casa. Valorizzava sempre la figura della donna. Mia mamma ha avuto con lui la possibilità di potere esprimere le sue doti. Era molto brava per esempio a scrivere e papà la incoraggiava in questa sua passione. È stata anche eletta consigliere comunale a Roma negli anni ‘80. C’era un’armonia speciale fra di loro, un rispetto e un amore profondissimo.

Cortona lo ricorderà  intitolando a lui le scale mobili, la più moderna struttura di accesso alla città: che sensazioni provi quando, a più di 40 anni dalla sua scomparsa, è ancora presente nel ricordo della sua città e dei suoi concittadini?

L’evento era stato previsto per lo scorso anno, nel quale ricorreva il centenario della nascita di Chiara Lubich, ma è stato rinviato al 3 luglio di quest’anno a causa della pandemia. Senz’altro è emozionante vedere nei suoi confronti l’affetto della sua città che amò moltissimo e per la quale si spese attraverso il suo impegno politico. Siamo rimasti legati a Cortona perché lì ha vissuto papà, la nostra famiglia, riviviamo ogni volta tanti ricordi. Sentiamo che la sua presenza c’è sempre, continua a guidarci e a essere modello per tutti noi.

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