All'udienza del 4 febbraio papa Francesco ha invitato a condividere il proprio lievito, per costruire un sistema economico «senza vittime e senza briganti».
di Franco Biancofiore
pubblicato su Emmausonline il 6/02/2017
Nell’Aula Paolo VI è avvenuto l’incontro tra papa Francesco e oltre mille persone venute in rappresentanza del percorso di Economia di Comunione diffuso in molte parti del mondo (leggi articolo).
Una prassi ed una cultura economica e civile che il Papa ben conosce e accompagna con viva attenzione, tanto da invitare senza mezzi termini «a cambiare le regole del gioco» dell’attuale sistema economico-sociale dominante, basato sui guasti del capitalismo selvaggio. Ora non pochi economisti, a cominciare da Stefano Zamagni, distinguono e si sforzano a salvare l’economia di mercato dal sistema capitalista, anche perché l’Economia di Comunione (EdC), che è una forma di economia civile, viene a situarsi all’interno del mercato inteso come luogo di relazioni, generando l’inclusione dei poveri e rifiutando il culto idolatrico del denaro. Proprio in merito a questo aspetto, papa Francesco ha rimarcato: Condividendo i profitti dite «con i fatti al denaro: tu non sei Dio». Nel dialogo con il Papa è emerso un tema molto caro a Luigino Bruni, economista coordinatore mondiale del progetto Edc, e cioè «l’intuizione di Walter Benjamin della pretesa del capitalismo di presentarsi come una religione che richiede appositi culti e sacrifici», ma che invero ingenera illusioni.
Senza questa estrema e lucida percezione del tempo presente, ogni discorso su una diversa economia che si propone come alternativa a quella «che uccide» e produce “vite da scarto”, rischia di essere una proposta tollerata benevolmente perché irrealizzabile e fuori dalla storia. Oppure una proposta del genere può essere l’ennesimo tentativo rassicurante di dar vita ad una rete di imprenditori filantropi.
E, invece, questo movimento internazionale, dove convergono culture e tradizioni diverse tra loro, sfugge a molte categorie preconcette ma è segnato dall’urgenza di rispondere al grido di chi è escluso. La fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, lanciò questo progetto nel 1991 osservando dall’alto l’immensa baraccopoli delle favelas che cingevano i grattacieli della città di San Paolo del Brasile. Due anni prima, nel 1989, la stessa Lubich predisse che altri muri dovevano crollare dopo quello di Berlino.
Ora Francesco, nel 2017, dice a questo popolo assai piccolo «se confrontato al grande capitale del mondo» che «non occorre essere in molti per cambiare la nostra vita: basta che il sale e il lievito non si snaturino». Non occorre la potenza della massa: «Tutte le volte che le persone, i popoli e persino la Chiesa hanno pensato di salvare il mondo crescendo nei numeri, hanno prodotto strutture di potere, dimenticando i poveri».
Ma per compiere questo passaggio bisogna saper rileggere la parabola del buon samaritano, fuori dall’interpretazione corrente che loda il comportamento di colui che soccorre il prossimo ferito, rimasto sulla strada, e lascia del denaro all’albergatore perché lo curi. Come a dire che occorre «associare anche il mercato (l’albergatore) alla sua azione di fraternità».
Secondo papa Francesco «occorre agire soprattutto prima che l’uomo s’imbatta nei briganti, combattendo le strutture di peccato che producono briganti e vittime».
Per questo motivo «l’Economia di Comunione, se vuole essere fedele al suo carisma, non deve soltanto curare le vittime, ma costruire un sistema dove le vittime siano sempre di meno, dove possibilmente esse non ci siano più. Finché l’economia produrrà ancora una vittima e ci sarà una sola persona scartata, la comunione non è ancora realizzata, la festa della fraternità universale non è piena».